Un collant da sogno
Ottant’anni fa il nylon faceva il suo ingresso sul mercato, rivoluzionando non solo i settori dell’abbigliamento, dell’arredo, degli accessori, ma incidendo sensibilmente anche sul costume femminile, ossia regalando a tutte le donne una conquista sociale lungamente sognata.
In effetti sino alla fine degli anni ’30 le calze da signora erano prodotte esclusivamente in seta, avevano prezzi proibitivi ed erano quindi un lusso per pochissime. Nel periodo bellico le ragazze si disegnavano la riga con la matita, dalla caviglia fino alla coscia, per simulare di indossare le calze. Quindi, quando arrivarono in commercio quelle di nylon, molto più economiche e resistenti, fu l’inizio di una nuova era che segnò un boom mondiale, grazie anche al glamour del mondo cinematografico a fianco dell’evoluzione dello stile e dell’emancipazione femminile.
Se sono passati 80 anni da quando il nylon venne commercializzato, è pur vero che ne sono passati otto in più da quando venne sintetizzato per la prima volta in un laboratorio della DuPont, dove nel 1930 il chimico – geniale, ma inquieto e tormentato fino al suicidio – Wallace Carothers concepì un polimero dalle proprietà elastiche simili alla seta: “forte come l’acciaio, sottile come la tela di un ragno”. Curioso è che questa prima fibra sintetica prodotta dall’uomo non venne presentata ad un pubblico di scienziati, ma ad una platea di donne che a New York partecipavano alla Fiera Internazionale del Commercio.
Secondo una leggenda metropolitana, la parola nylon sarebbe l’acronimo di Now You’ve Lost, Old Nippon, ovvero una sorta di benservito degli Americani ai Giapponesi sconfitti in guerra. Ciò andrebbe letto anche nell’ottica del divieto che il Paese del Sol Levante impose sull’importazione di seta dalla Cina, che per gli USA era preziosa materia prima dei paracadute dei propri militari. E allora, poiché la necessità aguzza l’ingegno, gli Americani si dettero da fare per sviluppare un nuovo materiale sostitutivo. Un’altra leggenda vuole, invece, che il nome derivi da quelli delle città di New York e Londra, dal momento che la fibra fu ideata per venire incontro alle esigenze degli eserciti alleati.
Per uso personale il nylon fu utilizzato dapprima nella fabbricazione di uno spazzolino da denti ed in seguito venne adottato rapidamente dall’industria tessile per produrre calze da donna e quindi camicie, impermeabili, biancheria intima, costumi da bagno, indumenti sportivi, ecc. Comunque, successivamente sono arrivate sul mercato molte altre fibre sintetiche come poliestere e lycra, per citare due esempi tra i più noti.
Le principali caratteristiche del nylon, che rappresentano anche i suoi punti di forza rispetto alle fibre naturali, sono: la leggerezza; la morbidezza; l’ottima resistenza all’usura e al calore; l’elevato recupero elastico; la facilità di tintura; la facilità di manutenzione; la repellenza delle tarme; la capacità di non restringersi durante il lavaggio; la facilità di asciugarsi e la non necessità di stiratura.
In Italia fu la Rhodiatoce (joint-venture tra la Montecatini e la Rhône-Poulenc) la prima azienda a introdurre sul mercato il nylon per collant, prodotto nello stabilimento di Pallanza in esclusiva nazionale. La Châtillon produceva filo a Ivrea e Vercelli; la Snia Viscosa a Cesano Maderno e a Varedo (MB), nonché a Pisticci (MT). Agli inizi degli anni Settanta l’intero settore delle poliammidi fu assegnato alla Montefibre (società del gruppo Montedison nata a seguito della fusione della Rhodiatoce e della Polymer con la Châtillon), che assorbì anche le produzioni della Snia Viscosa, ma negli anni Ottanta il settore cadde in uno stato di profonda crisi tanto che la Montefibre giunse ad abbandonare definitivamente le esclusive in questo business. Attualmente la RadiciGroup e la Aquafil Spa producono il maggior quantitativo nazionale di nylon nei loro stabilimenti in Italia.
Per concludere, vorremmo tornare a sottolineare che quella del nylon è una storia che ha soprattutto le donne come protagoniste: in fabbrica come operaie impiegate nella produzione di massa, nei negozi come consumatrici di un prodotto pratico ed accessibile, al cinema dove la calza divenne protagonista di indimenticabili scene ad alto tasso di seduzione: basti pensare al mitico spogliarello di Sophia Loren in “Ieri, oggi e domani” di Vittorio De Sica oppure all’iconica immagine di Anne Bancroft ne “Il Laureato” o alla conturbante Marylin in pullover e collant in “Facciamo l’amore” o ancora alla Jane Fonda in collant e tuta spaziale in “Barbarella”. Ma il collant più famoso di tutti resta forse quello agognato da Woody Allen che, a proposito della sua parte in “Casino Royale”, confessò: “Ho sognato di essere il collant di Ursula Andress”.