Altaroma gennaio 2019. “Upcycling”: il riutilizzo haute couture di Guillermo Mariotto
Gattinoni chiude l’edizione Altaroma di gennaio 2019 sfilando al Macro Asilo di Via Reggio Emilia. L’estro creativo, spesso dissacrante, di Guillermo Mariotto sembra essersi infiammato nel rovistare nell’archivio della maison per rivisitare in modo sorprendente, a modo suo, le storiche creazioni di Fernanda Gattinoni. “Upcycling”, riutilizzo è il nome dato alla collezione, tradotto ne “il sapere delle mani unito alla disciplina della Couture”
Tradizione e modernità, artigianalità e sperimentazioni di nuove materie, manualità e riciclo, ecco il percorso dell’ispirazione che ha condotto il direttore creativo di Gattinoni a costruire una collezione insolita e complessa, difficile da descrivere per la singolarità di ogni capo, bella, sorprendente, di non facile comprensione, che pone molti interrogativi sulle scelte operate da Guillermo Mariotto e Valentina Ilardi che dalla p/e 2019 lo sta affiancato nella creazione della collezione couture.
Forte ispirazione rinascimentale, riconoscibile nei drappeggi dei tessuti e sottolineata dalle cuffie a rete che raccolgono i capelli delle modelle, anche quelli della modella che veste, su una gonna couture dal taglio asimmetrico e dall’orlo a punte, un modernissimo bomber over color bruciato con ricami importanti e innesti di colore fucsia sulle maniche. Le modelle sfoggiano trucco pop sulle palpebre pesantemente segnate dal un colore acceso, fluorescente che ne drammatizza il volto. Trasparenze e orli sfilacciati, stampe -molto riuscite quelle con gli stemmi di casa Savoia e dei Romanov-; tessuti dipinti a mano; ricami a profusione; asimmetrie nei tagli, nei drappeggi e nei volumi che talvolta fanno pensare a un lavoro incompiuto, come nell’outfit dalla gonna in satin color carne chiusa da agugliate a punto croce che si interrompono bruscamente; lacci, ingentiliti in un fiocco, che sembrano aver il compito di creare il drappeggio e sostenere il peso della sopragonna in satin su abito doppiato da una blusa con cappuccio: tutti elementi sciolti di una collezione che sfugge ad una definizione. Colori polverosi, accanto a colori fluo; giallo, fucsia, arancio, mixati al verde army, al celeste polvere, al ceruleo ed al bordeaux.
Mariotto sorprende definitivamente con gli abiti da sposa usando il grigio, permettendo trasparenze e bustier steccati. Il più riuscito degli abiti è sicuramente di forte ispirazione rinascimentale nel coprispalle, esile nel tessuto e allo stesso tempo importante nella costruzione: un abito dal tessuto ricoperto da incrostazioni che sembrano frammenti di vetro colorati. Tutti al di fuori della tradizione dove il velo è inesistente, cortissimo o sostituito da un cappuccio. L’atmosfera però è spettrale, pur se le uscite sono accompagnate dall’ Ave Maria cantata da Giuni Russo: quasi un incedere della sposa verso un futuro penoso privo di luce; mancano la luminosità, lo splendore, la solennità, la gioiosità dell’evento.
Come ormai è consueto gli abiti della collezione sono completati da gioielli realizzati in esclusiva per Gattinoni da Gianni De Benedittis.
Da apprezzare la regia della sfilata che si svolge tra le opere d’arte –che fanno da sfondo- della sorella dello stilista Gina Mariotto che la ha voluta accanto perché trasferisse la sua arte sul tulle dei suoi sorprendenti abiti. La sfilata è divisa in quattro parti, ognuna introdotta da una bella voce femminile fuori campo che ne definisce il contenuto attraverso i movimenti -leggero, flessuoso, libero, allegro, vivace con brio, appassionato, ecc.-, della musica di uno Chopin rivisitato che accompagnerà l’incedere delle modelle.