I Futuristi e la moda
Fra i maestri del Movimento Futurista, Giacomo Balla è colui che ha dedicato maggiore interesse all’abbigliamento. D’altro canto la “Ricostruzione futurista dell’Universo” non poteva non toccare anche l’abbigliamento, il più quotidiano degli eventi, da affrontare nell’ottica di un rinnovamento radicale e rivoluzionario.
L’approccio dei futuristi alla moda muove dall’ affermazione che la moda è arte: è qui che nasce l’opinione ancora oggi condivisa da molti creatori di moda di appartenere al mondo dell’arte.
Uno dei postulati del Movimento Futurista si concreta nella volontà di raggiungere un’arte totale. L’arte, affermano, non deve rimanere all’interno di una élite, ma deve rendersi capace di trasformare in senso estetico la società intera: se la moda è arte ecco che con essa l’obiettivo può essere facilmente raggiungibile; con il vestito -che deve però seguire i canoni futuristi-, l’arte é portata nelle strade. L’abito di tutti i giorni, perché sia una forma estetica capace di soddisfare le esigenze degli assiomi futuristi, deve poter cambiare l’aspetto continuamente e lo farà attraverso i “modificanti”-accessori, elementi geometrici di tessuto o colore- applicati secondo la creatività di ognuno. A ben guardare l’affermazione dei futuristi “la moda è arte” è un postulato teorico di difficile trasposizione nella pratica, alla stessa stregua dell’affermazione degli stilisti contemporanei di appartenere al mondo dell’arte. Ancora oggi di fatto si discute sulla possibilità di annoverare la moda tra le forme artistiche pure o se è necessario parlare di moda solo come fatto estetico, accessorio corporeo di forte carica estetica. In realtà solo alcune creazioni di Alta Moda possono essere avvicinate a forme artistiche e quindi viene da concludere che la moda che si avvicina all’arte è quella più lontana dalla quotidianità, proprio in contrasto con la volontà futurista di raggiungere un’ arte totale attraverso il vestito.
Ciò che va riconosciuto ai futuristi è che la progettazione e ricerca di un abbigliamento “antiborghese” come espressione artistica accessibile alla massa, è stato il primo passo verso la democratizzazione della moda e quindi verso l’avvento del nostro prêt-à-porter.
L’abito inoltre sembrava ai teorici del Movimento un buon veicolo per propagandare tra i giovani il nuovo stile di vita, un ideale, e cioè un patriottismo fortemente interventista nel conflitto della prima guerra mondiale: l’abito futurista deve essere come una bandiera, i suoi colori non possono che essere un tricolore bianco rosso e verde. Ben è rappresentato tutto ciò nell’opera esposta a Milano, su un fondo blu e azzurro i colori del rosso, del bianco e del verde formano figure geometriche che convergono verso una figura d’uomo dalla testa a stella, simbolo dell’Italia.
L’aspirazione del Futurismo è quella di trovare linguaggi nuovi, un codice di segni che significano ed esprimono i concetti di velocità, luce, creatività sempre in trasformazione, emozioni in continua evoluzione, ecc. propri del Movimento. Dunque anche per l’abito è necessario trovare le modalità opportune perché attraverso di esso si possa esprimere una perenne novità: Balla del resto affermava “si pensa e si agisce come si veste”.
Il vestito è il segno immediato, autorappresentativo del “nuovo”, segno ideologico dell’innovazione e dell’orientamento verso il futuro dei nuovi tempi, e deve perciò essere dimostrativo del taglio netto con la tradizione. Gli studi di Roland Barthes, volti a interpretare gli abiti come portatori di linguaggio adatto a significare e comunicare qualcosa, sono molto posteriori. Va riconosciuto ai Futuristi di aver dato l’avvio all’interpretazione dell’abito come linguaggio, fonte di espressione e di comunicazione del sé agli altri. Con i futuristi però ci troviamo su una posizione diversa da quella di Barthes che tenta di comprendere ciò che l’abito può dire; i Futuristi assegnano all’abito un compito, sono loro che affidano all’abito le parole da comunicare, sono loro a trasformarlo in simbolo atto a significare ed esprimere i loro postulati teorici e lo stile di vita che l’avvento del futurismo doveva innestare sul vecchio mondo borghese e “passatista”.
Nel settembre del 1914 Balla pubblica il “Manifesto del Vestito Antineutrale”, trasposizione tutta italiana del primitivo Le vêtement masculin futuriste, dove vengono enunciati i pilastri della moda futurista maschile. A questo seguiranno -come era consuetudine tra i futuristi per propagandare, pubblicizzare diremmo oggi, le loro idee-, altri manifesti: quello del “Cappello italiano” e poi quello della “Cravatta italiana”.
Per quanto riguarda l’abito femminile le indicazioni saranno posteriori. Non possiamo dimenticare l’iniziale e dichiarato “disprezzo della donna” da parte dei futuristi, che spiega l’oblio del riferimento femminile nelle prime dichiarazioni. Nel “Manifesto della Moda femminile futurista”, firmato da Volt alias Vincenzo Fani Ciotti nel 1920, si legge che la moda deve abbandonare “le false insegne della distinzione e della sobrietà”; bisogna spezzare “tutti i freni che le (alla moda) impediscono di correre, trasvolando sulle vertigini dentate dell’assurdo.La moda femminile non sarà mai abbastanza stravagante. Anche qui, noi cominceremo con l’abolire la simmetria. Faremo dei décolleté a zig-zag, maniche diverse l’una dall’altra, scarpe di forma colore e altezza differenti“.E si affacciano alla nostra memoria le creazioni a noi contemporanee: gli abiti con maniche diverse di colore e di foggia o le scarpe con la sinistra diversa dalla destra.
L’elemento più stravaganza, almeno nei manifesti, è rappresentato dai materiali per confezionare l’abito. I futuristi si rivolgono “alla carta, al cartone, al vetro, alla stagnola, all’alluminio, alle maioliche, al caucciù, alla pelle di pesce, alla tela d’imballaggio, alla stoppa, alla canapa, ai gas, alle piante fresche e agli animali viventi.”
Anche in questo ambito dobbiamo sottolineare la loro modernità. Passeranno anni perché le loro idee coagulino in qualche realizzazione concreta; ma il tempo giocherà a loro favore e potremo vedere sulle passerelle le placche metalliche, le plastiche e le maglie di acciaio, la latta e il rame utilizzati da Paco Rabanne e da Versace e più recentemente le scaglie di pietra lavica, gli abiti in foglia di sughero, o in carta di Marella Ferrera. Realizzazione meno stravaganti, ma che sembra attingere ai suggerimenti futuristi, è l’utilizzazione sempre più diffusa di tanti materiali tecnologici, come il PVC o la lana di vetro o il neoprene mescolati a fibre nobili e naturali.
Se in ambito maschile le realizzazioni più interessanti dei futuristi sono i gilet progettati da Balla, per l’ambito femminile bisogna rivolgere l’attenzione agli abiti e i tessuti simultainés di Sonia Delaunay che trascinerà in qualche modo il segno delle idee futuriste nell’alta moda francese del tempo, orientandola ancora in campo artistico e verso ricerche cromatiche cubiste.
Successivamente Balla si dedicherà anche a progetti di abiti femminili. L’abito futurista femminile non ha caratteri specifici. La novità che anticipa i tempi è l’eliminazione, partendo dal presupposto della emancipazione femminile, di tutto ciò che poteva essere inteso come distintivo della femminilità e l’inserimento nell’abbigliamento femminile di elementi maschili come ad esempio la cravatta.
Quindi immaginiamo che anche l’abito femminile debba essere, come si legge nel manifesto di Balla “dinamico, aggressivo, urtante, volitivo, violento, volante, agilizzante, gioioso, illuminante, fosforescente, semplice e comodo, di breve durata, igienico, variabile”. Tutto ciò non è altro che la trasposizione dei principi del futurismo sulla porzione dell’universo rappresentato dall’abbigliamento.
Vediamo come il Manifesto esprime, svolge alcuni dei termini sopra riportati. Il più esteso è il termine variabile, che riportiamo per primo, anche se nel Manifesto occupa l’ultima posizione, perché ci sembra riassumere i caratteri più eccentrici del movimento. Gli abiti
futuristi dovranno essere
– “Variabili, per mezzo dei modificanti (applicazioni di stoffa, di ampiezza, spessori, disegni e colori diversi) da disporre quando si voglia e dove si voglia, su qualsiasi punto del vestito, mediante bottoni pneumatici. Ognuno può così inventare ad ogni momento un nuovo vestito. Il modificante sarà prepotente, urtante, stonante, decisivo, guerresco, ecc. Il cappello futurista sarà asimmetrico e di colori aggressivi e festosi. Le scarpe futuriste saranno dinamiche, diverse l’una dall’altra, per forma e per colore, atte a prendere allegramente a calci tutti i neutralisti. Sarà brutalmente esclusa l’unione del giallo col nero. Si pensa e si agisce come si veste. Poiché la neutralità è la sintesi di tutti i passatismi, noi futuristi sbandieriamo oggi questi vestiti antineutrali, cioè festosamente bellicosi. Soltanto i podagrosi ci disapproveranno. Tutta la gioventù italiana riconoscerà in noi, che li portiamo, le sue viventi bandiere futuriste per la nostra grande guerra, necessaria, urgente.
Se il Governo non deporrà il suo vestito passatista di paura e d’indecisione, noi raddoppieremo, centuplicheremo il rosso del tricolore che vestiamo.
– Dinamici, pei disegni e i colori dinamici delle stoffe, (triangoli, coni, spirali, ellissi, circoli) che ispirino l’amore del pericolo, della velocità e dell’assalto, l’odio della pace e dell’immobilità.
– Semplici e comodi, cioè facili a mettersi e togliersi, che ben si prestino per puntare il fucile, guadare i fiumi e lanciarsi a nuoto.
– Igienici, cioè tagliati in modo che ogni punto della pelle possa respirare nelle lunghe marce e nelle salite faticose.
– Gioiosi. Stoffe di colori e iridescenze entusiasmanti. Impiegare i colori muscolari, violettissimi, rossissimi, turchinissimi, verdissimi, gialloni, arancioni, vermiglioni.
– Illuminanti. Stoffe fosforescenti, che possono accendere la temerità in un’assemblea di paurosi, spandere luce intorno quando piove, e correggere il grigiore del crepuscolo nelle vie e nei nervi.
– Volitivi. Disegni e colori violenti, imperiosi e impetuosi come comandi sul campo di battaglia.
– Asimmetrici. Per esempio, l’estremità delle maniche e il davanti della giacca saranno a destra rotondi, a sinistra quadrati. Geniali controattacchi di linee.
– Di breve durata, per rinnovare incessantemente il godimento e l’animazione irruente del corpo.”
Come non riflettere sul fatto che le tendenze delle ultime stagioni sembrano tirate fuori da un cassetto futurista, basti pensare ai tagli asimmetrici degli orli e delle maniche, piuttosto che all’uso dei tessuti cangianti o iridescenti o fluorescenti; all’uso di colori accesi e degli strass per “spandere luce”. E cosa dire delle stampe dei tessuti dove le righe si mescolano con i quadri ed i colori sono accostati a casaccio. L’abito che la moda impone oggi è di breve durata, ad ogni stagione ci propone altro; la ricerca nei tessuti tende a soddisfare le necessità del tempo presente e sono attualissimi i capi easy che non hanno bisogno di cure particolari dal jeans , ai jersey, dalla viscosa che ha sostituito la seta, all’elastico aggiunto al tessuto nobile per ottenere un effetto comfort, e come non menzionare i tessuti idrorepellenti, i tessuti no-stiro, ecc.
Nel passaggio alla pratica, l’abbigliamento futurista confinerà con la stravaganza. Si trattava di enfatizzare attraverso asimmetrie e disarmonie il “cattivo gusto” come antidoto contro il mediocre “buon gusto” dei borghesi. Ed allora i “nostri eroi” sembrano trasformarsi in attori da avanspettacolo ed indosseranno quotidianamente gilet sgargianti in tessuti dal disegno incredibile; ridicoli copricapo; e scarpe di colore diverso; giacche con maniche dal taglio differente; cravatte di metallo e lampadine trasformate in cravatte e via di seguito per esprimere attraverso l’abito il pensiero futurista. E naturalmente tutto si spegnerà col passare del tempo. Restano però i segni di una svolta ed i semi di una modernità, anche in campo moda, che abbiamo cercato di evidenziare.
Non abbiamo evidenziato come la pittura futurista continua ad essere fonte di ispirazioni di collezioni attuali, prima fra tutte le collezioni di Laura e oggi di Lavinia Biagiotti. Di seguito offriamo i link ad alcuni articoli di commento alle sfilate del brand romano.
http://www.imore.it/rivista/ancora-tracce-di-futurismo-nella-collezione-pe-di-laura-biagiotti/