Un cerchio alla testa
Il cordoncino sulla fronte questa estate è tornato super pop e si rivela l’accessorio più trendy da sfoggiare anche in autunno con giacche in similrenna. Le passerelle di Yves Saint Laurent ce lo confermano e ci hanno convinto. Un accessorio per capelli che attira l’attenzione quanto un gioiello che nella rivisitazione moderna di Anthony Vaccarello lo vede deciso e assoluto protagonista.
Il cerchio morbido di tessuto, semplice o lavorato ed impreziosito da cristalli non si può considerare né una fascia, né una coroncina. Simula il cerchietto ma si usa abbassato sulla fronte, è meno sobrio e più eccentrico. Indubbiamente si fa notare ed è stato amato da sempre dalle signore “modaiole”.
E pensare che prima di essere considerato un accessorio abbinato all’anticonformismo, all’originalità e all’indipendenza, il più usato dalla generazione femminile hippie, è stato un must dell’eleganza sofisticata e upper class. Nell’alto rinascimento venne sfoggiato dalle più importanti gran dame, dalla bellissima Cecilia Gallerani nel capolavoro di Leonardo Da Vinci, a Bianca Sforza, da Isabella e Beatrice d’Este a Lucrezia Borgia ed Elisabetta Gonzaga. Un’attestazione della vanità femminile e di affermazione di rango sociale che le tele dei più grandi maestri dell’epoca ci hanno testimoniato.
Ma la fascetta sulla fronte toccò le vette più alte della popolarità condizionando i dettami della moda in un altro momento.
Siamo a Parigi, in piena Belle Époque l’epoca dei sogni e della spregiudicatezza, delle innovazioni e dei nuovi stili; del progresso in pieno fervore e della mondanità, delle galanterie come dei vizi. Una donna su tutte primeggiava in fatto di stile, Clèo de Merode la più invidiata e desiderata dei primi del novecento, il punto di riferimento per le donne francesi che ne imitarono l’atteggiamento e il modo di vestire.
Bella, algida e superba, era la ballerina più celebre della Francia di inizio secolo. Una divina che impose una vera tendenza in fatto di capigliatura: il nastro sulla fronte.
Quando nel 1901 si esibì per la prima volta alle Folies Bergère la sua popolarità toccò immediatamente i vertici e il suo charme avvenente e allo stesso tempo delicato divenne un modello di armonia ed eleganza che le consentì di essere eletta come la donna più bella del mondo.
Clèo aveva una generosa e ricca chioma che spesso lasciava selvaggia ma che tendenzialmente raccoglieva in un elegante chignon sulla nuca sempre accompagnato da accessori frivoli e ricercati. Il nastro sulla fronte talvolta arricchito di gioielli fu una sua intuizione straordinaria. Tutte le giovani donne dell’epoca iniziarono ad utilizzare questo vezzo.
Una tendenza consapevolmente indirizzata a condizionare le scelte di un pubblico preciso, quello femminile che aveva cominciato ad emanciparsi da un ‘800 che lo aveva relegato nelle case e vestito di abiti pesanti a favore di una femminilità finalmente sofisticata, elegante e più libera.
Cleò prima icona moderna della moda fu anche donna dall’intelligenza e dalla personalità eccezionali; riuscì a disporre di una indipendenza spregiudicata e trasformò la frivolezza, la trasgressione e il piacere in un’identità femminile progressista.
A 21 anni risoluta, posò nuda per lo scultore Alexandre Falguiére nella famosa e chiacchierata scultura “Danseuse”. Fu immediatamente scandalo. Giovanni Boldini la immortalò ammiccante in un quadro, George Despret rese il suo volto immortale in una “maschera” di pasta di vetro sofisticata ed immateriale.
Le grandi apparizioni nei maggiori teatri europei erano sempre precedute dalla sua fama, soprattutto quando il perbenismo dei benpensanti venne turbato dalla sua presunta relazione con Leopoldo II del Belgio, monarca attempato e corpulento che se ne invaghì fino all’ossessione. Ma eravamo nella Ville Lumiére, nella città moderna ed emancipata per eccellenza, dove l’intuizione della femminilità contraddittoria delle ballerine che allietavano la vita notturna dei teatri e dei tabarin le trasformava nelle cortigiane fra le più ricche e le più potenti di Francia.
Clèo però era diversa, l’eccesso non faceva parte del suo spirito, la delicatezza e la grazia dell’atteggiamento non eccedettero mai nella volgarità. Era uno spirito libero e libera era la sua condizione. Venne ammirata dalle donne dell’epoca per la sua perspicacia e per la sua dignità.
Riuscì a convertire i fotografi in editori e a sfruttare la sua immagine senza eguali. Divenne calendario, cartolina, copertina pubblicitaria; divenne una vera moda, una speculazione commerciale senza pari; centinaia di migliaia di riproduzioni dell’immagine della bella Clèo fecero il giro di tutto il mondo in un’epoca che si stava preparando al grande conflitto di inizio secolo.
Una donna contemporanea, emancipata, fascinosa ed ambigua; una donna maliziosa e disinvolta, che non nascondeva la civetteria e il desiderio. Un personaggio ambivalente che oggi definiremmo modaiolo e mondano, ma mai eccessivo e smisurato, dal glamour innato ed unico il cui potere di seduzione era essenziale in virtù della sua grazia straordinaria. Nelle sue memorie scriverà “io ero al singolare, e le altre al plurale”.
La sua fascetta sulla fronte tanto bon ton quanto rivoluzionaria per l’epoca e cool come oggi la definiremmo, fu la vera affermazione di uno status, l’espressione concreta di un indipendenza al femminile che verrà ripresa dalla moda della generazione hippie come emblema di libertà e ribellione e che oggi ci viene riproposta in chiave molto contemporanea da Yves Saint Laurent che la rivede in maniera insolita (con giacchini di pelle dark), stravagante (insieme al cappello), anticonformista, ampia e luccicante.
Questo accessorio farà ancora parlare di sé a lungo.