“Alle donne direi: vestitevi bene”….
“Alle donne direi: vestitevi bene”….
Questo il monito rivolto all’universo femminile nel Settembre 2016 da Franca Valeri -ospite in quei giorni della manifestazione milanese IL TEMPO DELLE DONNE– durante un’intervista svolta per il Corriere della Sera da Pierluigi Battista nel salotto della allora novantaseienne attrice scomparsa, dopo aver da poco raggiunto cento anni, in questo strano agosto appena trascorso.
Abbiamo conosciuto tutti la sua unicità e la sua incredibile capacità di mostrarsi ogni volta diversa pur mantenendo uno stile decisamente riconoscibile -dote assai rara e frutto di una personalità sicura e spiccata-.
“Lo stile è l’impronta di ciò che si è in ciò che si fa.“, diceva René Daumal, squisito poeta francese del secolo scorso.
E, proprio quasi rispondendo a questo sottile e veritiero assioma, quel che di lei rimane è un’impronta ben calcata per terra.
Arguta, ironica, eclettica.
Anticonformista, antesignana, lirica.
Lungimirante, ardita, fulminea.
Brava, in poche parole.
Facile da dire: brava.
Non vogliamo certo qui replicare tanto di quel che si è detto di lei in occasione del suo importante compleanno, o in quella della sua scomparsa (“….una maga colorata, una regina dell’esistenza”, l’ha descritta Urbano Barberini in un’intervista di Valerio Cappelli; “….una donna che ha sempre ironizzato per prima cosa su se stessa“, l’ha delineata Paolo Mereghetti; “….aveva la leggerezza di chi non prende quasi nulla troppo sul serio -tantomeno se stessa-, e il puntiglio di chi ha il gusto del lavoro ben fatto, del talento da non sprecare”, l’ha elogiata Aldo Cazzullo).
Ciò che desideriamo invece riportare è il suo rapporto con uno dei personaggi da lei ideati più famosi e più apprezzati dal pubblico di sempre.
Lei, così elegante nel suo modo di vestire raffinato e semplice -molti abiti realizzati e cuciti ad hoc da Roberto Capucci-, ha saputo mettere al mondo “La signorina snob” per ironizzare in modo comunque garbato su quella borghesia milanesissima di cui lei stessa faceva parte e per dare voce -con quella erre così spudoratamente moscia- ai pregi/difetti di quel mondo da cui prendeva la giusta distanza quasi per non perdersi in quei labirinti comportamentali che attraggono e al contempo respingono, a guisa di quel motto ispiratore di un romanzo di D’Annunzio -“forse che sì forse che no”– che si legge, naso all’insù, nei meandri dei palazzi e dei vicoli di Mantova durante una visita alla città.
Cosa seria, lo snobismo -nel suo saggio del 2007, MANUALE DELLO SNOB, Antonius Moonen lo definisce come “l’unica forma di autodifesa rimasta nell’epoca dei concorsi di bellezza e della moda plastificata”-.
E cosa seria la pubblicazione nel 1951 del primo libro di Franca Valeri, IL DIARIO DELLA SIGNORINA SNOB, riedito da Lindau nel 2003 e tornato alla -mai perduta- ribalta per la sua inossidabile modernità nel disegnare le caratteristiche inimitabili di “una ragazza che rappresenta, col suo cervello che elabora con l’alternanza storica di stupidità e acuta intuizione che l’ha sempre identificata, qualche cosa di cui la società ha bisogno, magari per riderne”.….
Illustrato dalla geniale e colta Colette Rosselli, moglie di Indro Montanelli e donna di grande glamour, appare ancor di più oggi l’esito di una lunga e talentuosa esistenza votata alla instancabile curiosità verso il costume e la vita sociale.
Ci piace così segnalare un capitolo particolarmente sagace in cui la suddetta signorina, snobisticamente affranta, affronta un tipico dilemma femminile davanti all’armadio aperto….
“OR ORA” è intitolato.
Seguiamone i suggerimenti –la R maiuscola è una interpretazione del tutto soggettiva per “simulare” la pronuncia enfatizzata di quel particolare modo di parlare che negli anni ‘40, alla radio, decretò il successo del personaggio creato da lì a venire!-….
“Sono qui -tipo mani in testa- essendomi pReventivamente stRappati tutti i capelluzzi miei. (Modo di dire del tutto peRsonale, da matta qual sono, per significaRe che sono nei pasticcioni, ma di quelli pRopRio ‘cioni’.)
Ho tutto il guaRdaRoba da RicostRuire. Sic. Ci sono le stagioni che cambiano, fanno il diavolo a quattRo peR conto loRo, le sciocchine, e io mi accoRgo che non ho niente peR copRiRmi, ma niente, geneRe pRopRio veRme a spasso. Ho fatto la mia bRava lista del minimo indispensabile e adesso of couRse quella Ribelle totale della Ciki saRta, al secolo CesiRa, si Rifiuta di adombRaRe le mie membRa secondo i miei saggissimi dettami.
Effettivamente le mie idee sul vestimentaRio sono tali da faR impazziRe una buona saRtorella qualunque, ma non la Cikettona che pRivateggia con tutta gente suissimo.
Lista (non compRendente una piccola base di Roba qualunque):
- Un ‘qualunque’ fascinoso calzonato e camicettato peR aveRe amici in casa, quelli in confidenza.
- Un ‘neRo’ con paRticolaRi giocondi peR funeRali chic, necessaRio onde non affliggeRe tRoppo il moRto, né tampoco scandalizzaRe le di lui zie e paRenti vaRie in gRamaglie..
- Una Roba di coloRe inceRto e foRma smontabile peR quando ‘si combina’ molto, tutto è oRganizzato ecc. ecc. e poi si cambia ancoRa paReRe.
- Un insieme un tantinello tRuculento, tipo pugnale nella giaRRettiera, peR i pRocessi delle amiche. PensaRe che a quello della Pia, poRa stella, non avevo niente da metteRmi.
- Una specie di gRembiulino di coloRe tenue e aspetto seReno per quando ti sentì cRetino e non hai voglia di faR uso del ceRebRo.”
Naturale, leggendo tali indicazioni, comprendere la sorpresa di quei lettori che, digiuni di un certo tipo di ironia, scoprono la bellezza dell’irriverenza che può trasformarsi in grazia.