Comunicare la Moda. Le innovazioni di MFW settembre 2020.
“Siamo molto soddisfatti di questa Milano Fashion Week …”, ha commentato il Presidente di Camera Nazionale della Moda Italia, Carlo Capasa. …. I numeri sono estremamente positivi.“, perché la Milano Fashion Week di settembre 2020 ha raggiunto sui social network (Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e Weibo) 618.017.787 utenti.
Ma la voglia di tornare alle emozioni delle sfilate c’è, perché la semplice visualizzazione non ci soddisfa. La comunicazione, anche quella della moda -la sfilata è comunicazione- che ha i caratteri della comunicazione non verbale è comunque dialogo, mettere in comune qualcosa: la visione stilistica e estetica del designer, uno stile di vita che viene rappresentato attraverso le creazioni, i valori del brand. Questo, oltre alla possibilità di interpretare i messaggi di una collezione e di scoprire quei segni intangibili che identificano il brand, comporta ascolto, emozione, riflessione. La semplice visualizzazione su web di immagini filtrate da uno strumento anonimo come può essere uno schermo – anche se perfetto dal punto di vista tecnico tanto da trasmettere l’impressione di tridimensionalità della visione diretta-, non è in grado di stabilire una comunicazione, un dialogo conoscitivo ma anche esperienziale ed emotivo di valori stilistici ed estetici, di stile di vita. Tutto ciò si ritrova nella sfilata e nella visione diretta anche tattile del capo nel backstage; ed analogamente nella “semplice” presentazione dove è possibile in modo riposato “interrogare”, dialogare con il prodotto, stabilire una comunicazione diretta con lo stilista per condividere con lui le emozioni e le sensazioni, il trasfondo culturale che lo hanno accompagnato nella creazione, possibilità questa meno accessibile nell’atmosfera eccitata del doposfilata.
Pur se la visualizzazione della collezione permane sul web a disposizione degli utenti, rimane comunque un evento passeggero che non lascia traccia: l’emozione svanisce con l’immagine, ma anche il ricordo dell’immagine svanisce con il dissolversi dell’immagine stessa. La visione su web è ancora più riduttiva per gli addetti ai lavori, specialmente buyer e ciò, nonostante l’evento rimanga a loro disposizione per un esame razionale della collezione; anche per loro mancano le interazioni essenziali: vedere, toccare e sentire i prodotti, sperimentare dal vivo creatività e innovazione.
Le scelte di modalità di presentazione delle collezioni sul web per la MFW di settembre 2020 sono state diverse e più o meno riuscite. Ma ognuna di esse ha evidenziato uno sforzo di riflessione: per definire il percorso di comunicazione, per sperimentare nuovi modi di comunicazione e per rafforzare l’identità di brand risottolineadone i valori, circoscrivendo quelli che ne costituiscono il brand core. In questa prospettiva si può dire che la settimana di moda digitale è stata una grande occasione per un rinnovamento, per sperimentare vie nuove nella comunicazione di moda.
Prendiamo in esame alcune di queste scelte
Un mondo sommerso per l’ambientazione, e una modalità lenta e celebrativa del marchio la prima parte del filmato di Versace. L’attardarsi della camera sui ruderi marini per un minuto e mezzo prepara lo spettatore all’ esplodere dei colori e stampe marine della collezione, per poi ritornare a fissare lo sguardo al termine, sul simbolo della medusa -un rudere acquatico- che immediatamente identifica brand, e chiudere con una immagine ad effetto che definisce ancora maggiormente l’identità di brand Versace. La collezione in sé si fa notare per il luccichio e i colori.
Missoni rompe gli schemi e propone una visione diversa della stagionalità della comunicazione delle collezioni. Angela Missoni infatti preferisce, con una intervista che lascia sulla piattaforma della Camera della Moda, parlare della campagna pubblicitaria della collezione A/I 2020 presentata a febbraio. Motiva la sua scelta con queste parole che segnalano una nuova prospettiva, quella che Missoni sceglie per il suo futuro, riguardo all’obiettivo delle sfilate e alla commercializzazione delle collezioni: “Questo è il momento giusto per rompere gli schemi e provare qualcosa di nuovo. Sono tanti anni che penso che il tempismo delle sfilate e l’obiettivo delle sfilate debbano cambiare. L’intento delle sfilate era quello di mostrare le collezioni al mercato (ai compratori) e alla stampa, ma oggi è tutto cambiato perché le sfilate arrivano direttamente al pubblico, al consumatore finale”. Quindi i sei mesi canonici di anticipo della collezione per la vendita ai retailer e per essere mostrate privatamente ai media; più vicino alle stagioni effettive con una una sfilata, un video, verrà comunicato ciò che i clienti possono effettivamente trovare in negozio.
Prada ha saputo trovare una modalità interessante. L’ambientazione è minimale, priva di oggetti; vi sono posizionate tante telecamere. Il montaggio finale permette di vedere a più riprese e a 360 gradi l’abito e gli accessori, scarpe e borse/zaini. L’intervista a Miuccia e Raf Simons il nuovo co-creative direttore di Prada che hanno dialogato (“Dialoghi” è il nome della loro prima collezione) sul loro modo di lavorare, è utile per mostrare il nuovo corso di Prada, ma anche per ribadire una identità di visione e quindi di continuità tra Miuccia e Raf: una stabilità dei valori del brand.
Anche Ferragamo ricorre ad un doppio lavoro di comunicazione sulla scia di definire una permanenza nel tempo dei valori del brand. Una sfilata in presenza e un fashion film su Salvatore Ferragamo, ma anche immagini che ribadiscono l’artigianalità del prodotto, in modo da collegare l’oggi, il lavoro di elevata artigianalità che esige la realizzazione del prodotto, a quella che è stata la storia propria del marchio a partire da Salvatore, “umile” artigiano immigrato in terra straniera, che conquista con il suo “ben fare” illuminato il mercato americano.
Moschino sorprende e non si smentisce, diverte. Jeremy Scott si diverte a ricostruire l’ambiente delle sfilate degli anni ’50-’60; ricorre alle marionette a cui fa indossar i capi che fa ammirare a pochi clienti -anche essi burattini-, tra cui si riconoscono nomi famosi del mondo della moda di oggi. Ci ritroviamo immersi nella visione iconoclasta del fondatore del brand nei riguardi della moda. Jeremy Scott non arriva agli eccessi di Franco Moschino, mantiene però uno sguardo fortemente ironico sul mondo della moda, suggerendo di non prenderlo troppo sul serio, ma anche di non prendersi troppo sul serio. Difficile fissare l’attenzione sugli abiti; si è catturati dall’incedere delle modelle burattini e si studiano i volti del pubblico. Poi bisogna ricominciare da capo e dedicarsi a immaginare gli abiti, non su una “Barbie”, ma su una donna reale.
Luisa Beccaria presenta la sua collezione attraverso un filmato, forse un po’ lento e troppo indugiante sul paesaggio, dai toni romantici e impalpabili come le sue creazioni, – a prima vista controcorrente in un mondo supertecnologico-, ma come le sue creazioni di effetto e con un forte messaggio. Tutto sembra suggerirci un ritorno ai valori autentici e permanenti; non un ritorno al passato, ma un attingere al passato per imparare a vivere il presente: know thyself è scritto sul prato con petali di fiori, conosci te stesso, la tua storia per vivere l’oggi. La famiglia, tre generazioni che interagiscono nella rappresentazione di vita agreste, le tradizioni di famiglia, la natura, il pane e l’olio, il latte di mandorle, il tempo per decorare di ghirlande uno spazio del podere: valori antichi e sempre attuali che chiaramente Luisa Beccaria auspica per il mondo della moda nel quale possono declinarsi come heritage, identità storica del brand, sostenibilità, qualità.
Dolce&Gabbana lasciano sulla piattaforma della Camera della Moda la loro sfilata dal vivo. Come dire: per noi la sfilata è essenziale, non ci importa mettere sforzo per fare qualcosa di tecnicamente nuovo. Dalla passerella -il nostro marchio è forte per farlo con autorevolezza- vogliamo lanciare un messaggio utile a tutti, non solo al mondo della moda. Nel momento difficile che stiamo vivendo, cosa c’è di più alternativo che un caleidoscopio di colori, tessuti, stampe, decori, lavorazioni assemblati in incredibili look sgargianti e vitaminici: il Patchwork di Sicilia come hanno definito la loro sfilata. Una sferzata di colore, di allegria per affrontare le difficoltà con nuovo vigore, un mescolamento di elementi diversi per riscoprire il valore della diversità.