Ancora un po’ di tradizione…
Poche persone conoscono l’usanza di disfare il Presepe e i simboli del Natale il 2 di Febbraio -e non subito dopo l’Epifania che, pronta con i suoi scatoloni conservati amorevolmente a raccogliere tutto quel che dopo dodici mesi riprenderà vita, ci sollecita quasi affannosamente a sbrigarci, come di consuetudine, a “portar via tutte le feste”-.
Questo è infatti quel che il 6 o il 7 di Gennaio, partiti i Re Magi, accade in quasi tutte le case, svestite di colpo -e con un po’ di comprensibile malinconia- degli “abiti” congrui al periodo…
In realtà, secondo un’usanza quasi dimenticata ma ancora viva, tutto andrebbe tolto il giorno della festa della Candelora -il 2 di Febbraio appunto-, momento che segna la vera fine del tempo natalizio.
Candele accese, nella liturgica ricorrenza cristiana, per ricordare la presentazione di Gesù al Tempio avvenuta esattamente quaranta giorni dopo la sua nascita -la legge Giudaica così imponeva ai primogeniti maschi-.
Sicuramente ne avrà fatto tesoro e avrà obbedito con entusiasmo all’occasione di tenere ancora in vista le sue preziose statuine corredate di luci il grande Eduardo De Filippo in quel capolavoro che è “Il Natale in casa Cupiello”.…”Io faccio il presepe perché quando avevo i figli piccoli, lo facevo… Sapete, era un’allegrezza… E anche adesso che sono grandi, io ogni anno debbo farlo… Mi sembra di avere sempre i figli miei piccoli… Sapete… anche per religione. È bello fare il presepio…”
Già. “…un’allegrezza…”…
Quel sentimento di stupore che spinge ogni anno a costruire con il “già dato” il comunque nuovo, in un rito antico ma sempre uguale.
Nella lettera apostolica “Admirabile signum” del 2019, Papa Francesco, a proposito del significato e del valore del presepe, ci dice che “è come un Vangelo vivo” e che, contemplandolo, “siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino”…..
Ecco perché ci teniamo a segnalare -e a suggerire di affrettarsi nel visitarla- una mostra che chiuderà il 6 di Febbraio al Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano.
È il Presepe di carta di Francesco Londonio (1723-1783) che, con i suoi 60 personaggi alti dai 45 ai 60 cm. dipinti su carta o cartoncino sagomati, si apre, in una scenografia commovente e sospesa, agli occhi di chi vi si trovi difronte.
Una grande “vetrina” all’insegna della gioia.
Gioiello dell’arte sacra del XVIII secolo milanese, il Presepe del Gernetto -così denominato per la sua provenienza (Villa del Gernetto a Lesmo, in Brianza, per la quale fu realizzato su commissione, con tutta probabilità, del conte Mellerio) – è entrato a far parte delle collezioni del Diocesano nel 2018 grazie alla generosa donazione di Anna Maria Bagatti Valsecchi e vanta di essere uno dei pochi presepi settecenteschi lombardi di questo genere.
Dunque, in occasione delle celebrazioni per il ventesimo anniversario (2001-2021) di storia del Museo, Nadia Righi e Alessia Devitini, rispettivamente direttrice e conservatrice dello stesso, hanno dato vita alla possibilità di godere di questa meraviglia.
Così le figure sacre del Bambino, di Maria e Giuseppe, dei Magi, e quelle dei paggi, dei pastori, dei villani, dei fanciulli, degli animali (Londonio era solito raffigurare le scene campestri e bucoliche ammantandole di serenità e di dolce realismo e a lui viene riconosciuto di essere uno dei maggiori artefici di questa tradizione in Italia) sembrano uscire da quinte teatrali per offrirsi nella loro precisa raffigurazione e nella loro ricchezza di particolari -la pittura a tempera su carta e cartoncino magnetizza l’attenzione e rimanda a oniriche suggestioni-….
Al silenzio attorno alla sacralità dell’evento -e che fa trattenere il respiro-, al rumore della vita che scorre tutt’intorno -con i suoi movimenti rituali e con i suoi rassicuranti gesti-….
Facile intuire che, a partire da opere come questa, la tipologia dei presepi di carta -importante strumento di espressione artistica- si sia diffusa anche a mezzo stampa e abbia successivamente raggiunto ampia fioritura.
Un fascino rimasto intatto per la profondità del suo messaggio e per la leggerezza con cui centra il bersaglio, toccando con semplice e al tempo stesso maestosa narrativa i nodi fondanti del nostro sentire.
Lì accanto, in fondo alla sala grande del Museo Diocesano, parallelamente agli spazi dedicati al presepe di Londonio, fino al 6 Febbraio 2022 troneggia e si rende visibile, dopo aver creato un’atmosfera di suggestiva attesa tramite pannelli leggeri come un velo e delicati come un alito di vento, quell’intenso e imponente quadro di Tiziano (280×193 cm.) che rappresenta il “sì” di Maria all’Arcangelo Gabriele.
Questa Annunciazione -una delle cinque del pittore veneto, frutto della sua arte matura-, arrivata dal Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, risponde all’iniziativa “Il Capolavoro per Milano 2021” giunto alla sua XIII edizione e, come afferma Sylvain Bellenger, direttore del museo partenopeo, “è, più che un’Annunciazione, una illuminazione”.
Realizzato intorno al 1560, il dipinto è stato commissionato dalla facoltosa famiglia Pinelli per abbellire e ornare la cappella privata dedicata alla Vergine Annunciata fatta edificare da Cosimo Pinelli nel contesto della chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli.
Nel quasi labirintico allestimento del Diocesano la curiosità fa da prodromo alla visione.
Si procede adagio adagio fra luci e ombre…fino a raggiungere la grande tela.
Gli straordinari effetti studiati ad arte consentono di percepire immediatamente la potenza di ciò che sta accadendo.
Il gesto perentorio ma garbato dell’Angelo, l’eleganza pudica della postura di Maria. Le vesti del Primo scintillanti e intessute di fili aurei -damasco argenteo virante al rosa-, il manto neutro ma abbagliante della Seconda posato docilmente sul blu tempesta della sopravveste e sul rosso cremisi dell’abito. Bagliori, putti, lampi, squarci di cielo azzurro a corollario del tutto…
La colonna sullo sfondo -classico elemento nell’iconografia dell’Annunciazione- che lega la terra al cielo, l’umano al divino…
Sostare in raccoglimento davanti a tanta bellezza diventa automatico. Annullare ogni pensiero ombroso diventa necessario.
Così arriva prepotente il desiderio di tornare a vedere la Natività nella stanza adiacente.
Sì. Perché è da quel sì pronunciato con modesta ma sicura riverenza che può esistere quella capanna, quella stella, quel prodigio.
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-Il Presepe di carta di Francesco Londonio
-L’Annunciazione di Tiziano
Museo Diocesano Carlo Maria Martini.
Piazza Sant’Eustorgio 3, Milano
Fino al 6 Febbraio 2022