Gioielli sempre più brillanti nelle aste
La gioielleria, come la moda di cui è parte, oscilla tra fasi minimal, aliene ad ogni frivolezza, e momenti di pleonasmi rococò. Oggi il concetto di gioiello non può prescindere da una ricerca formale che assorbe la totalità delle suggestioni già note, re-interpretate però alla luce delle sensibilità contemporanee, per cui non si esita a passare dal gusto tribale (che trova la sua massima espressione “primitiva” nella provocazione del piercing con diamanti) a quello più avveniristico, attribuendo una valenza metaforica ai materiali, siano essi preziosissimi o vili.
Ecco, allora, che da un lato si sfoggiano le pietre preziose con i jeans strappati e, dall’altro, si spendono cifre importanti per bijoux assolutamente falsi, ma branded.
L’hanno capito e già implementato molti nomi altisonanti del fashion system, da Armani a Gucci, da Versace a Calvin Klein. La parola d’ordine sembra essere, dunque, contaminazione, finalizzata al raggiungimento dell’unicità. Ma, nello stesso tempo, la serialità del lusso ostacola l’aspirazione ad essere “one of a kind”, richiedendo altri sentieri di personalizzazione. Magari attraverso l’acquisto di oggetti vecchi se non proprio antichi.
Non conoscono crisi, in effetti, le aste di preziosi, siano essi gioielli veri e propri o orologi. Gli acquirenti di questi beni, in aggiunta, vogliono poter contare sul mantenimento del valore nel tempo e sulla loro pronta liquidità, avendo a disposizione solidi beni-rifugio con cui attraversare la tormenta della crisi. Lo dimostra anche l’attuale frangente, nel quale il business degli incanti di preziosi è sostanzialmente florido, mentre quasi tutti i comparti del mercato dell’arte, oltre che della moda, stentano. A spuntare i prezzi più alti sono specialmente i diamanti di elevata caratura, ça va sans dire, e i rari fancy, ovvero colorati di natura. Parimenti i gioielli storici, appartenuti a case reali, grandi attrici, celebri collezionisti e vip vari, continuano a riscuotere successi dai molti zeri.
Quanto agli orologi, premesso che sono oggetto di collezione fin da quando sono stati ideati oltre cinque secoli fa, è solo dagli anni ’80 che gli esemplari da polso hanno fatto breccia nel mercato delle aste, mentre in precedenza gli amatori erano interessati quasi esclusivamente ai modelli antichi.
I numeri parlano chiaro. A spartirsi una “torta” da 800 milioni di dollari all’anno (tanto è valutato il turnover delle vendite all’incanto nel mondo) sono ovviamente Sotheby’s e Christie’s. Quest’ultima maison, che detiene la leadership dei preziosi da almeno 15 anni, totalizza circa 400 milioni, mentre Sotheby’s nel Maggio 2008 (dunque, quando il barometro della crisi sui mercati finanziari segnava già tempesta) in una sola tornata a Ginevra ha messo a segno la seconda cifra più alta mai ottenuta in un incasso di gioielli: 57 milioni di dollari.
Insomma, se i mercati in generale si fondano sulla legge della domanda e dell’offerta, quello delle aste di gioielli ne sembra immune. Forse perché il desiderio di possedere ed indossare gemme e monili con cui ornare il corpo è più forte e radicato del bisogno stesso di vestirsi. Si pensi che in epoca rinascimentale e barocca l’ostentazione dei gioielli arrivava al punto per cui la dote nuziale veniva stimata in base ai preziosi inclusi. Questo desiderio umano di abbellirsi con simboli di lusso e ricchezza attraversa il tempo, adattandosi in ogni periodo ai cambiamenti della moda, nonché alle diverse tecniche di lavorazione.
In tempi di incertezza come questi, sono in molti poi a puntare sui preziosi come meri beni di investimento (c’è chi arriva a considerarli “commodities”), con cui diversificare il proprio patrimonio altrimenti in infausta flessione. A far la parte da leone sono soprattutto i lingotti d’oro, acquistati tramite banche, che già da anni propongono anche futures legati all’andamento del metallo giallo. Le quotazioni, in effetti, hanno già sfondato quota mille dollari l’oncia e gli esperti prevedono altri rush nei prossimi mesi. Il dato davvero sorprendente è che la domanda di oro fisico, ovvero di lingotti e monete, è cresciuta dell’87%, secondo il World Gold Council (associazione delle maggiori compagnie aurifere mondiali).
Del resto, per abbagliare la crisi, la preziosa luce del metallo sembra proprio l’ideale…