La purezza in mostra con Madeleine Vionnet
Fino al 31 Gennaio 2010 è di scena a Parigi una mostra di gusto squisito dedicata a Madeleine Vionnet, le couturier des couturiers, colei che più di tutti seppe soddisfare creativamente le nuove esigenze ed aspirazioni dell’aristocrazia e dell’alta borghesia al di qua e al di là dell’Oceano. Ospitata al museo Les Arts Décoratifs, la rassegna si propone come la prima retrospettiva offerta dalla capitale francese in onore della grandissima stilista, emblema dell’alta sartoria fra le due guerre mondiali, la cui importanza nel panorama della moda è ancora ignorata dal vasto pubblico.
Sono 130 i modelli esposti (creati dal 1912 al 1939 e donati al museo nel 1952 dalla Vionnet medesima, ora restaurati ad hoc), che documentano non solo l’evoluzione estetica dell’abbigliamento femminile, ma anche il processo di emancipazione del corpo muliebre, finalmente liberato dalle costrizioni di corpetti e gonnelloni e morbidamente “accarezzato” da plissé, drappeggi, tagli in sbieco, di cui la Vionnet fu maestra indiscussa (ai suoi canoni tuttora si ispirano palesemente stilisti come Galliano o Yamamoto, sebbene la sua tecnica resti inimitabile: basti pensare che “costruiva” i suoi abiti su manichini/bambole di 80 centimetri e poi li riproduceva nelle misure reali delle indossatrici).
Se è vero che rivoluzionò la silhouette novecentesca comportandosi da vera pioniera sartoriale, è altrettanto vero che Madeleine Vionnet attinse le sue matrici culturali al patrimonio vestimentario della Grecia classica: lo si coglie nella leggerezza dei tessuti, nelle tuniche ricamate strette in vita e sagomate sui fianchi, nelle lunghe gonne con spacco laterale, nei krédemna ricadenti sulle spalle, nelle impeccabili geometrie di tuniche e mantelli, nelle camicie fresche, lievi e trasparenti, nei pepli decorati, nei colori naturali (giallo e rosso, in primis).
La mostra parigina, esaltando proprio le peculiarità strutturali ed ornamentali della sue creazioni, rende conto perfettamente del sottotitolo dell’evento, che qualifica Madeleine Vionnet come “puriste de la mode“.
Divisa in due sezioni, allestite su piani diversi, la retrospettiva narra prima del periodo 1910-20 e poi degli anni ’30, quest’ultimo caratterizzato da un minor rigore delle linee e da un maggior impiego dei colori (sempre limitati, comunque, a favore dell’eleganza del bianco e nero) e di motivi come frange e cerchi.
Nata nel 1876 in un’umile famiglia del Loiret, fu costretta ad abbandonare la scuola a soli 12 anni per imparare a lavorare da sarta. Diciottenne, si recò a Londra per apprendere l’inglese, con l’occasione facendosi assumere dalla casa di moda Kate Relly. Nel 1891 tornò a Parigi, dove entrò nel prestigioso atelier delle sorelle Callot, finché quindici anni dopo non fu chiamata da Jacques Doucet. Ma le sue istanze stilistiche personalissime la portarono nel 1912 ad aprire la propria Maison (al mitico numero 222 di rue de Rivoli), che gestì con grande intraprendenza e spirito innovativo (fra l’altro introducendo servizi all’avanguardia per i suoi collaboratori, ad esempio asilo e mensa) fino al 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, quando chiuse i battenti. Morì nel 1975.
Quest’anno la griffe Madeleine Vionnet è tornata autorevolmente sotto i riflettori anche perché, a fine Febbraio scorso, è stata acquisita dall’imprenditore italiano Matteo Marzotto (che è anche Commissario Straordinario di Enit – Agenzia Nazionale del Turismo), con l’intenzione di riportarla all’antico splendore, dopo che era già stata rilevata dalla famiglia Lumen nel 1988 (tra gli ultimi designer che vi hanno operato, ricordiamo la greca Sophia Kokosalaki e il francese Marc Audibet).
Intervistata da Bruce Chatwin poco prima di morire (cfr. “What Am I Doing Here?”), Madeleine Vionnet per la sua franchezza gli lasciò questa lapidaria impressione: “una vecchia signora di 96 anni, vigile e maliziosa, con 86 anni di pratica nella sartoria”. Il suo genio era tutto lì.