I torti e le ragioni di Suzy Menkes a Milano Moda Donna
Sulla passerella di via Rivoli 6, per la presentazione della collezione di Laura Biagiotti, il presidente della Camera della Moda sfoga la sua amarezza per le critiche apparse sulle colonne dell’International Herald Tribune.
La firma è di Suzy Menkes, una delle giornaliste di moda più quotate nel mondo, ma anche di Vanessa Friedman, sul Financial Times.
A domanda precisa, risposta precisa. “Da dove hanno origine queste critiche?” “Dall’invidia”. Insomma, Milano, con la sua settimana della moda di ottimo livello, con un prodotto di altissima qualità e veramente elegante – “Come si fa a criticare Bottega Veneta dove abbiamo visto cose bellissime?” dice il cav. Boselli -, fa ombra ad altre capitali della moda, come Londra e New York. Le affermazioni della giornalista hanno subito provocato reazioni tra gli stilisti e le giornaliste di moda italiane.
Passato qualche tempo, con serenità ci si può domandare dove avesse torto e dove ragione la Menkes.
Il torto maggiore è stato sicuramente quello di mettere insieme moda e politica. Non c’era motivo di mettere in mezzo il nostro Presidente del Consiglio, per dare la propria opinione sullo stile del made in Italy e non ci sembra ragionevole pensare che il comportamento del premier abbia influenzato “l’immaginazione degli stilisti ed è arrivato sulle passerelle”. Secondo quanto scrive la giornalista inglese Vanessa Friedman sulle pagine del Financial Times, il comportamento del Premier ha dato origine ad una moda per “veline” e a capi “non adatti a ragazze per bene”, con chiara allusione della Menkes alla collezione Emporio Armani per la quale si sarebbe potuta limitare a dire che è stata una collezione non all’altezza dello stile Armani. Ma sappiamo che Giorgio Armani ha avuto problemi di salute, quindi ha fatto il meglio che ha potuto e in certo modo andava giustificato.
Forse il giudizio della Menkes è stato globale ed ha dato così l’impressione di aver attaccato il sistema moda Italia nella sua totalità e nella sua espressività creativa, anche perché non risulta che né lei, né la Friedman si siano mai mostrate scandalizzate degli eccessi di cui sono protagonisti gli stilisti francesi.
Ma, appunto, passato qualche tempo e sfrondata la polemica, cosa rimane delle osservazioni della Menkes? In fondo la Menkes ha espresso in altro modo il pensiero di Mariella Burani, forse l’unica stilista del Made in Italy che ha centrato il punto della polemica, “Concordo con l’Herald Tribune”, arrivando a dire: “le veline sono anche più vestite delle modelle in passerella, le donne vere non si conciano in modo così volgare e trasparente”. A difesa delle donne italiane, toccate dalle osservazioni della giornalista, si è levato Angelo Marani: “Le donne italiane non hanno niente in comune con le escort; hanno classe, fascino e cervello”. Ma, a difesa della Menkes, dobbiamo che questo è certo in alcuni ambienti, in alcuni salotti e in alcune alte sfere professionali occupate da donne, ma non lo è per strada, né per la massa. Anche nella elegantissima Milano, e nelle strade più in della città, come negli studi professionali più importanti, il troppo corto, il troppo scollato e il troppo trasparente hanno imperato in modo assoluto. Ribadiamo che stiamo parlando di Milano e non del lungomare viareggino. E questo è ciò che la Menkes ha visto riportato sulle passerelle.
Abbiamo detto prima che gli stilisti hanno una fonte di ispirazione diversa dalle abitudini del nostro capo del Governo. Nell’ultima edizione di Milano Moda Donna dedicata alla primavera/estate 2010 non ci sono state novità di rilievo. Si sono viste, però, collezioni pregevoli per la qualità del prodotto, per la creatività discreta, per l’eleganza fatta di dettagli; un prodotto elegante come solo il made in Italy sa proporre. Non si può non rilevare, però, che l’aver adottato il troppo corto – addirittura Laura Biagiotti ha segnalato come tendenza della prossima primavera estate “le gambe sempre a vista” – e le scollature troppo profonde, significa aver raccolto un’istanza di moda di strada.
[ad#expedia-piccolomondo]
L’eccessivamente corto è stata una costante di tutte le collezioni; alcuni outfit, che sono stati bersaglio della Menkes, ci spingono a concordare con lei. Pensiamo, ad esempio, alla bellissima collezione Bottega Veneta, dove abbiamo visto una tutina corta bianca con cintura nera, composta da coulotte (altro esempio simile abbiamo visto nella collezione Sportmax) tirata sui fianchi, a scoprire ancora di più la gamba. O il bustier bianco per accompagnare i pantaloni con fascia lucida sul davanti, e ciò è risultato volgare rispetto all’insieme della collezione. Ma la biancheria a vista non è stato un errore solo di Bottega Veneta. Antonio Marras ha fatto sfilare le sue modelle in abiti trasparenti con a vista sia la guaina color carne sia il reggiseno. Nella maggior parte dei comunicati stampa si enfatizzava l’utilizzo dell’intimo a vista; che per altro non è per nulla una novità stilistica. Altroché veline”¦
Potremmo continuare enumerando altri casi, ma vorremmo dedicare un po’ di spazio al tema delle veline. Le veline non si vestono con ciò che sfila sulle passerelle: se lo facessero acquisterebbero un po’ di charme. Il loro abbigliamento è pensato in altri uffici stile. Sono questi che vanno stigmatizzati. Le loro mise di scena sono abitualmente deprecabili non solo da un punto di vista “morale”, ma anche dal punto di vista del buon gusto: si tratta di è un abbigliamento volgare. L’abbigliamento che si vede per strada, quello che la Menkes e la Friedman avranno osservato a Milano, trae ispirazione – specialmente per le giovani – dall’immagine televisiva e non dalle passerelle.
Se ci è concesso, per chiudere vogliamo dare un consiglio agli stilisti del Made in Italy: quello di cercare l’ispirazione non dalla moda di strada, ma dall’immagine di una donna normale. Non di una donna che si fa oggetto di desiderio, ma di una donna che ha rispetto di se stessa.