A noi gli occhi. Un tuffo nella Belle Epoque
A Palazzo Zabarella, nel cuore del centro storico di Padova, è in atto la più completa mostra antologica -mai realizzata prima- che rende omaggio a uno dei protagonisti assoluti della cultura figurativa così “in auge” tra Otto e Novecento.
Un’esposizione che dà seguito al progetto decennale della Fondazione Bano sulla pittura dell’Ottocento italiano.
Più di cento dipinti -con preponderanza di ritratti, come la moda di allora “imponeva”- dai colori prettamente delicati, sofisticatamente languidi, decisamente incantevoli.
Cromie dal tratto pastellato, dettagli ricchi di rara ricercatezza, atmosfere “sospese tra sentimenti decadenti, sogni dorati, sottili inquietudini”……
Una personalità volitiva, quella del pittore livornese -magnifiche le tranquille “marine” toscane spesso rappresentate a fare da sfondo alle eleganti figure mondane-, coerente nel suo modo di lavorare alla tela e di raffigurare la realtà di un’epoca magica.
Una fama andata via via crescendo con le esperienze fatte tra la città natale e Forte dei Marmi, tra Firenze e Napoli, tra Castigliocello e Parigi -dove la sua maturazione artistica trovò la via per confermarsi-; una altalenante permanenza tra la vita familiare -Emma, l’amata e colta moglie, per lui vera e propria compagna di vita e di lavoro- e gli amici artisti -i vari De Nittis, Manet, Degas, e ancora D’Annunzio, Pirandello, Zola con cui condividere discorsi seri e inerenti il comune sentire, ma anche momenti ludici e lievi per dare leggerezza al vivere.
Una evidente capacità di essere trasversalmente eclettico, come sottolinea nel particolareggiato ed esaustivo catalogo Federico Bano, Presidente della omonima Fondazione:
“Corcos ha saputo tenere in mano il pennello, in cui è stato insuperabile, quanto la penna, diventando un abile scrittore di novelle, quanto un vivace giornalista capace di riflettere sulla sua arte, come quella dei suoi colleghi”.
E, come si è detto all’inizio, una predisposizione a cogliere quel che più di ogni altra cosa attira la vista e l’attenzione. Lo sguardo che cerca gli sguardi, l’occhio dell’artista che penetra gli occhi di chi ha davanti ai propri.
“Quello che conta sono gli occhi, se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé”…..
E tutto in effetti segue -e cattura in modo ipnotico-quando ci si trova al cospetto dei volti dei suoi “clienti” impressi sulla tela.
Sono facce che mostrano determinazione, ma anche dolcezza. Rigore, ma anche ammiccamento. Austerità, ma anche ironia.
E poi…. le donne. Le “sue” donne hanno in nuce tutta la coraggiosa passione e la vivace intelligenza che avrebbero poi dato il via a conquiste fino ad allora tiepidamente immaginabili.
Sono dappertutto, le donne ritratte da Corcos. Spesso fissate -facevano a gara per essere immortalate da lui e una giovane e “azzurra” Maria Josè, l’ultima delle sue modelle famose, ci accomiata nell’ultima stanza- in pose inusuali, non convenzionali, moderne. Accomodate su un muretto, assorte nella lettura, intente a curare il proprio aspetto nel chiuso di un salotto o nella frescura di un giardino. Premurose nel gioco coi bambini, seducenti negli abbracci con gli amati.
Inimitabile “peintre des jolies femmes”, coglie nei particolari degli abiti, dei capelli, degli accessori, la piena femminilità di ognuna. Un ciuffo scarmigliato, una spalla appena messa in evidenza. Un pizzo dal ricamo perfetto, un guanto dall’aria vissuta. Un ricciolo impostato, un cappello che ombreggia un profilo malinconico. Un ombrello retto con grazia, un boa di piume di struzzo tenuto in grembo con totale nonchalance.
E, sopra tutto il resto, una cura capillare, incisiva, maniacale. Amorevole, vien da dire. Amorevole e innamorata della perfezione, dell’armonia, della bellezza. Anche quando traccia un volto rugoso o non propriamente aggraziato, “accarezzato” con il medesimo afflato.
Tra i tanti quadri pervenuti dai principali musei nazionali e non -come la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Milano, quella d’Arte moderna e contemporanea di Roma, il Musée d’Orsay di Parigi, le maggiori collezioni pubbliche e private- uno in particolare, e intorno al quale “gira” tutto, spicca per magnifica eloquenza. “Sogni”, il suo titolo. “Icona fin de siècle”.
Quella giovane donna, seduta su una panchina adiacente a un ruvido muro ingentilito da una fronda verde pallido, offre il suo viso con sicurezza “nuova”, quasi a sfidare il mondo.
Un fiore appena evidente, una paglietta dal nastro lucido accanto. Tutto è di un beige neutro -persino la capigliatura si intona col resto!- appena interrotto dal guizzo di una sciarpa turchese che spunta dal collo della veste color sabbia dorata e dal discreto rosa dei petali a terra.
Il tenue giallo dei libri -ricorrente anche in altre opere a rimarcare l’importanza della cultura- rimanda a un desiderio sempre rivolto alla luce.
E ogni cosa è viva. E vivida. E pervasa da un’aura straordinariamente morbida.
Lo sguardo della fanciulla pare enigmatico, ma possiede la tranquilla forza di chi sa dove poterlo far volare.
CORCOS
I sogni della belle Époque
Padova, Palazzo Zabarella (via San Francesco, 27)
Fino al 14 dicembre 2014