A Tuttotondo
Ancora un pochino di tempo a disposizione per poter visitare tre mostre dall’impatto particolarmente “empatico”.
Ognuna di esse con una propria caratteristica distintiva, ma tutte e tre -pur nella spiccata differenza- “avvolte” intorno a una sorta di unico, morbido, filo conduttore: la “rotondità” ricorrente, la forma dolce delle cose, la sinuosa linearità dei contorni.
Proprio come la nuova traccia stilistica sta riportando finalmente in auge da qualche tempo in qua tra chi si occupa di moda e non solo.
Questo, perlomeno, è ciò che abbiamo voluto vedere e interpretare noi.
Iniziamo con quella che si svolge in quel magnifico spazio pieno di luci e ombre e ricco di suggestive atmosfere che è l’HANGAR BICOCCA, a Milano. Spazio e progetto (ideato e voluto da Pirelli, secondo una predisposizione che viene da lontano a coinvolgere nell’impresa artisti, grafici, designer per sottolinearne il “motore” di sviluppo trasversale) dedicato all’arte contemporanea dove vengono portate in evidenza le opere di artisti italiani e internazionali che hanno in sé la peculiarità di poter perfettamente dialogare con il contenitore medesimo.
In una biunivocità assoluta.
Parliamo dunque di BAU BAU, dal titolo già così “di richiamo”, e di CÉLINE CONDORELLI, la dinamica artista che ne è al centro.
Questa giovane donna italo francese dal tratto minuto e grazioso che vive e opera tra Londra e Milano e le cui creature sono state esposte in numerose istituzioni artistiche -da New York a Istanbul, da Lipsia a Dublino- per la prima volta offre in Italia la sua arte.
Più di venti opere -tra cui installazioni, sculture, video, oltre una selezione di suoi scritti- realizzate a partire dal 2008 che manifestano la capacità di interpretare le sinergie e le relazioni profonde tra “l’arte e l’architettura, lo spazio e il contesto storico-sociale, attraverso un approccio performativo e di coinvolgimento”. Un lavoro che ha alla base anche un grande “lavoro sul campo” -nato da un’inedita collaborazione con l’innovativo Polo Tecnologico Pirelli di Settimo Torinese- e che riporta il focus sul tema dei processi di produzione e alla loro influenza sulle relazioni umane e sul contesto circostante.
Lei, così delicata e sorridente, ci spiega che “c’è un intero mondo nell’ombra di ogni risultato”. Lei, così accattivante e vivace, ci racconta che “ogni pezzo non può fare a meno dell’altro, in un racconto narrativo ininterrotto”. Lei, così fresca e pacata, ci informa che “c’è sempre coesistenza di idee e funzionalità”.
E così ci facciamo incantare da tutti questi moduli “tondi” che dividono e uniscono: le tende a semicerchio accartocciate che fluttuano, ora nascondendo, ora rivelando, quasi a simulare il giorno e la notte, l’esterno e l’interno, il chiaro e lo scuro; le sedute circolari fatte di piante o di speculari tronetti anch’essi rotondi; gli pneumatici dipinti -Nerofumo, il nome dell’opera- che evocano messaggi subliminali e che esprimono, da lei così trasformati, pura poesia; il tratto grafico così rotondo dell’insegna luminosa sistemata all’esterno che dà il titolo alla mostra -BAU BAU, gioco scherzoso che gioca sul doppio significato di “verso del cane” e “costruzione” (bau significa questo in tedesco!).
BAU, BAU-BAU, bauhaus (riferimento storico importante per Céline, insieme all’arte concettuale e al Costruttivismo russo…).
Tutto che torna, tutto che gira, tutto che riporta a modelli fondamentali come lo spazio che accoglie, il ciclo di vita di una fabbrica che prosegue anche fuori e che è semprevivo, l’amicizia come valore imprescindibile che permette il lavoro di squadra nobilitandolo e sostenendolo maggiormente……..
BAU BAU
Fondazione Hangar Bicocca
Via Chiese, 2
20126 MILANO
Fino al 10 maggio 2015
Proseguiamo restando a Milano, ma spostandoci in un luogo decisamente diverso.
Nel pieno centro cittadino, a due passi dalla Scala, è ancora in atto una straordinaria “chiusura del cerchio”.
Stiamo parlando del Museo Poldi Pezzoli e della “riunione” -prima volta nella storia- delle quattro Dame -quattro “sciure”, come ha detto l’eclettico Daverio- uscite dalle mani di Antonio e Piero Benci, detti “del Pollaiolo” (questa l’attività svolta dal padre, venditore di polli al Mercato Vecchio di Firenze).
Accanto al notissimo “ritratto di Dama” -simbolo della Casa Museo che lo ospita da sempre-, ecco le altre “magnifiche” tre.
Quella proveniente dalla Gemäldegalerie di Berlino, quella giunta dal Metropolitan Museum of Art di New York, quella custodita dalla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Ci vien da dire che l’incontro ravvicinato di queste quattro donne prese di profilo e tratteggiate con delicata ma ferma maestria dà il via a un percorso che, oltre a sottolineare come la ritrattistica fiorentina della seconda metà del Quattrocento fosse “produttrice” di affascinanti capolavori, apre inoltre alla ricerca della bellezza condivisa, della femminilità colta nelle sue differenti modalità, dell’artigianalità del Made in Italy espressa attraverso la ricercata enfatizzazione data agli oggetti e ai particolari dei ritratti stessi. Vestiti, gioielli, tessuti, acconciature sono lì a mostrarci e a raccontarci la società dell’epoca e di come si vivesse e ci si ornasse allora. Sobria eleganza, aristocratica fierezza, intramontabile postura sono lì a dimostrarci il semprevivo messaggio emanato da ciò che pare non toccato dalla consunzione del tempo.
Quello “spirito” del Rinascimento, quell'”effetto” Rinascimento che educa al bello e torna a nutrire di bellezza ancora oggi tutti noi.
Quel fondamentale tipo di “cibo” che sfama le anime perché “anch’esse, come i corpi, possono morire di fame”….
Milioni di sguardi si sono in questi mesi trascorsi già posati sull’aperta fronte, sull’incisivo naso, sulla tonda e bionda crocchia ornata di tonde e regolari pietre preziose, sulla morbida grazia di questo poker di donne vincente sul resto -e sui numerosi eventi collaterali che ne hanno accompagnato il cammino, in primis gli shooting fotografici che hanno catturato gli innumevoli profili muliebri contemporanei protagonisti di varie esposizioni sparse per la città e un concorso di scrittura sul tema promosso da RCS e da Hermès-.
Milioni di sguardi, a partire da qua, si poseranno forse in maniera più accorta sul significato da dare alla irresistibile magia dello sguardo femminile, così ricco di enigmatico mistero, ma anche di promesse quasi sempre mantenute.
Le dame dei Pollaiolo
Museo Poldi Pezzoli
Via Manzoni, 12 Milano
Fino al 16 febbraio 2015
E, per finire, per chiudere il nostro “tondo”, dalla Lombardia e dal suo capoluogo ci spostiamo in Piemonte. Ad Alba, precisamente, nella sede della Fondazione Ferrero.
Qui, in un angolo d’Italia ricco di storia e di bellezza, una mostra-museo dedicata a sessantacinque dipinti di Felice Casorati, la maggior parte dei quali provenienti dalle collezioni di musei e istituzioni nazionali e internazionali e inediti al grande pubblico.
Prorogata per l’afflusso continuo e costante dei visitatori, premia chi, in fila ordinata, quasi sempre attende pazientemente il proprio turno per accedere alle luminose sale e per prendere visione dei magnifici quadri di un pittore che, tra gli anni dieci e gli anni cinquanta del secolo scorso, fu uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana e della sua diffusione sulla scena internazionale.
“La mia pittura accolta con tanta severità in patria, trovò all’estero consensi cordiali, talvolta entusiasti. Moltissime le riviste che mi dedicarono articoli. Fui invitato ad allestire mostre personali in Germania, in Belgio, in America, in Francia e persino in Russia. Le Gallerie d’Europa e d’America ospitarono fin troppo volentieri i miei quadri”. (Così raccontava nel ’43 Casorati all’Università di Pisa).
Ahinoi!!! Eterni e inguaribili detrattori di noi stessi e di tutto quel che di bello abbiamo!!!!!!!
Un percorso pittorico il suo caratterizzato da tappe prestigiose dove gli scambi e i confronti rappresentavano momenti di crescita per tutti. Le biennali di Venezia, Buenos Aires e Santiago del Cile, le esposizioni universali di Barcellona nel 1929 e di Bruxelles nel 1935, Parigi, Ginevra, Pittsburgh….
Una sorta di vena malinconica e struggente nelle sue opere, ma sempre aperta ad afflati di speranza e di fiduciosa aspettativa.
Una predilezione per i ritratti, ma anche per gli oggetti, le figure viste da lontano, i paesaggi.
Una spiccata tendenza a soffermarsi sulle mani, sugli occhi, sui seni.
Un amore per la coralità dei momenti, laddove spunta anche un senso di solitudine -come i pensieri in cui paiono spesso chiudersi le persone quando sono insieme-.
I visi tondi dei piccoli, le “famose” uova -matrici di vita-, le sensuali ma garbate nudità, le madri accoglienti, le linee precise e armoniose dei frutti sugosi….
E in quel meraviglioso pezzo del 1928 che è BEETHOVEN è forse racchiuso il compendio del suo messaggio pittorico….
“L’opera è come un crogiuolo che raccoglie l’essenza dei temi casoratiani e delle atmosfere a lui più care; la poetica dei bambini, per esempio, e quella degli oggetti che, alla stregua dei giocattoli sparsi nei suoi ritratti infantili, trasmettono un significato di carattere simbolico ed evocativo, con un valore assimilabile a quello affidato alla scelta della cromia, la quale ha sempre un profondo portato emotivo”.
E in quel visetto tondo, nel perfetto taglio di capelli della bimba, nell’evocazione della musica e dello strumento, nel bianco prevalente sugli altri colori, nell’espressione matura del giovanissimo volto, nella fedele amicizia rappresentata dal cane educatamente posto accanto….possiamo scorgere lo sguardo di un artista attento a non trascurare nulla di ciò che egli ha veramente amato, vale a dire la circolarità della vita e tutta la meraviglia che essa porta in sé.
Felice Casorati
Collezioni e mostre tra Europa e Americhe
Fondazione Ferrero
Strada di mezzo, 44
Alba (Cuneo)
Fino al 15 febbraio 2015