Abiti da Museo
Ci sono abiti che trovano spazio nei musei al pari di opere d’arte, in virtù delle loro valenze concettuali e materiali. Quelli di Yves Saint-Laurent, ad esempio, che oggi sono tra i più ambiti dai collezionisti in tutto il mondo. E’ legittimo chiedersi, allora, quali siano in generale i capi di abbigliamento degni di entrare in sale museali.
Un ossimoro nel mondo della moda e del costume: così ricordiamo Yves Saint-Laurent a pochi mesi dalla morte. Rivoluzionario e conformista, anti-borghese e restauratore, pioniere e tradizionalista, barocco ed ermetico, francese ed internazionale, riservato ed audacemente provocatorio (fino ad esternare la propria omosessualità ed a farsi fotografare nudo), è stato il simbolo dell’inimitabile per eccellenza.
In effetti, sin dai primi anni ’60 egli, mescolando più stili ed ibridando i generi fino a presentare lo smoking per signora e così sdoganare i pantaloni come indumento femminile, ha conferito lo slancio più deciso alla liberazione estetica della donna. Nello stesso tempo ha trasformato il di lei guardaroba in un trionfo di colori luminosi, forme sinuose, attinte forse alle atmosfere di quell’Algeria in cui era nato nel 1936.
Appassionato di arte e moda fin da adolescente – muovendo i primi passi con Dior fino alla personale consacrazione – YSL ha creato alcune icone di stile ed eleganza che restano ancora insuperate: dalla sahariana all’abito trasparente, dalla camicia annodata al collo ai tailleur-pantalone. Tra le sue maggiori fonti di ispirazione citiamo le geometrie di Piet Mondrian, i Balletti Russi di Diaghilev, le arti della Cina Imperiale, l’Africa, le avanguardie artistiche novecentesche.
Interprete costante dello spirito dei tempi, egli seppe innovare il mondo della moda anche sotto il profilo imprenditoriale. Fu il primo couturier, ad esempio, ad aprire una boutique di pret-à-porter, a quotarsi in Borsa, a trasmettere la propria collezione di haute couture in diretta su Internet.
Colto e sofisticato, Saint-Laurent ha ricevuto tutti i premi possibili, esaltato dai media ed amato dalle donne più belle e facoltose del pianeta, mostrando grande sensibilità in particolare per la sfera del cinema (non per nulla la sua “musa” e testimonial prediletta fu la “Bella di giorno” Catherine Deneuve).
Ritiratosi dalle passerelle nel 2003 vantando ben 44 anni di radiosa carriera (dopo aver venduto la maison a Gucci giù nel 1999), YSL andandosene ha forse chiuso il sipario sull’epoca dello stile e della creatività più genuina, quando i valori contabili importavano meno delle idee.
A ragione, dunque, lo troviamo e lo troveremo sempre più in istituzioni museali, al pari di qualche altro geniale collega (valga per tutti, in Italia, il paradigma fulgido di Roberto Capucci).
Ci fa molto piacere, poi, poter ammirare nei musei gli abiti di sartorie storiche (fortunatamente non mancano le donazioni private che contribuiscono ad arricchire tali collezioni, spesso conferendovi il valore aggiunto di memorie familiari).
Questi capi di abbigliamento ci forniscono testimonianze preziose di storia (non solo di costume) e di cultura tout court, restituendoci lo Zeitgeist originale.
Si veda, ad esempio, presso la galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, il lussuoso guardaroba delle signore Musarra, esponenti della Palermo elegante tra fine “˜800 e prima metà del “˜900. Esso documenta egregiamente la presenza di raffinati negozi e atelier di moda sia nel capoluogo siciliano (Impellitteri Merlé, Maria Gallenga) sia in altre città della Penisola (Virginia Calabri a Firenze in primis). Vi si trovano pezzi d’alta moda che nulla hanno da invidiare a quelli francesi, tra cui un sofisticato abito di crepe e velluto nero con decori a quadri stampati in oro e una fastosa toilette nuziale in lamé argento, velo chantilly, calotta in perle e fiori d’arancio (costato la bellezza di 140.000 lire nel 1946).
Crediamo che questo genere di creazioni artigianali d’antan meriti una doverosa riscoperta da parte del fashion system attuale, se non altro per trovare “l’anello mancante”.
Far più luce sulle vicende passate della sartoria italiana, molto meno indagata di quella d’Oltralpe, contribuirebbe infatti anche a chiarire (e mantenere o accrescere ulteriormente) il successo della nostra moda recente, accompagandola a varcare le soglie, un giorno, dei musei.