Aggregatevi se potete!
E’ noto come il settore orafo sia tra i più frammentati, caratterizzato da una vera e propria “polverizzazione” delle imprese, in prevalenza di medie e piccole dimensioni. Non è l’unico del cosiddetto fashion-system, però, dove la norma è rappresentata da comparti alquanto parcellizzati, dominati da un atavico individualismo e da un pervicace sentimento tradizionalista per non dire misoneista, che hanno costellato il business di micro-realtà aziendali.
Gli esperti, specialmente a fronte della crisi e dell’iperconcorrenza degli ultimi anni, non fanno che raccomandare alleanze, aggregazioni, acquisizioni e fusioni: un must per non essere marginalizzati ed estromessi dal mercato, sciagura già capitata a molti.
Stavolta, quindi, vogliamo occuparci delle numerose forme di collaborazione che le imprese possono realizzare al fine di regolamentare i rapporti tra loro intercorrenti e garantirsi, con un’adeguata economicità, la sopravvivenza.
Partiamo dai gruppi, cioè dagli insiemi di imprese, ciascuna autonoma giuridicamente, legate l’una all’altra da vincolo di partecipazione o tutte governate dallo stesso capitale di comando. Ciò significa che ciascuna di esse è tenuta a presentare un bilancio, è dotata di propri organi di governo economico, risponde in proprio delle obbligazioni assunte. La struttura di gruppo è particolarmente idonea al raggiungimento dei seguenti obiettivi: personali (ad esempio, l’imprenditore vuole offrire ad ogni suo figlio la possibilità di gestire un’azienda oppure sceglie lo sviluppo attraverso la costituzione di nuove società piuttosto che attraverso la crescita dimensionale dell’azienda originaria); economico-finanziari (l’assetto di gruppo permette di controllare tutta una serie di attività con un investimento relativamente contenuto); strategico-organizzativi (la forma del gruppo può essere una soluzione vincente, che consente di abbinare i vantaggi della struttura gerarchica con quelli propri del mercato, nonché di mantenere all’interno di ogni azienda un clima più familiare e di sviluppare più capacità imprenditoriali).
Passando al decentramento produttivo, va detto che esso rientra in quella categoria di aggregati in cui le aziende sono legate da rapporti di natura contrattuale e, in particolare, di fornitura. In genere, si ritengono parte dell’aggregato solo quei fornitori che hanno una relazione stabile con l’azienda considerata e per i quali l’azienda cliente assorbe una parte significativa del fatturato (25-30%). Grazie a questa struttura, l’impresa più grande ottiene i benefici propri dell’integrazione verticale, mentre il piccolo fornitore può godere dei benefici legati alla stabilità del rapporto, alla possibilità di mantenersi aggiornato su tecnologie e mezzi produttivi, all’opportunità di conseguire economie di scala grazie al volume di produzione e vendita che solo un rapporto duraturo con un cliente può offrire.
La joint-venture, invece, è l’associazione di due o più imprese per l’esecuzione di un certo progetto, con l’obiettivo ultimo di utilizzare in modo sinergico le risorse portate dalle singole imprese. Spesso le joint-venture coinvolgono aziende ubicate in Paesi diversi e, in effetti, sono scelte soprattutto per superare le barriere all’entrata su un determinato mercato. Tuttavia il vantaggio più evidente perseguito è la contrazione dei costi di produzione, in specie quello del lavoro.
I consorzi, d’altra parte, sono forme di aggregati tra più imprese realizzati per il raggiungimento di un obiettivo ben definito, che può essere legato alla commercializzazione in comune di più prodotti, alla cura dell’immagine o al controllo del rispetto di certi standard qualitativi.
Vi sono poi i gruppi d’acquisto, ovvero aggregati di aziende commerciali che si associano per conseguire economie negli approvvigionamenti.
Proseguendo nella rassegna, la costellazione è un insieme di imprese con un minimo comune denominatore, che le fa convergere verso obiettivi di interesse collettivo. In essa converge un numero limitato di imprese (5-10) che, mentre si dividono il lavoro, operano con sostanziali rapporti di interdipendenza reciproca rispetto al fine di realizzare un prodotto finale o comunque complesso. Il coordinamento delle attività delle imprese aderenti è garantito non dall’esistenza di organi comuni, bensì da un’impresa-guida, che sovente si colloca a valle. La costellazione è, per alcuni aspetti, simile all’integrazione verticale, ma diversa da questa per quanto riguarda la dimensione e la quantità delle imprese che ne fanno parte, oltre che per la distribuzione meno centralizzata del potere.
Limitandoci solo a citare, infine, la modalità distributiva del franchising e le associazioni di categoria, che pure rappresentano altre forme di aggregazione ben note, passiamo immediatamente ad analizzare quali tipi di “unione” fanno maggiormente la “forza” delle imprese di dimensioni minori.
L’aggregazione verticale esprime più imprese impegnate nello svolgimento di fasi diverse del processo tecnico produttivo, mentre l’aggregazione orizzontale riguarda più imprese impegnate nello svolgimento della stessa attività (ad esempio, per l’esecuzione di commesse).
Sono forme di aggregazione orizzontale: i consorzi di acquisto e di vendita, le trading company (società di commercializzazione che acquistano e vendono in proprio o esercitano attività ausiliaria negli scambi con l’estero), le associazioni in partecipazione (in cui tutti collaborano per concludere le operazioni oggetto dell’associazione stessa).
Tra i tipi di aggregazione verticale particolarmente rilevanti sono: la sub-fornitura (per cui un imprenditore esegue un ordine speciale per conto di un altro imprenditore committente), la costellazione ed il sistema di imprese (unità produttive legate da stretti rapporti di interdipendenza e complementarietà), dove la differenza tra costellazione e sistema sta nella diversa “consapevolezza” dell’importanza dell’insieme (forte nell’una, assente nell’altro).
E veniamo, da ultimo ai distretti o “aree di localizzazione produttiva”, considerati il fenomeno socio-economico più originale del nostro Paese, attraverso cui la struttura produttiva italiana ha riscoperto e valorizzato le sue radici storiche.
Assunto che il governo delle aggregazioni di imprese è governo di relazioni economiche, va notato che il buon funzionamento di queste aree è strettamente connesso al buon funzionamento delle imprese e delle aggregazioni in esso esistenti. Qui le funzioni critiche non si trovano tanto nella produzione, quanto nelle funzioni di commercializzazione e di ricerca e sviluppo. Il punto-chiave è comunque questo: il governo degli aggregati è economicamente efficiente se si opera in un ambiente sociale fortemente condiviso.
Hanno mai riflettuto le imprese dei distretti sul fatto che probabilmente le difficoltà incontrate negli ultimi anni possono anche derivare dal progressivo venir meno di una strategia sociale da loro stesse voluta, oltre che dall’ambiente in cui sono inserite?