Amici, nemici o… Stilisti
La notizia ha fatto il giro del mondo modaiolo. Frida Giannini, già designer della pelletteria Fendi e già direttore creativo di Gucci, nel Giugno scorso ha sposato a Sabaudia Patrizio Di Marco, ex-CEO della maison della doppia G, indossando uno strabiliante e fastoso abito firmato Valentino Haute Couture, color champagne, con un’ampia gonna a ruota meravigliosamente ricamata. I “Dioscuri” Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli hanno disegnato per la collega un abito “one of a kind”, ovvero unico. Anche la figlioletta degli sposi, Greta, ha potuto fregiarsi di un modellino raffinatissimo simile a quella della madre, sempre griffato Valentino. Più ancora della sontuosità della creazione d’alta moda ha colpito il pubblico, però, il fatto che la stilista romana abbia scelto un vestito non “suo” per un evento così importante e mediaticamente iper-attrattivo.
Un clamore analogo lo ha suscitato la notizia che Riccardo Tisci, direttore creativo della storica maison francese Givenchy, ha scelto la collega/rivale Donatella Versace come protagonista della campagna-stampa della griffe da lui disegnata (per la cronaca, l’immagine-icona è un suggestivo doppio ritratto realizzato dai maghi dell’obiettivo Mert Alas & Marcus Piggott). L’ha fatto per “amicizia e rispetto”, ha dichiarato lo stilista italiano trapiantato a Parigi, e infatti uno degli hashtag di accompagnamento a siffatte news era #loveandrespect. Dobbiamo riconoscere che si tratta di una collaborazione forse inedita per il fashion system, smentendo decisamente lo stereotipo secondo cui dal mondo della moda è bandita la solidarietà e vale la regola homo homini lupus, o meglio sartor sartori lupus!
Siamo spiazzati, perplessi, confusi dinanzi a cotanta fratellanza? Solo un po’; confessiamo che questo “sentimental trend” ci rallegra non poco. Chapeau quindi al coraggio ed al cuore grande di Riccardo, ma anche alla generosità di Donatella che si è prestata a favorire un concorrente (ma per lei quel collega dev’essere prima di tutto un amico autentico, crediamo).
Ci aveva colpito e ci era piaciuto, un paio d’anni fa, anche l’abbraccio sincero e affettuoso che il mondo della moda aveva unanimemente tributato alla famiglia Missoni in seguito alla scomparsa di Vittorio in Venezuela (Lella Curiel dichiarò commossa: “Mi dispiace veramente perché nel mondo della moda che è così superficiale, effimero e ipocrita, se c’è una famiglia di persone belle, perbene e brave sono proprio loro, i Missoni. Mai un’invidia, sempre una parola gentile”); parimenti il “circo” fashion aveva reso tutti gli onori al grande Ottavio quando è venuto a mancare, ricordandolo con parole di vero cuore, per elogiarne la professionalità e l’umanità.
Lo stesso Missoni, a sua volta, quando se ne andò all’improvviso Gianfranco Ferrè nel 2007, affermò all’unisono con la moglie Rosita: «Era una persona che vedevamo con affetto».
Siamo lieti che questo fair play riguardi vari stilisti italiani: rinnova la nostra fiducia e rinverdisce la nostra speranza in un settore che forse è molto meno falso, egoista, frivolo, cinico di quanto si possa immaginare. Già l’immagine… ma la sostanza per fortuna è un’altra cosa.