Architetture in passerella da Ferré.
Radici nel passato e occhio rivolto al futuro. Anche nella collezione per la prossima P/E di Gianfranco Ferré, firmata da Federico Piaggi e Stefano Citron, troviamo questa “diade” perfetta. Stabilità e ricerca continua, dunque, in un eterno gioco che non stanca mai.
A ispirare i due stilisti le storiche immagini scattate dal fotografo e regista statunitense Herb Ritts alla modella Gia Carangi, icona incontrastata per le campagne pubblicitarie della maison Ferré tra gli anni Settanta e Ottanta. Una donna di ieri vagamente androgina e altezzosa, resa oggi più morbida e naturalmente sensuale. Più consona ad una femminilità che non teme di mostrarsi. Più decisa nel rivelare le proprie caratteristiche a volte molteplici, ma mai contraddittorie.
I tagli e le linee di abiti, gonne, pantaloni, tute -molto presenti- e bluse si palesano in tutta la loro struttura architettonica, formando disegni con il tessuto simili a complicati e raffinatissimi origami; i volumi, spesso accentuati, danno vita a slanci simili a una danza a metà tra un balletto classico e uno spettacolo contemporaneo, rendendo leggero e meno rigido il passo delle indossatrici. Voli aerodinamici e grafismi rigorosi si alternano in continuazione. Asimmetrie a gogò.
In evidenza -secondo la migliore tradizione del Maestro- il punto vita e il polso. Cinture altissime -anche in metallo- dall’aria più o meno nipponica o nastri girati più e più volte per sottolineare la silhouette; bracciali dalle leghe più svariate e dalle fogge più strane per enfatizzare e arricchire le camicie a manica lunga o a tre quarti. Inutile dire che la scelta dei materiali si affida alla fluidità tipica dei cady di seta o alla croccantezza guizzante delle organze e che la grazia delle forme trae da essi nuova vitalità e nuovo spessore.
I colori passano da un estremo all’altro. Da una parte tutte le gamme dei “chiari” -il bianco assoluto, il crema, il cipria, il perla, il burro-, dall’altra tutte le possibili varianti degli “scuri” -il nero totale, il blu tempesta, il marron freddo-. In mezzo a ciò, un’unica concessione: un abito di un inatteso verde pisello. Solitario, fuori dal coro, quasi spaurito. Come se fosse lì per essere additato, o per provocare; come se si trovasse lì -al pari di un famoso seme (di una famosa favola) messo sotto venti materassi con l’intento di carpire il segreto dell’identità di una eterea e sensibile fanciulla destinata a diventare regina- per fare da “rottura” con il resto e per farlo risaltare in tutta la sua coerente peculiarità. Ci auguriamo che la strada “intrapresa” da questo marchio, così corrispondente alla genialità di un uomo mite e fecondo come Gianfranco Ferré, trovi sempre più la sua collocazione in un mercato che, purtroppo, tende a “lasciare andare” fuori dall’Italia -spesso con troppa disinvoltura- le sue migliori creature….