Assenti da Milano Moda Uomo Dolce e Gabbana
L’assenza dal calendario delle sfilate maschili degli stilisti Dolce e Gabbana ha come sfondo le polemiche sulle campagne pubblicitarie della griffe, ed il presidente della Camera della Moda Cav. Mario Boselli non sembra dispiaciuto del fatto di non averli avuti nella manifestazione Milanese.
Boselli ha così spiegato l’antefatto qualche giorno prima dell’inizio di Milano Moda Uomo: “Quando c’è stato il pronunciamento dell’autorità sulla pubblicità noi abbiamo preso posizione. E adesso loro hanno chiesto di non essere inclusi nel calendario”.Si sa le campagne pubblicitarie per essere efficaci devono stupire ed impressionare più o meno positivamente.
Il buon senso comune, nel mondo dei più, dice che se qualcosa non piace ai destinatari, questo dovrebbe portare l’autore a una riflessione, a una ammenda; insomma a riflettere. Anche la teoria della comunicazione insegna che il risultato della comunicazione non è ciò che è stato comunicato o ciò che l’emittente voleva comunicare, ma ciò che il destinatario ha decodificato. Per questo si sottolinea l’importanza del feedback, in modo da valutare con equilibrio il successivo passo.
Ma nel mondo della moda anche le più elementari regole “scientifiche” sembrano sospese. Ciò che conta non è il destinatario, ma la mens del creatore, stilista, fotografo, o capo ufficio stampa”¦ che sia.
E’ strano! Nel mondo della moda, di fronte a prese di posizione di autorità o di consumatori, gli stilisti, o i fotografi assumono un curioso atteggiamento, che in altro contesto definiremmo infantile. Innanzitutto innalzano lo stendardo della produzione artistica: la moda è arte; la foto è artistica; il loro comportamento si ispira alla libertà artistica. Poi si atteggiano a vittime: “Non siamo stati compresi”.
Indifferenti ad ogni richiamo proseguono nel loro cammino.
Personalmente ho imparato da un fotografo di moda una regola che mi serve per districarmi nella confusione di ciò che ha valore e di ciò che non lo ha. Suona così: se la campagna pubblicitaria impressiona e stupisce in modo eccessivo, il prodotto non è all’altezza.
Quindi qualcosa sta cambiando nella produzione Dolce e Gabbana, i conti non quadrano? Non lo sappiamo e non ci pare. Viene invece da pensare alla volontà di trasgredire e di farlo in barba alle opinioni di chi la pubblicità la subisce, ma anche alle indicazioni di chi ha una qualche autorità sulla quaestio.
Le proteste sono venute da più parti, il primo richiamo è stato dell’Advertisting Standard Authority (Asa) (Inghilterra)che ha dichiarato di aver ricevuto oltre 150 messaggi di protesta per due immagini della campagna che esaltavano la violenza criminale. Una era apparsa sul “˜Times’ in ottobre. Due uomini armati minacciano la loro vittima con un coltello, mentre un altro uomo ferito alla testa giaceva a terra, la seconda pubblicata sul Daily Telegraph mostrava due uomini che trasportano una donna ferita con un coltello in mano. La campagna
A febbraio, di fronte alle osservazioni di una giornalista americana che riscontrava la forte carica erotica della pubblicità della griffe, la risposta dei due stilisti è suonata abbastanza offensiva per le donne americane.
Passo successivo. Ecco una foto che ritrae un uomo a torso nudo che tiene una donna inchiodata a terra per i polsi, mentre lei cerca di divincolarsi e altri uomini osservano impassibili la scena.
La foto ha suscita le proteste di una Associazione spagnola; poi in Italia la sezione italiana di Amnesty International, ha auspicato il ritiro della pubblicità, come già avvenuto in Spagna. Una lettera al Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), di 13 senatori e senatrici ha chiesto il ritiro della campagna. “La pubblicità -dice la lettera- rappresenta in maniera non allusiva una vera e propria istigazione allo stupro di gruppo:”¦. Siamo sconcertati e offesi poiché essa va molto oltre la concezione della donna come oggetto che il più delle volte ricorre nelle immagini pubblicitarie». Infine interviene la Cgil «La moda – afferma il segretario generale della Filtea-Cgil Valeria Fedeli – è innanzitutto cultura, etica, e veicolo di trasmissione di valori, sogni emozioni. È vergognoso che Dolce & Gabbana veicolino un messaggio di violenza e sopraffazione nei confronti delle donne. Quel manifesto dovrebbe scomparire e gli stilisti devono chiedere scusa a tutte le donne. Se ciò non avverrà, l’8 marzo le donne proclameranno uno sciopero degli acquisti dei capi di Dolce & Gabbana».
Il manifesto è stato ritirato. E le donne non hanno fatto lo sciopero degli acquisti.
Per ultimo, l’assenza degli stilisti dal calendario delle sfilate maschili ha ancora come sfondo le polemiche sulle campagne pubblicitarie, ed il presidente della Camera della Moda Cav. Mario Boselli non sembra dispiaciuto dell’assenza degli stilisti dalla manifestazione Milanese.
Boselli poi ha spiegato l’antefatto: “La Camera della Moda -ha detto- ha il dovere di tutelare tutta la moda italiana” e così ha aggiunto “Quando c’è stato il pronunciamento dell’autorità sulla pubblicità noi abbiamo preso posizione. E adesso loro hanno chiesto di non essere inclusi nel calendario”.
Gli stilisti hanno fatto parziale ammenda: “non volevamo offendere nessuno”; ma hanno aggiunto “non siamo pentiti e non facciamo retromarcia”.
Viene da pensare che gli scandali sono voluti e cercati, costruiti e ci sembra quindi giustificata la reazione della Camera della Moda.
Cosa aspettarsi? Non sappiamo. Tutte le campagne Dolce e Gabbana sono deplorevoli perché il limite della trasgressione è sempre più in alto”¦ E non serve appellarsi alla cultura e all’arte per giustificare gli eccessi; o accusare gli altri di essere retrogradi, e neppure richiamare i politici a non distrarsi e a non voler distrarre, con sterili polemiche sulla pubblicità, dai problemi reali del Paese.
Proprio in queste osservazioni sta la debolezza delle motivazioni delle scelte dei due stilisti.