Belle donne in mostra
Affascinanti e un po’ enigmatiche figure femminili che preludono all’emancipazione sono le protagoniste dell’intelligente mostra “Roma 900” che la Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo (PR) ha in calendario fino al 5 Luglio. Vi sono esposte circa 100 opere provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma, tra cui le potenti tele che rendono omaggio alla bellezza della donna come mistero e libertà.
Ci intrigano ancora oggi questi dipinti con signore sovente in carne, ma di eleganza innata e “vere”, come la bellissima moglie di Giacomo Balla ritratta in Il dubbio, dove è raffigurata di schiena, girata di tre quarti, con indosso un sensuale abito-sottoveste in crêpe di seta, mentre sfodera un dolce, arcano sorriso che insieme al languore nello sguardo suggerisce molte ipotesi.
La raffinata Violette di Enrico Lionne ci ammalia invece con i suoi meravigliosi occhi verdi, “prensili”, spalancati sulla vita, e le labbra rosse carnose che, senza accennare alcun sorriso, promettono felicità. Il viso infantilmente un po’ paffuto è appoggiato sulle delicate mani affusolate che si intrecciano elegantemente, ed i gomiti affondano nello schienale di una poltrona dal ricco cromatismo. A conferire garbo e signorilità alla figura è però il lungo abito nero e soprattutto il cappello a larghe tese che indossa la giovane donna.
Risulta di una purezza quasi rinascimentale la Donna alla toeletta di Antonio Donghi, che rappresenta una morbida signora seduta al suo tavolo da “trucco&parrucco”, come si direbbe oggi, mentre con una certa indolenza si tocca i capelli raccolti e pare assorta in pensieri tutti suoi: lo dichiara lo sguardo rivolto verso un altrove indecifrabile. Il semplice ma aggraziato abito grigiazzurro senza maniche, le mani curate, il volto incipriato, le labbra ben disegnate rosso-fuoco, nonché i fiori nel calice sul ripiano, ci rivelano un’attenzione viva all’ordine e al decoro, in aggiunta ad un pizzico di civetteria.
Persino laddove l’arte del Novecento ha introdotto la destrutturazione della figura femminile, allontanandosi dal naturalismo e adottando le forme geometriche del movimento cubista o le immagini più deformate del surrealismo, il fascino della donna non è venuto meno; così come nel nudo femminile caratterizzato da linee e pose tenere e sinuose l’erotismo non compromette l’urbanità. Si vedano le ninfe dormienti di Giorgio De Chirico, da cui emerge tutta l’attrazione che il corpo femminile esercita quando è addormentato e abbandonato alla vulnerabilità, senza per ciò suscitare reazioni morbose.
Tra gli altri artisti presenti con i loro capolavori in questa mostra parmense che abbraccia la prima metà del XX secolo tra Simbolismo, Secessione, Futurismo, Nuovo Classicismo, Scuola Romana, Astrattismo, vi sono Afro, Bocchi, Cambellotti, Capogrossi, Carena, Casorati, Conti, Crali, De Carolis, Depero, De Pisis, Discovolo, Dottori, Fillia, Funi, Gentilini, Guttuso, Levi, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Mafai, Mancini, Manzù, Marini, Benedetta Marinetti, Melli, Monachesi, Pirandello, Prampolini, Sartorio, Savinio, Scipione, Severini, Sironi, Socrate, Spadini, Stradone, Tamburi, Tato, Turcato. I soggetti protagonisti dell’evento, oltre a magnifiche figure femminili, sono ritratti di celebri personaggi, vedute della Città Eterna e della campagna romana, nature morte rigorose o esuberanti.
Promossa dalla Fondazione Magnani Rocca e da Roma Capitale, Assessorato Cultura e Turismo – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’esposizione è curata da Maria Catalano, Federica Pirani, Stefano Roffi, che attraverso il collezionismo pubblico e la cultura artistica della prima metà del Novecento, hanno voluto indagare la complessità dei linguaggi che si sono succeduti con i vari movimenti artistici di riferimento. Il racconto che si dipana da questa originale rassegna antologica è un affascinante intreccio tra radici estetiche, politiche, sociali, personali, che offre molteplici livelli di lettura, a partire dal rapporto fra le due istituzioni che ne hanno consentito la genesi: la Galleria d’Arte Moderna di Roma, fondata nel 1925, dunque in epoca fascista, per documentare l’ambiente artistico della capitale, e la Fondazione Magnani Rocca, nata dal grande amore per l’arte di Luigi Magnani, il quale frequentava e collezionava proprio gli artisti che in quegli anni del ‘900 andavano a comporre le raccolte della GNAM. E’ quindi un circolo virtuoso questa “Roma 900”, che dimostra come la grande arte sia sempre legata alla complessità dell’epoca che l’ha prodotta, non escluse le ragioni del collezionismo pubblico e privato.
In conclusione, un cenno ad un’altra mostra che chiude i battenti il 19 Luglio a Pavia, allestita presso il Castello Visconteo, “Da Degas a Picasso – Capolavori della Johannesburg Art Gallery” (ideata e prodotta da ViDiin collaborazione con il Comune di Pavia e la Johannesburg Art Gallery, realizzata con la consulenza scientifica di Simona Bartolena), che porta in Italia il sogno di Lady Florence Phillips, la donna che a cavallo tra il XIX e il XX secolo promosse con tutte le sue forze la nascita del museo della città sudafricana (1910). E’ questa grande signora che qui vogliamo omaggiare in primis, citando lo splendido ritratto che le fece Antonio Mancini, il quale la raffigura nella maturità degli anni, elegantemente vestita e ingioiellata, in toni neutri, mentre a spiccare è soprattutto l’ampio cappello rosa. Il suo viso non più giovane, sorretto da una mano, ci racconta di una donna colta, intelligente e pragmatica, ma anche tenera e umanissima nello sguardo un po’ stanco e nel sorriso appena abbozzato. Moglie del magnate dell’industria mineraria Sir Lionel Phillips, Lady Florence fu una donna dal grande fascino, che persuase il marito e alcuni magnati dell’industria a investire nell’allora avveniristico progetto di un museo a Johannesburg. Determinata a portare avanti la sua idea, non esitò a vendere un suo raro e costosissimo diamante azzurro per acquistare i primi quadri.
Nella mostra pavese si possono poi ammirare le celeberrime ballerine di Degas, che ogni volta ci conquistano con la vaporosità dei tutù, la luce polverosa degli ambienti, spesso discontinua e cruda per meglio ravvivare un pezzo di schiena o di spalla, una chioma bionda o fulva, esaltando improvvise esplosioni di colori, come il rosso e il giallo verdastro di uno chignon.
Nelle sale delle Scuderie del Castello, si possono incontrare anche alcune grafiche di Picasso così come le opere Pop di Roy Lichtenstein e il poderoso trittico di ritratti di Joseph Beyus firmato da Andy Warhol. Interessante è anche la sezione dedicata all’arte sudafricana, in qualche modo introdotta da un disegno di Pierre Bonnard che può ricordare il tratto di un grande artista del Paese arcobaleno come William Kentridge. Dopo i cromatismi del Sudafrica contemporaneo, la chiusura forse si può affidare a Paul Cezanne: i suoi bagnanti hanno la forza e la delicatezza di un vero capolavoro.
In complesso l’esposizione presenta oltre sessanta opere che portano le firme di alcuni dei principali protagonisti della scena artistica internazionale del XIX e del XX secolo: da Edgar Degas a Dante Gabriel Rossetti, da Jean Baptiste Corot a Alma Tadema, da Vincent Van Gogh a Paul Gauguin, da Antonio Mancini a Paul Signac, da Pablo Picasso a Francis Bacon, da Roy Lichtenstein a Andy Warhol, solo per menzionarne alcuni.
Chi dice donna… dice arte.