Bellezze di plastica
Osservando i suoi bijoux, è veramente difficile credere che siano di plastica. Eppure le creazioni della meravigliosa designer francese Léa Stein, classe 1936, sono realizzate mediante un processo di compressione e laminatura di sottili strati di acetato di cellulosa, messo a punto dal marito chimico Fernand Steinberger. Il “segreto” di questi straordinari oggetti ornamentali è proprio quello di essere costituiti da un sandwich multicolor di plastica (fino a 50 strati!), per fabbricare il quale possono occorrere sei mesi; ma è grazie a questa tecnica che è anche possibile inserire nel materiale plastico altri tessuti come pizzo o seta, per conferire alla plastica tonalità cromatiche e consistenze diverse, generando un’illusione tridimensionale.
Léa Stein, che vive a Parigi, è nota per i suoi accessori, bottoni, bracciali e soprattutto spille, amatissime anche dall’ex-Segretario di Stato americano Madeleine Albright, che con esse comunicava i suoi pensieri in veste diplomatica. Come dichiarato dalla stessa super-diplomatica, indossò una tartaruga per manifestare impazienza a fronte della lentezza dei negoziati di pace in Medio Oriente e un gufo, simbolo di saggezza, per esprimere soddisfazione per il loro sblocco, mentre dopo che il Ministro degli Esteri sud-coreano dichiarò alla stampa che gli piaceva abbracciarla per il suo florido seno, lei all’ incontro successivo gli tese semplicemente la mano esibendo sull’abito una grande spilla a forma di volpe (un’icona molto cara alla Stein).
Si conosce poco della biografia di questa prolifica artefice di bijoux che da cinque decenni domina la scena ed è stata definita “la più significativa e innovativa designer di gioielleria in plastica del XX secolo”. Ebrea figlia di genitori polacchi, durante gli anni della guerra dovette spostarsi spesso con la sua famiglia per mettersi al riparo. Crebbe e venne educata a Parigi. Iniziò a lavorare nel settore tessile nel 1957 e poi dal 1965 si dedicò solo agli oggetti decorativi in plastica compressa.
Le sue spille si rifanno spesso al mondo naturale, animale, letterario, artistico, talvolta riproducono auto, articoli casalinghi, personaggi dei cartoni animati, celebrità pop, di preferenza in stile Art Deco, ed ogni prodotto ha un nome semplice e reale o di fantasia. Ogni pezzo è unico, anche se viene prodotto in serie perché, per quanto il design resti più o meno il medesimo, variano i colori e i modelli.
Le spille sono attribuibili a due distinti periodi: vintage (dal 1969 al 1981) e moderno (dal 1991 ad oggi). Ciascun pezzo è marchiato sul metallo della chiusura con la lettera V in cui è iscritto il logo “Léa Stein Paris”. Le sue creazioni più pregiate sono quelle serigrafate e le fibbie, una versione in plastica delle miniature vittoriane.
Pluripremiata a livello internazionale, Léa Stein ha visto le sue opere esposte in alcune mostre, ma per la prima volta in Italia, al Museo del Bijou di Casalmaggiore, le è dedicata un’intera rassegna monografica: “Tutto cominciò con un bottone…”, a cura dell’antiquaria milanese Lorena Taddei, in collaborazione con Roberto Cavaglià, Elisabetta Ghidini e Paolo Zani.
La mostra (in programma dal 19 ottobre al 16 febbraio 2020 nella Sala Zaffanella del Museo) è un modo per Immergersi completamente nel mondo delle creazioni di Lea Stein e ciò – come scrive la curatrice – “è un’esperienza totalizzante: colori e forme molteplici si rincorrono dando vita a monili vibranti dai tratti puliti che trasmettono l’essenza dei soggetti rappresentati e la variegata personalità artistica dell’autrice”.
“Più che una sostanza la plastica è l’idea stessa della sua infinita trasformazione, è, come indica il suo nome, l’ubiquità resa visibile” (Roland Barthes). E, come in questo caso, gioiosa.