Bianco, ancora bianco…….
Bianco, ancora bianco, bianco assoluto, bianco ottico.
Il bianco si conferma come il colore di moda dell’estate 2011 e allora non potrà mancare nel guardaroba un abito bianco da indossare dalla mattina alla sera, in città e in spiaggia. Ma solo se si ha un corpo sottile o una buona dose di autostima che permettono di portare in modo disinvolto un caftano bianco o una tunica di lino -cosa può esserci di meglio dopo una giornata di sole rovente !- con una vistosa collana di corallo o di conchiglie che distaccandosi poco dal colore di base darà ancora più enfasi al bianco stesso; oppure una camicia bianca che d’estate da la sensazione di luminosità, freschezza.
Vestire di bianco diventa uno stile “¦
La sua semplicità però esige ricerca: per questo è difficile da portare. Ha bisogno di caratterizzazione perché rischia di sembrare banale agli occhi dell’osservatore. Dato che incarna la perfezione, la sua perfezione deve essere accurata per non rendere il capo indossato banale o troppo simili ad abiti per la notte. L’abito bianco non ammette macchie, aloni, ombre; la camicia bianca deve essere immacolata, appena stirata. Sul bianco di un abito, come di fronte ad una pagina bianca, ci si può “scrivere” di tutto, quello che la fantasia detta; ammette qualsiasi accessorio, ma difficile scegliere quello che maggiormente lo esalta. Negli abbinamenti il bianco fa da rottura, è il terzo colore possibile. Accessori bianchi alleggeriscono e sdrammatizzano: come le perle su un abito nero.
Chi si veste di bianco si vede da lontano, è un punto luminoso. Rimanda una immagine di fascino, ma anche di distinzione e superiorità: irraggiungibile e intangibile.
E’ allora una barriera? Certamente è colore algido: simbolo di luce, calma, pace, distacco dalle emozioni forti. Ma è anche il colore che simboleggia, innocenza, integrità; niente esprime tanto la voglia di pulizia esteriore, ma anche interiore, che il colore bianco; in araldica indica fede e purezza e sostituisce l’argento. Il bianco, come la pagina bianca, indica l’inizio di qualcosa di nuovo, un mutamento, un cambio radicale. E’ utilizzato nei riti di passaggio: come nel battesimo, nella cresima, nel matrimonio.
L’abito bianco, anche se l’uso di questo colore è recente ed inoltre oggi si tende a scegliere altri colori, è l’abito della sposa con il quale si indica appunto l’inizio di una vita nuova, ma anche la purezza del matrimonio non consumato. Per questo il buon senso suggerisce di non usarlo se non è così, specialmente se si è in avanzato stato di gravidanza: è molto meglio optare per altri colori ed anche per un abito più discreto del tradizionale.
L’abito bianco è la scelta che molte star hanno fatto per gli ultimi eventi mondani e mediatici, come la notte degli Oscar e a Cannes, per non citare Pippa Middleton damigella nel matrimonio del secolo che ha scelto un abito bianco come quello della sposa.
Ma cosa avrà mosso tante celebrità a vestire di bianco? Forse perché il bianco è perfetto per trasmettere raffinatezza? Ma alcuni abiti, arricchiti addirittura da uno strascico, sembravano più adatti ad essere indossati da una sposa piuttosto che sul red carpet di ingresso alla sala delle proiezioni. Uma Thurman lo ha indossato due volte a Cannes a firma Chanel Couture e Versace, Celine Dion in Giorgio Armani Privé la notte degli Oscar, Jane Fonda in Emilio Pucci a Cannes, Hofit Golan con abito Alberta Ferretti a Cannes, ecc.
Perchè questa voglia di bianco? E’ solo perché è il colore di tendenza?
Possiamo azzardare alcune ipotesi. Si potrebbe insinuare che è la voglia di protagonismo, il voler essere viste e quindi fotografate a dettare la scelta?
Non sarà la voglia di pulizia interiore che se non è tale si cerca di mostrarla almeno all’esterno anche negli ambienti più inquinati come quello del cinema? Oppure il fatto inconscio che, venuto a decadere l’abito bianco legato alla purezza della sposa, se ne recupera la forma e il significato in altri luoghi? E ciò potrebbe esprimere voglia di candore, di scelte morali più pure, di una femminilità più accogliente e una sessualità improntata alla donazione di sé e non solo al piacere, vissuta come accoglienza dell’altro, non come pulsione o istinto.