Brognano e le donne “vestite di maschera”
Collezione a/i 2017-18 di Nicola Brognano ad AltaRoma gennaio 2017. Le tinte sono festose, fastose e nette; il rosso magenta dipinge abiti fluidi, l’autunnale verde muschio conduce per mano verso ritempranti passeggiate nei boschi, il celeste intenso regala spicchi di cielo; celeste, colore di un manto prezioso e colore del mare, colore saggio perché pacato, intenso e di per sé dirompente.
Le fantasie? Assolutamente pervenute.
I temi? Paisley e floreali.
Una cascata di rouche trasversali ed orizzontali disegnano alcune delle silhouette: silhouette fluide e poetiche, delicate e gentili ma decise nei toni, come a voler contraddire il romanticismo espresso, o in qualche modo, a volerlo modernizzare; un romanticismo contemporaneo che reca con se il fascino della vittoria, quella sensazione nascente della consapevolezza della propria influenza, della capacità di esprimere la propria indole e irradiare a tutto tondo la propria unicità.
Agli abiti lunghi e fluttuanti si alterano microgonne dall’allure audace, gonne dal taglio trasversale e indumenti rubati al guardaroba maschile e poi rivisitati. I pantaloni cargo sono indossati con camice iper-romantiche tempestate di ruche; il cappellino da baseball è riproposto a corredo di tutte le mise, quasi a voler esprimere un carattere scanzonato e leggero.
Divertono i manicotti a palloncino applicati sui soprabiti, così come i maxifiocchi per le camiciole e le donanti maniche a gigot.
Una collezione dicotomica e contrastante, audace e a tratti irriverente quella proposta dal giovane Brognano. Calabrese, classe 90, alle spalle un passato nella maison di Gian Battista Valli e da Dolce & Gabbana alta moda, nonché vincitore nella categoria prêt-à-porter di “ Who is on next?” nel luglio 2016 per la capacità di “interpretare lo spirito del momento con colori e sovrapposizioni”.
Un equilibrio tratto da contraddizioni di forme e volumi, ma anche da mescolanza tra couture e street style.
Un mix and match interessante, ricco di quella ricchezza promanante dalle divergenze, e a tratti inquietante, come l’idea di celare dietro una maschera di rete metallica i volti delle giovani donne della passerella. Cosa avrà voluto comunicare il designer?
Perché il volto semicoperto e perché da una maschera traforata in fil di ferro?
Avrà forse voluto decantare il garbo celandolo dietro una coltre di durezza ?
Avrà forse voluto usare la durezza a difesa di quanto più prezioso contiene l’animo umano?
O più semplicemente sarà a lui parso possibile effondere sulla donna -vestita di maschera-, una qualche parvenza di misterioso fascino?
Ma non deriva forse il fascino dall’essere in sé?