Capucci Proibito
“La moda proibita – Roberto Capucci e il futuro dell’alta moda”: così si intitola il docufilm sulla vita di questo straordinario stilista italiano che è un artista prestato all’alta moda, recentemente presentato in anteprima mondiale al Museo dell’Ara Pacis a Roma e distribuito in home video dall’Istituto Luce (la produzione ha visto la collaborazione tra Plays Srl e Jean Vigo Italia). Realizzato dal regista e psicanalista Ottavio Rosati, il film è stato scritto con la sceneggiatrice Adriana Mulassano e può considerarsi la biografia più autorevole dell’iconico Maestro (Rosati aveva già dedicato a Capucci nel 2015 “Le Code, le Ali” in omaggio alla mostra dello stesso couturier alla Venaria Reale di Torino).
Classe 1930, genio della moda internazionale, inventore degli abiti-scultura modellati come opere d’arte e non a caso esposti nei musei di tutto il pianeta, Roberto Capucci è stato un creatore visionario, che ha saputo come pochi valorizzare sì il corpo delle donne, ma anche la loro anima, con l’eleganza delle sue forme, la raffinatezza dei suoi tessuti (seta in primis), la classe delle sue infinite sfumature cromatiche, traendo ispirazione dalla bellezza dell’arte (Michelangelo soprattutto) e della natura (specialmente la sua Roma e l’India).
Le sue architetture di plissé sono entrate nella leggenda, così come balze e pieghe, dove i colori e le vibrazioni chiaroscurali regalano emozioni oniriche fuori del tempo, esprimendo l’ideale della bellezza assoluta. Ma per un poeta come lui, l’estetica è sempre stata anche una questione di etica, di buoni costumi e di coscienza pulita.
Il film di Rosati, che è stato girato tra Roma, Firenze, Torino, Napoli, Vienna, Milano, Parma, New York, racconta tutto questo mondo creativo, rappresentando in particolare il coraggio di Capucci di essere sempre fedele a se stesso, ai suoi amori e ai suoi miti, come la divina Silvana Mangano, a cui egli dedicò vari abiti (tra cui i costumi da lei indossati in “Teorema” di Pasolini).
Ha ricordato lo stesso stilista: “C’erano Silvana Mangano, la principessa Pallavicini, la contessa Crespi. Eleganti e meravigliose sempre. Ora cammini in centro e vedi solo pizzerie e donnone con l’ombelico scoperto, lo slip che spunta dai pantaloni come l’orrida spallina del reggiseno, stivaletti a spillo bianchi, jeans tutti rotti. Che fascino è mai questo?”. Come ogni grande couturier d’antan, Capucci, definito da Christian Dior “il miglior creatore della moda italiana” quando aveva solo 27 anni, avrebbe voluto il mondo popolato solo da donne sofisticate, fini e garbate.
Con sottotitoli in slovacco e inglese, “La moda proibita – Roberto Capucci e il futuro dell’alta moda” descrive abiti che non sono meri capi di abbigliamento, bensì capolavori che incantano per il fatto di essere costruiti come sculture che coniugano il senso rinascimentale per le proporzioni e l’ordine con un’attenzione spasmodica alla scelta dei tessuti, con lo studio delle forme geometriche, con la cura maniacale delle lavorazioni e delle sovrapposizioni, con la ricerca dei colori usati in gradazione o a contrasto quasi sempre con un gusto più orientale che europeo.
Il documentario di Rosati si basa su una serie di conversazioni e di eventi (come la mostra “Alla ricerca della regalità” presso la Venaria Reale di Torino o “Roberto Capucci e i giovani” a Palazzo Morando di Milano ( relativa al concorso promosso dall’ Associazione Moda e Modi e dalla nostra rivista IMORE – n.d.D), nonché su materiale di repertorio a testimonianza del grande defilé del 1985 alla Armory di New York e della sontuosa esposizione al Teatro Farnese di Parma che raccoglieva gli abiti-scultura di una vita intera. Inoltre propone contributi orali di Anna Fendi, della principessa Maria Pace Odescalchi, di Sylvia Ferino (direttrice del Picture Gallery al Kunsthistorisches Museum di Vienna), di Eike Schmidt (direttore degli Uffizi), del soprano Raina Kabaivanska, solo per citarne alcuni.
“Per sei anni”, ha rivelato Rosati, “abbiamo seguito Capucci nei suoi viaggi in Europa per organizzare le sue mostre nei musei. Ho capito subito che avevo a che fare con artista. Lui stesso infatti ammette nel film: ‘Dovevo decidere se diventare ricchissimo o essere me stesso’. Il mio docu è la prova che Capucci si è servito del denaro delle sue clienti per finanziare abiti-scultorei, come Oceano, dove sono stati impiegati 200 metri di seta plissé, tagliati in 1.500 pezzi di tessuto in 30 toni di colore del mare. Cinque mesi e cinque sarte per realizzarlo. Il titolo ‘La moda proibita allude alla moda ‘proibitiva’ per gli alti costi da realizzare”.
“Il film conferma che Capucci ha realizzato ciò che desiderava: ha voluto uscire dalla Camera della Moda”, ricorda Rosati, “per esporre le sue creazioni nei musei. Ora i suoi abiti appartengono al patrimonio culturale del Mibact”.
Roberto Capucci, che ha dichiarato morta l’alta moda, ha affermato: “La moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, dev’essere costruito come un palazzo poiché come un palazzo esso è la materializzazione di un’idea”. In effetti “l’eleganza è seduzione, fascino, mistero. Non apparenza”.