Carlo Zini, la fantasia al potere
“Oggetti esclusivi dell’apparire per scoprire l’eleganza dell’essere”, i bijoux italiani vantano una lunga storia, solo in parte raccontata, fatta di bellezza, moda, design, cultura, abilità artigianale, evoluzione sociale, non da ultimo business. Se tanto resta ancora da scoprire di questo mondo delle meraviglie, ecco che il Museo del Bijou di Casalmaggiore (CR) – tempio della costume jewellery made in Italy, in cui sono conservati oltre 20 mila pezzi ornamentali, macchine utensili, fotografie e cataloghi provenienti dalle dismesse industrie locali e da numerose donazioni private, coprendo l’arco temporale dall’ ultimo Ottocento alla fine del XX secolo – ha ideato una brillante iniziativa che si articola in un ciclo di mostre sui grandi protagonisti dell’epopea della bigiotteria nazionale. Parlare di bijoux italiani è diventato così un modo per raccontare i costumi di un popolo che da sempre si adopera per plasmare un codice creativo nel nome del fascino e della grazia.
La prima esposizione della serie “Grandi Bigiottieri Italiani”, realizzata in collaborazione con la storica e critica del gioiello Bianca Cappello, è stata dedicata nel 2015 ad Ornella Bijoux, mitico brand milanese. Nel 2016 è stata la volta della mostra collettiva “Indossare la Bellezza. La grande bigiotteria italiana” (sempre curata dalla Cappello e patrocinata dalla Fondazione Cologni Mestieri d’Arte e dall’Istituto Italiano di Cultura di Belgrado), che ha presentato un centinaio di modelli spazianti dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri: tra i designer presenti, Ercole Moretti, Moschino, Armani, Ugo Correani, Bozart, Luciana de Reutern, Giuliano Fratti, Sharra Pagano, Donatella Pellini, Angela Caputi–Giuggiù, Artigiana Fiorentina Bigiotteria, Bijoux Cascio, Clotilde Silva, Corbella, Coppola e Toppo, De Liguoro, Ferenaz, Gattinoni, Fendi, Lo.Sa, Ken Scott, Mazzucco Romano, Ornella Bijoux, Ottavio Re, Sorelle Sent, Fratelli Traversari, Unger, Carlo Zini.
A quest’ultimo è dedicata nel 2017 la terza edizione della rassegna e non poteva che essere così, dal momento che Carlo Zini rappresenta uno dei brand più rappresentativi della galassia italiana e internazionale dell’alta bigiotteria dagli anni Settanta del secolo scorso alle soglie del Terzo Millennio (nel 2015 l’attività di Zini è stata ceduta al suo collaboratore Marco Fei, trasformandosi in Phoenix Collection, che distribuisce in esclusiva il marchio Carlo Zini con un nuovo show room milanese).
Bianca Cappello, curatrice anche di questa mostra, ha affermato: “Zini è uno scultore di luce, i suoi materiali elettivi sono i metalli tra cui predilige il rodio, inalterabile e anallergico, le resine che imitano le pietre dure come il turchese, l’onice, la giada imperiale ed il corallo, ma i veri protagonisti per i suoi gioielli fantasia sono i cristalli e gli strass che usa per realizzare bijoux iperbolici per donne forti, ironiche e sicure del proprio fascino”.
In effetti l’esposizione casalese, in programma dal 25 Marzo al 4 Giugno, vede protagonisti soprattutto allegre spille dalla foggia vintage e scenografiche collane in resine che richiamano coralli e turchesi, ori in diverse nuance, parure in cristalli colorati, zirconi e perle di fiume, rubini, madreperle, tormaline, tutti pezzi iconici (molti dei quali pubblicati sulle riviste più prestigiose del mondo nell’ultimo ventennio del Novecento) esaltati da cromie in perfetto equilibrio tra spunti classici e stimoli multi-etnici.
Amate da celebrities in ogni dove (da Tina Turner a Michael Jackson, da Naomi Campbell a Cher, da Liza Minnelli a Liz Taylor, solo per citare qualche nome), le creazioni di Zini sono un fresco concentrato di talento, forza espressiva, perizia tecnica, qualità artigianale, fantasia imbrigliata nelle cifre della bellezza made in Italy. Tutto questo know-how fattosi rapidamente heritage non è frutto dell’istinto o di un vago concetto di “genio”, bensì è il risultato di decenni di studio, collezionismo, ricerca, sperimentazione nelle forme e nei materiali, fino a realizzare un ideale di ornamento che “fa sognare”, regala emozioni e momenti ludici, omaggiando la femminilità più potente e genuina, anche perché non meramente legato a committenze, ma ispirato all’universo interiore del Maestro, il quale ama attingere a volumi di architettura e di tessuti, vecchi film, persino musical. Zini non disdegna neppure le geometrie spinte, perché riconosce che anche in esse può esserci “anima, grazia, ironia”.
L’avventura di Carlo Zini (classe 1950) nel pianeta dei bijoux era iniziata già nella sua fanciullezza nel laboratorio milanese del padre d’origine veneta; era proseguita nella maison di Diana Monili e quindi, grazie all’incontro con la cantante lirica e collezionista Cathy Berberian (moglie del compositore Luciano Berio), aveva preso il volo con la conoscenza di infiniti stilemi d’arte e gioielleria retrò. Per Zini risale al 1976 l’apertura di un atelier indipendente seguito dal lancio di un proprio marchio, senza per questo che egli rinunciasse alla collaborazione con griffe esterne già ben affermate nel panorama della moda (ad esempio Coveri, Moschino, Curiel). Infine, la poetica artigianale del grande designer si declina anche in un’ampia gamma di accessori per un’irresistibile brand extension (borse, sciarpe, cinture, guanti, fermagli per capelli).
A proposito del perdurante successo della bigiotteria italiana, sia quella di imitazione che quella di fantasia, e dell’operazione culturale in corso per valorizzarla, ha osservato Bianca Cappello: “La bigiotteria come gioiello popolare è più di ogni altro oggetto a contatto con le persone e con le loro idee e gusti… Parlare di bigiotteria italiana significa raccontare la storia delle abitudini e dei costumi di un popolo che, costituitosi in tempi abbastanza recenti in unità nazionale, si è costantemente adoperato per evolvere la moltitudine di caratteristiche estetiche e formali delle tradizioni locali che lo compongono per creare un codice condiviso e identificativo sotto l’egida della Bellezza”.