C’è del BIANCO in CITTÀ -e non stiamo parlando dei taxi-…..
Eh sì….
Il Fuorisalone milanese di questo Aprile 2017 ha privilegiato ed eletto il colore bianco per creare un filo conduttore decisamente nobile e accattivante.
“WHITE IN THE CITY” -con Giulio Cappellini come direttore artistico-, il nome dell’evento ideato da OIKOS, l’azienda leader nella ricerca del colore legato alla materia, alla pittura, alla sostenibilità, all’architettura, alla decorazione…..che ha dato vita a un vero e proprio “pantone “a tutto bianco”.
187….187!!!- diverse sfumature per rappresentare il benessere prodotto da questo non-colore ricco da sempre di grande simbologia.
“È dal 1984 che la cura della salute e dell’aria che respiriamo, il rispetto per l’ambiente e il benessere delle persone, sono valori per noi imprescindibili”, afferma il fondatore e presidente di OIKOS, Claudio Balestri. E il bianco da “normale” tinta diventa il “Colore del Ben-Essere”.
Dunque, sparse nei punti più nevralgici di una Milano vivacemente contagiosa, ecco apparire agli occhi di tutti quei visitatori curiosi di carpire bagliori di bellezza e di armonia una miriade di installazioni abbacinanti.
Teatro di ciò l’Accademia di Belle Arti di Brera, la Pinacoteca di Brera, l’ex Chiesa di San Carpoforo, Palazzo Cusani, Class Editori Space in Via Burigozzo……
Nomi altisonanti coinvolti nella realizzazione di questa via lattea tangibile: nel cortile dell’Accademia Stefano Boeri (affascinante la sua candida “Stanza degli abbracci”, luogo atto a custodire un prezioso gesto) e David Chipperfield, Aires Mateus (il suo “Vuoto di luce” incanta e si avvicina al concetto di sublime) e Daniel Libeskind, Marco Piva e lo studio Zaha Hadid (sinuosa ed elegantissima la perfetta sintesi scultorea – connubio tra robotica sperimentazione ed arte- denominata Thallus, parola greca che definisce in botanica l’attimo in cui non vi è alcuna differenziazione tra stelo e foglia), Patricia Urquola (con la sua scala chiamata “Oltre” per poter osservare il mondo da un altro punto di vista)……ma anche giovani designer –White Young, la mostra allestita nel loft del Class Editori spazio– pronti come sentinelle a interpretare la vitalità e la forza del bianco con creazioni innovative e originalissime; inoltre, varie e innumerevoli aziende aderenti al progetto gettate come positive meteore qua e là a testimonianza della scelta stabilita.
Luci, sedute, statue, quadri, oggetti per la casa, sculture, piastrelle trasformabili, accessori, tessuti, abiti……in una carrellata magica e piena di “chiara meraviglia” dove ogni sfumatura ha una sua propria caratteristica. I sensi sollecitati, la natura umana stimolata, la centralità delle emozioni rinvigorita.
Non di certo un bianco assoluto, ma un bianco che si modula, si trasforma, vira al perla, torna al magnolia, si tuffa nella schiuma del mare, si espande nel niveo, si cala nel burro, si perde nel ghiaccio.
Un bianco materico come il sale, il gesso, la tela di un pittore, le vele spiegate, i fiori delle spose, la luce del più puro dei diamanti, il pizzo inamidato dei centrini d’antan, i muri di certe masserie del Sud Italia o delle case abbaglianti di Santorini.
Da toccare, da assorbire, da accogliere, da far proprio per “ripulirsi”, per “disintossicarsi”, per “riaccendersi”.
“Interazione tra materia e luce, speranza per il futuro, luce vitalizzante che rigenera l’organismo e rischiara la mente, simbolo della grazia femminile….”. Così descrive il “suo” bianco -interpretato magistralmente all’interno di Palazzo Cusani- l’architetto Carla Baratelli (per lei gli spazi devono “suonare” vibrazioni di pura energia) di Studio Asia.
Manichini esili e svettanti mostrano la potenza e la fierezza di uno stile creato dalla contaminazione di svariati elementi architettonici e donano un senso di perfetta quiete (facile l’analogia con “The Capes Reimagined” di Burberry offerte al pubblico nei giorni del Fuorisalone nel maestoso negozio di Via Montenapoleone; 30, tutte meravigliosamente bianche e ispirate allo scultore britannico Henry Moore, tutte ornate di rari e raffinati dettagli che ne fanno vere opere d’arte).
Incredibile poi cogliere le scritte impresse su pannelli all’interno della ex Chiesa di San Carpoforo dopo essere passati sotto una volta immacolata:
“Nel bianco c’è la forza della luce, la stessa luce che ci avvolge all’alba guardando verso est……”
“Così lo descrive Dante nel Paradiso:…e l’altro tanto bianco, che nulla neve a quel termine arriva.”
“Il bianco come baluardo del concetto di benessere, quello delle vesti dei monaci, custodi di anime, e quello più prosaico delle divise infermieristiche che accudiscono il corpo, è simbolo di una ricerca costante del nostro star bene”.
Una sinergia emozionante che parte da lontano -una enormità di studi e di prove- e trova il suo culmine, la sua soddisfazione e la sua casa (dal greco oìkos, per rinfrescarci la memoria) nello sguardo ammirato di chi può fruire del lavoro continuo e appassionato di persone sempre in cerca della bellezza e dei suoi derivati.
“Strappare la bellezza ovunque essa sia e regalarla a chi mi sta accanto. Per questo sono al mondo”.
Alessandro D’Avenia