“Chicago”: quando l’omicidio diventa un (luccicante) spettacolo
Hollywood ama i musical: attirano un grande pubblico e ottengono spesso diversi premi, soprattutto gli attori che si cimentano nel canto e nel ballo. Dopo il grande successo di “Les Miserables” di Tom Hooper, vincitore di tre premi Oscar, i produttori hollywoodiani stanno cercando il prossimo musical di Broadway da trasportare sul grande schermo. La Disney sta già lavorando all’adattamento di “Into the Woods”, miscellanea delle fiabe più famose, e ppunta su attori di spicco come Meryl Streep e Johnny Depp e su un regista esperto del genere Rob Marshall, già dietro alla macchina da presa di “Chicago” (2002) e “Nine” (2009).
Se “Nine” non ha avuto molto successo, “Chicago” è senza dubbio il miglior musical degli ultimi anni, vincitore di ben sei premi Oscar nel 2003, tra cui miglior film. Non è un caso che durante la cerimonia degli Oscar di quest’anno gli sia stato reso omaggio con l’esibizione di Catherine Zeta-Jones nel numero di apertura (“All That Jazz”) e la comparsa sul palco degli attori principali per consegnare un premio.
Il film è ambientato nella Chicago del 1929, grondante di jazz, alcool ed omicidi. Roxie Hart (Renée Zellweger) è una comune casalinga sposata con Amos (John C. Reilly), una completa nullità; ma ha sempre sognato di essere famosa e di esibirsi sul palcoscenico. La fama arriva quando uccide il suo amante e viene arrestata e rinchiusa in prigione, affollata di donne che hanno ucciso i loro uomini e che si contendono l’avvocato Billy Flynn (Richard Gere) e l’attenzione della stampa per riottenere la libertà. Roxie trova la sua principale avversaria in Velma Kelly (Catherine Zeta-Jones), stella dei piccoli locali per la quale aveva una grande ammirazione.
Tra i vari premi Oscar vinti da questo film c’è anche quello per i migliori costumi, disegnati da Colleen Atwood, meglio nota per le creazioni gotiche e fantastiche che realizza per Tim Burton. Per questo film la Atwood si è dimostrata in grado di ricreare gli anni Venti in modo estremamente particolare, alternando abiti adatti alla vita di tutti i giorni a costumi di scena adatti ad una performance musicale, senza preoccuparsi di esagerare con pailettes, frange, perle, piume ed altri elementi dal tocco scenografico.
Tutto luccica nel film, o almeno quasi tutto. L’intera vicenda è narrata dal punto di vista di Roxie, che immagina la sua vita come un susseguirsi di numeri musicali. Le scene ambientate nella realtà sono caratterizzate da una luce sfocata e soffusa, dal sapore antico, e i costumi si caratterizzano per una quasi totale assenza di colori, a favore di tinte come bianco, nero e varie tonalità di marrone. Le luci si accendono quando parte la musica e lo spettacolo ha inizio. Se nella vita Roxie è una biondina insulsa e comune, vestita con abiti anonimi che che la fanno sembrare ancora di più una parte del fondale e poco curata, nelle sue fantasie è una star dello spettacolo, che fa sfoggio di lunghi vestiti da sera dalle scollature abissali impreziositi da pailettes, luccicanti body con gonnellina frangiata e una folla adorante di uomini. In prigione diventa famosa facendosi passare per una tenera mogliettina che ha ricevuto un’educazione religiosa e lì sfoggia abiti collegiali neri con colletto bianco e un’acconciatura bionda casta e semplice ma ben curata. Ma il palcoscenico di un teatro è quello che vuole, come si vede alla fine di “All that Jazz”, quando nella sua immaginazione si sostituisce a Velma Kelly.
Se Roxie, nelle sue fantasie, indossa per lo più bianco ed argento, la sua rivale viene associata al nero, complice anche il suo corto caschetto dello stesso colore: ma questo gioco di colori sulla locandina del film viene capovolto Roxie è in nero, mentre Velma in argento. Velma è una celebrità ed ama essere una celebrità: in prigione si fa servire da tutte le altre ed è sempre estremamente curata ed alla moda, come se la potessero fotografare in ogni momento. Lo si vede bene durante le scene del processo intentato a Roxie, quando indossa un abito aderente ben in vista, perché il cappotto grigio scuro dal collo di pelliccia grigio chiaro che porta sopra esso è allacciato solamente da due bottoni laterali quasi a livello del bacino, ed il tutto è completato da un cappellino dello stesso colore del vestito. Anche se Vilma è la celebrità, il centro della narrazione del film è Roxie. Non c’è da stupirsi quindi se Velma, ormai snobbata dalla stampa, cerca di entrare nelle sue grazie per ottenere nuovamente l’attenzione dei giornalisti, offrendo alla rivale di lavorare con lei una volta fuori dalla prigione: il numero musicale che improvvisa è comicamente disperato, tanto che Roxie la immagina con indosso un abito rosso e blu talmente brutto e talmente ridicolo da farla sembrare un grosso lampadario.
Una volta uscite di prigione la sorte non arride a nessuna delle due. Nessuno vuole offrire loro un lavoro: Chicago è talmente piena di jazziste assassine che nessuno si ricorda di loro. Roxie è tornata ad indossare gli stessi abiti dell’inizio, ma ora si cura molto e pretende che tutti si ricordino di lei; Velma in apparenza è la stessa di prima, ma l’abito blu decorato con pizzo nero che indossa nella scena in cui si confronta con Roxie nasconde i buchi delle collant nere. Per tornare ad essere famose, capiscono che devono mettere da parte le loro rivalità e collaborare, fino ad arrivare al sorprendente e magnifico numero finale, stavolta su un vero palcoscenico, in cui indossano lo stesso abito frangiato bianco, perché ormai si sono “redente” e sono diventate alleate.
I numeri musicali del film sono molti ed estremamente fantasiosi, anche grazie all’aiuto delle scenografie e dei costumi. Durante il tango in cui raccontano come hanno ucciso i loro uomini, le assassine indossano completi intimi di ispirazione sadomaso, di colore nero e con elastici che avvolgono addome, spalle e braccia, quasi a volerle fare apparire come terribili furie sanguinarie, mentre l’impiccagione dell’unica di loro innocente è tragicamente rappresentata come un trucco magico di sparizione e la poveretta indossa un classico tutù di colore chiaro che la fa sembrare ancora più leggera ed evanescente, simbolo della sua innocenza e del suo tragico destino.
Ma ci pensa l’avvocato Billy Flynn a portare un po’ di irriverenza: spregiudicato nel mestiere, impeccabile nel suo completo gessato nella realtà, durante il suo numero di presentazione si mostra come il suo esatto opposto, cioè un umile garzone; mentre durante la conferenza stampa è allo stesso tempo un ventriloquo, il cui pupazzo è Roxie e un burattinaio che fa muovere e parlare i giornalisti come vuole. Il tutto culmina durante la scena del processo, rappresentato come un circo in cui si susseguono acrobazie, balletti e numeri comici, in cui l’arringa di difesa diventa un intenso numero di tip-tap. E anche il suo impeccabile completo luccica.