Con LEE la bellezza è selvaggia a Londra
Dopo il clamoroso successo ottenuto dalla prima versione della mostra nel 2011 al Metropolitan Museum of Modern Art di New York (fu tra le rassegne più visitate in assoluto), l’esposizione londinese non si limita a replicare il palinsesto, bensì vuole rendere un omaggio speciale al geniale stilista scomparso nel 2010, a soli 40 anni, in virtù del rapporto fortissimo che egli aveva con la città in cui era nato e cresciuto. “Londra è dove si trovano il mio cuore e la mia ispirazione” dichiarava.
In effetti da Londra Alexander McQueen aveva assorbito quel mix di libertà, creatività, bizzarria che furono le cifre distintive della sua moda, del suo modo di strutturare e destrutturare i capi, dei suoi colori, dei suoi tagli fantasiosi.
Organizzata in collaborazione con Swarovski, l’azienda austriaca per cui lo stilista lavorò lungamente, la mostra presenta il maggior numero di modelli disegnati da McQueen mai visto assieme, spaziando dalla sua collezione post-laurea alla Central Saint Martins School (1992) alle ultime creazioni per la stagione A/I 2010, completati dopo la sua morte dagli assistenti.
Gli svariati materiali esposti, per lo più provenienti dall’archivio londinese dello stilista, raccontano le sue matrici culturali, ovvero le fonti di ispirazione che attingono prima di tutto all’inquietante gotico vittoriano, formalmente rigoroso ma non scevro di vivida policromia e pittoresca levità, per stemperarsi poi in performance esotiche geograficamente eterogenee, trapunte di suggestioni africane, cinesi, indiane, giapponesi.
Amante di provocazioni e coup de théâtre, mentre suscitava scandalo egli apriva visioni sul futuro del costume con proposte sorprendenti come i bumsters a vita bassa (nel lontano 1996) e lo street style che ancora oggi impazza. Lo illustrano bene i suoi disegni in mostra, collocati in quello che è stato chiamato il Gabinetto delle Curiosità dove, tra i circa 40 oggetti aggiuntivi mai mostrati prima (realizzati in collaborazione con vari creativi, come il gioielliere Shaun Leane e il cappellaio Philip Treacy), spiccano un top di paillettes sovrastampato con una conturbante immagine dei figli dello Zar Nicola II (Joan, A/I 1998-9), una preziosa giacca da matador (The Dance of the Twisted Bull, P/E 2002) e un copricapo nero con corna disegnato per Givenchy (P/E 1997).
Sensibile e tormentato, Alexander McQueen fu un talento portentoso, tecnicamente preparatissimo, esteticamente scisso tra i richiami della bellezza classica e quelli oscuri del macabro, un uomo drammatico e romantico, fragile e generoso, che l’amica Anna Wintour descrisse così: “Da bambino nulla gli piaceva di più che stare seduto sul tetto a guardare gli uccelli volare. La sua ultima collezione era una battaglia tra luce e ombra. Ci ha mostrato che tutto è possibile, che i sogni possono diventare realtà. Ma ci ha lasciato con un’eredità ancora più eccezionale, un talento che vola in alto sopra di noi come gli uccelli della sua infanzia”.