Contenitori di Bellezza
“Mi nascondo nel mio fiore, / cosicché appassendo nel tuo Vaso − / Tu − senza saperlo − senta per me − / quasi − un che di nostalgia” (Emily Dickinson).
Se è vero che – il vaso – la ceramica – nacque praticamente per necessità – ovvero per contenere, conservare e trasportare – è altrettanto vero che ben presto si arricchì di aspetti estetici. L’Italia eccelse in questa arte già nel 1500 con la scuola di Faenza (si pensi ai celebri vasi da farmacia) per poi distinguersi nel 1700 con le porcellane della scuola veneziana (soprammobili di fattura squisita) e quella di Capodimonte (le famose figurine colorate). Avvinandosi all’età moderna, si diffusero i procedimenti industriali, ma in alcuni centri (soprattutto in Toscana e Umbria) restò viva la tradizione della lavorazione artigianale, che ancora prospera.
Uno dei nomi più di spicco della porcellana in Italia è Richard-Ginori e al rapporto tra questa azienda e il grande designer Giò Ponti è stata dedicata dal MIDeC (Museo Internazionale Design Ceramico) di Laveno-Mombello (VA) la deliziosa mostra “100% Un centenario e cento pezzi: Richard-Ginori e Giò Ponti in una collezione lavanese”, con oggetti di sicuro prestigio provenienti da una collezione privata, tra cui un eccezionale vaso sferico a bocca stretta di fine anni ’20 la cui decorazione rappresenta un mappamondo con i mari di colore azzurro e le terre, con scritti i nomi dei continenti, in ocra; una mirabile coppa in porcellana a corpo cilindrico e piede svasato decorata in policromia con giubbe di fantini, disposte su tre file, con berretto e nome della scuderia; una splendida ciotola in maiolica smaltata blu con figura femminile nuda sdraiata su corde; un grande piatto in maiolica decorato sulla falda da una serie di colonne disposte a raggiera con all’interno, su sfondo blu, una figura di donna su un letto di nuvole sovrastanti edifici di stile cinquecentesco. L’omaggio reso dal MIDeC alla storia della Manifattura Richard-Ginori è stata anche l’occasione per tornare all’origini del Museo stesso: nel 1965 infatti la Richard-Ginori si fuse con la Società Ceramica Italiana di Laveno, che lasciò poi una cospicua donazione di esemplari confluiti nell’istituzione, nata nel 1971.
Oggi la Richard-Ginori, ribattezzata Ginori 1735 a partire dal 2020, è di proprietà del gruppo ceramica francese del lusso Kering (dal 2013), ma continua a mantenere saldamente le sue radici in Toscana, a Sesto Fiorentino. Nata nel 1896 dalla fusione della Società Ceramica Richard, di origine lombarda, con la Manifattura di Doccia (FI) del marchese Carlo Ginori fondata nel 1737, continua a tenere alto nel mondo il vessillo della porcellana italiana.
Molto interessante è la sua storia, da cui è scaturito tra l’altro un museo prezioso (acquistato dallo Stato, Polo regionale della Toscana, nel 2017 per il suo straordinario interesse storico-artistico e archivistico), che è unico al mondo per la sua ricchezza e la sua continuità storica, narrando tre secoli di storia del gusto e del collezionismo.
Il Museo Ginori è stato in effetti per quasi trecento anni un museo d’impresa, ideato dal fondatore stesso, il marchese Carlo Ginori, come il contenitore privilegiato della bellezza che la sua fabbrica era in grado di creare. La raccolta include rari manufatti del primo periodo, ma anche prodotti seriali di illustri nomi del design industriale italiano, oggetti di lusso e di uso quotidiano, che testimoniano l’evolversi degli stili artistici, del costume, della scienza, delle tecniche produttive e dell’imprenditoria dal Settecento ai giorni nostri. Tra i capolavori, una rarissima raccolta di sculture in cera, calchi di opere dei maggiori maestri fiorentini del Settecento; la Venere de’ Medici, l’Arrotino e l’Amore e Psiche in porcellana bianca; le eclettiche maioliche per le Esposizioni Universali e le ceramiche Art Déco di Gio Ponti, direttore artistico di Richard-Ginori dal 1923 al 1930. Dal 1965 il Museo ha sede in un edificio progettato dall’architetto Pier Niccolò Berardi, di proprietà demaniale e affidato alla Direzione Regionale Musei della Toscana, che necessita di importanti lavori di risanamento dopo gli anni di abbandono seguiti al fallimento dell’azienda Richard-Ginori (2013).
Il complesso museale comprende dunque circa 10.000 oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990, ma anche documenti cartacei e disegni, una biblioteca storica, una biblioteca specialistica e una fototeca. In attesa della riapertura (prevista nel 2025), la sede ospita mostre occasionali e… racconta storie attraverso il sito museoginori.org, che rende fruibile a tutti il ricchissimo patrimonio delle collezioni. Dal 2021 è attiva la Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia, costituita da Ministero della Cultura, Regione Toscana e Comune di Sesto Fiorentino per conservare, studiare, comunicare ed esporre al pubblico il dovizioso repertorio di manufatti ceramici e documenti.
“Il museo – ha dichiarato il Presidente della Fondazione Museo Ginori, Tomaso Montanari, noto storico dell’arte – è temporaneamente inaccessibile al pubblico, ma è vivo e pronto a condividere conoscenza. Lanciare un sito a museo chiuso è una sfida, ma è anche e soprattutto un’occasione per promuovere un’altra idea di museo e per portare in primo piano quello che comunemente rimane nascosto, ovvero il suo essere un centro di ricerca e di produzione culturale e una comunità̀ impegnata a sviluppare un dialogo critico sul passato, sul presente e sul futuro”.
Vale davvero la pena visitarlo quindi, anche se solo virtualmente, per fare un tuffo nella storia della bellezza racchiusa in un vaso…
“Un’ora non è solo un’ora; è un vaso colmo di profumi, di suoni, di progetti e di climi” (Marcel Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”).