Conversazione in cucina
Continuiamo la nostra perlustrazione dei modi e delle mode legati al “ben mangiare”, occupandoci di ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana, che ha sede in quel luogo di assoluto fascino che è il Palazzo Ducale di Colorno (PR), già dimora della celebre Duchessa Maria Luigia d’Austria, moglie di Napoleone Bonaparte. ALMA tiene alto il vessillo culinario del Belpaese nel mondo formando cuochi, pasticceri, sommelier, manager della ristorazione provenienti da diversi Paesi, preparandoli ad attività professionali di successo nella ristorazione e nell’accoglienza. Si avvale di autorevoli insegnanti (rettore è il Maestro Gualtiero Marchesi) e può contare su ben 3500 mq di aule attrezzate. Il Presidente Onorario Albino Ivardi Ganapini ci ha rilasciato questa intervista sulla sua Scuola e sulla cultura del cibo.
Come è nata ALMA? Con quali obiettivi?
La Scuola è stata concepita e strutturata tra il 2000 e il 2003 presso l’Amministrazione Provinciale di Parma, dove io ero Assessore all’Agricoltura e alle Attività Produttive. Nel Comitato Promotore, che nasce a metà 2002, sono entrati Enti di livello nazionale, come il Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari, l’Istituto per il Commercio Estero, Federalimentare, FIPE, Istituzioni locali quali Provincia, Camera di Commercio, Unione Industriali e ASCOM di Parma, nonché alcuni dei più importanti Consorzi dei Prodotti tipici e dei vini, più l’Università di Parma. Nella società di gestione sono poi entrate tutte le realtà che avevano preso parte al comitato promotore, a parte Ministero, ICE e Università. Gli obiettivi sono costituiti dalle attività formative di livello alto per i professionisti della ristorazione italiana in Italia e nel mondo allo scopo di sostenere l’affermazione e lo sviluppo della cucina italiana nel mondo. Corollario conseguente ma rilevante è la promozione della conoscenza e dell’utilizzo dei prodotti alimentari originali dell’Italia, nonché la cultura enogastronomica del nostro Paese. Il 2003 ha visto la definizione dell’organizzazione della scuola, sul piano manageriale, didattico, tecnico e amministrativo, nonché la pianificazione finanziaria, la promozione dei corsi e la comunicazione, oltre naturalmente la predisposizione presso la Reggia di Colorno, individuata da subito come sede, di spazi dedicati, aule e attrezzature. Il 12 gennaio 2004 partiva il primo Corso Superiore di cucina italiana con 17 allievi.
Su quali valori si fonda?
Tra i valori, anzitutto la cultura italiana del cibo, coerente con la nostra storia e la grande tradizione delle cucine dei territori italiani. Il secondo valore fondante è stato quello della qualità della formazione dei professionisti della cucina, intesa come strumento per far evolvere le tecniche, da un lato, e, dall’altro, per affermare a livello internazionale una specifica professionalità italiana. Per questo, grande cura è stata dedicata fin dall’inizio alla scelta dei docenti e, in primis, all’individuazione del personaggio che per livello delle conoscenze, prestigio e autorevolezza potesse fungere da Rettore della Scuola. Obbligata, ma non facile, la strada di puntare su Gualtiero Marchesi.
A quale metodologia si ispira? Cosa la differenzia da altre scuole di cucina?
Per impostare le linee-guida di ALMA visitammo molte Scuole di cucina internazionali, principalmente in Francia, Canada e Stati Uniti, dalle quali imparammo il valore del legame forte con il mondo della ristorazione, cioè della professione. ALMA integra la formazione in aula, nella quale comunque la “pratica” prevale nettamente sulle materie teoriche, con la formazione sul campo. Questo criterio ora vale per tutti i corsi, da quelli di cucina a quelli di pasticceria, da quelli di sommelier a quelli di management della ristorazione, così come vale per gli studenti italiani e per quelli stranieri che ormai arrivano al 30% del totale. ALMA ha organizzato una rete dalle Alpi alla Sicilia di 600 ristoranti e pasticcerie che collaborano per gli stage dei propri studenti e il risultato di stage concorre al voto dell’esame finale, che è molto impegnativo e che non tutti superano. L’altro aspetto chiave della didattica ALMA riguarda la scelta dei docenti, che vengono tutti dalla professione, cioè cuochi, pasticceri, sommelier, manager selezionati nei vari contesti e territori sulla base della competenza professionale e della attitudine a trasmettere il loro sapere, anzi il saper fare.
Che ruolo svolge nel suo ambito di nicchia?
ALMA svolge anzitutto una funzione basilare di servizio alla ristorazione italiana in Italia e nel mondo per preparare risorse umane idonee nell’era della globalizzazione. Sono 14 le Scuole internazionali collegate con ALMA da Canada, Usa, Messico, Brasile, Cina, Corea, Giappone, Malesia, Sud Africa, Turchia, Australia, che inviano i loro studenti a Colorno per imparare all’origine l’autentica cucina italiana. L’altro ruolo fondamentale è nei confronto degli allievi e delle loro famiglie che sostengono il costo del corso (ALMA non ha sovvenzioni statali o regionali, ma si regge sulle rette): il prestigio guadagnato dalla Scuola e la qualità della preparazione professionale consente a tutti i diplomati di ALMA di trovare rapidamente lavoro o di aprire essi stessi un’attività. E in nove anni di vita della Scuola ormai sono qualche migliaio.
È in corso una riscoperta poli-sensoriale del cibo, una sua valorizzazione culturale, estetica, artistica, oltre che salutistica. E’ una moda, secondo Lei, o un fenomeno destinato a durare e crescere?
Non è una moda, a mio parere, perché viene dalla evoluzione culturale dei popoli man mano che si vanno definendo i caratteri dell’identità. Il fenomeno ha manifestato un forte sviluppo dapprima in Francia (Escoffier, Careme, Brillat-Savarin…) 150 anni fa, ha preso corpo in Italia agli inizi del Novecento con Pellegrino Artusi per esplodere poi negli anni ’70-80 per le innovazioni di Gualtiero Marchesi che ha portato la cucina italiana alla modernità. Oggi escono in Italia due libri di cucina al giorno, per non parlare di cinema, televisione, talk-show… Il fenomeno non è solo europeo; America, Giappone, Cina seguono. Il fenomeno è di fondo perché il cibo e le sue manipolazioni fanno parte della cultura diffusa delle popolazioni e perché nella preparazione del cibo entra in gioco l’estro, la creatività (l’arte?) dei protagonisti. Ovviamente la rivoluzione avvenuta nel mondo dell’informazione e dell’intrattenimento ha favorito la comunicazione e la mitologia attorno al cibo e ai suoi attori.
Che tipo di cucina promuove ALMA? Si può parlare di cucina italiana così come si parla di cucina francese, o il nostro Paese è troppo frammentato anche dal punto di vista gastronomico?
ALMA insegna la cucina italiana, cioè la cucina regionale del nostro Paese, così com’è praticata oggi nei vari territori, chiamando a dimostrarla e testimoniarla i cuochi più rappresentativi. In aprile 2012 ALMA ha pubblicato il libro “Gusto Italiano” con profilo e ricette (377) di 75 grandi Cuochi che sono passati da Colorno a lasciare le tracce delle loro esperienze. Attraverso queste modalità si promuovono anche i prodotti tipici, che sono vera forza per la nostra cucina, i vini e tutte le specialità gastronomiche che sono patrimonio inestimabile del nostro Paese, che in particolare gli allievi stranieri non scorderanno più. Un insegnamento obbligatorio in tutti i corsi è quello di storia e cultura della gastronomia italiana. Naturalmente si approfondiscono le tecniche di cucina con l’aggiornamento delle nuove tecnologie che oggi facilitano e migliorano tante operazioni. La frammentazione del nostro panorama gastronomico non impedisce agli stranieri di cogliere l’italianità dello stile italiano in cucina fatto di grande gusto, qualità degli ingredienti, semplicità delle preparazioni, sapienza degli abbinamenti.
Chi frequenta i corsi di ALMA? Che percorsi professionali seguono i diplomati?
Anzitutto diplomati degli Istituti Alberghieri di tutte le Regioni italiane, poi diplomati dei licei, degli Istituti tecnici e professionali con una quota non trascurabile di laureati o giovani che abbandonano l’Università. L’età media è sui 22-25 anni, ma non mancano allievi di 35-40 anni, persone che cambiano professione. Per chi non proviene dagli Istituti Alberghieri è obbligatorio un corso propedeutico di due mesi per essere poi ammessi al Corso Superiore di cucina italiana, che dura 10 mesi. Gli allievi del corso di cucina sono per l’80% maschi, mentre nel corso di pasticceria la ripartizione per sesso è 50-50. Il percorso professionale successivo è in proporzione a talento, ingegno, aspirazioni. Quello che è certo è che si apre per questi ragazzi un mondo di opportunità professionali ampio, interessante. Inimmaginabile prima. Alcuni lavorano nel ristorante di famiglia, gli altri trovano facilmente lavoro in Italia o all’estero. Un terzo viene assunto durante lo stage.
Perché in questo momento stanno riscuotendo tanto successo i programmi televisivi, i libri e le rubriche giornalistiche che trattano di cibo?
E’ un po’ come per il calcio: tutti si sentono di dire la loro sul cibo… Sono molti comunque i veri appassionati, che leggono, si documentano. C’è poi la facilità che ognuno può impegnarsi ai fornelli a casa propria e… sperimentare per diletto personale o per stupire gli amici. Tra i cuochi, in tutte le Regioni si sono affermati dei veri personaggi, un po’ attori ma anche veri creativi, che lavorano ai confini dell’arte. Alcuni hanno imparato a calcare le scene. Questo stuzzica la curiosità e stimola i confronti. Torniamo al punto: in Italia è un fatto di cultura diffusa. E non solo in Italia.
Come sta evolvendo la nostra cucina nel tempo?
Il panorama culinario italiano dopo Pellegrino Artusi (fine ‘800-primi ‘900) è rimasto ingessato fino agli anni ’70, quando è apparso sulla scena l’astro di Gualtiero Marchesi, che ha messo in moto l’innovazione e la modernizzazione della nostra cucina. Da allora è stato tutto un rincorrersi di ”rivisitazioni” e anche di vera innovazione. Oggi la cucina italiana è molto dinamica, più attenta alla salute, sensibile sul piano estetico nelle presentazioni dei piatti, perfettamente in linea con il percorso che hanno fatto le grandi cucine internazionali, come quella francese, giapponese e ora anche cinese. Ora i “maestri” italiani sono apprezzati e ricercati in tutto il mondo e ALMA è dentro, a pieno titolo, a questa evoluzione.
Enzo Bianchi, Priore del Monastero di Bose, ha affermato che la cucina è il luogo in cui la natura incontra la cultura. Secondo Lei, mangiare bene è un atto solo materiale o ha anche implicazioni morali?
Sulla cultura sono d’accordo con il Priore di Bose. Non disturberei invece la morale, perché noi occidentali andremmo subito in crisi (il dramma dell’Africa…)
Quali sono i rischi e le opportunità della cucina italiana oggi? Cosa minaccia di più le nostre tradizioni culinarie e quali chance possiamo ancora cogliere?
Non vedo rischi: il successo della cucina italiana cresce in tutto il mondo. In Italia c’è il rischio prezzo/qualità, ma su un altro fronte si va affermando la cucina d’autore, dove il marchio di garanzia è quello del cuoco di talento, che alle doti naturali ha aggiunto quelle di cultura e professionalità. Sono i capofila, spesso giovani, presenti in tutti i territori.