Così è la Moda:l’uguaglianza nella diversità
Tra i pensatori che si sono occupati del fenomeno della moda con più finezza psicologica ed acume filosofico spicca senza dubbio il tedesco Georg Simmel (1858-1918), da cui l’esistenzialismo novecentesco fu largamente influenzato.
Simmel notò nella moda, innanzitutto, un paradosso di fondo: essa è “una delle tante forme di vita con le quali la tendenza all’eguaglianza sociale e quella alla differenziazione individuale ed alla variazione si congiungono in un fare unitario” (cfr. il saggio “La moda” pubblicato nel 1911 in “Philosophische Kultur”). Ma questo paradosso è, a ben vedere, solo apparente. Vediamo perché.
Convinto che anche il più piccolo evento della vita quotidiana debba essere analizzato filosoficamente, Simmel fu un “impressionista” nello studio delle varie forme dell’esistenza (come rilevò con elegante immagine il grande critico György Lukàcs) e questo suo metodo di indagine gli permise di maturare l’idea di un mondo basato su ineluttabili contrasti. Ciò è quanto mai palese nella definizione data della moda, da cui emerge come l’agire di ogni gruppo umano è frutto di una tendenza positiva alla cooperazione e di una negativa al conflitto, ma sia l’una che l’altra non sono altro che nostri giudizi, formulati per la mera ragione che non cogliamo l’unità profonda degli impulsi sociali.
Per Simmel la moda rappresenta un osservatorio privilegiato (assieme a quella che potremmo chiamare “civetteria”, un tema a cui egli dedicò un altro mirabile saggio) della vita nella sua polifonia e policromia di espressioni. Pertanto, lungi dall’essere considerata un’arte minore e priva di interesse speculativo, va assolutamente “presa sul serio”, esaminata con cura e perfino temerarietà, senza pregiudizi, da sociologi e filosofi.
La moda può apparire inutile, scomoda o addirittura brutta, appartiene comunque sempre e solo ad un certo gruppo, mai a tutti: se una classe cerca di imitarne una superiore, questa abbandona subito il modo di vestire e di comportarsi che fino a quel momento le era stato proprio. D’altro canto, Simmel riscontra che la moda “è tanto più apprezzata all’interno di una cerchia sociale quando non ne costituisce un prodotto”.
Da un punto di vista strettamente filosofico, il contributo più significativo che Simmel offre alla comprensione del concetto di moda ci sembra la conferma dell’uguaglianza reciproca: in ogni gruppo ciascun membro finisce per imitare ciascun altro, trovando in ciò la propria identità. Così, un abito di un determinato stilista o un certo taglio di capelli o un particolare profumo assurgono a “totem” a cui i singoli individui attribuiscono la coscienza di essere parte integrante di quel preciso collettivo, essendo dal medesimo accettati. E’ evidente che questo vale anche in negativo, implicando l’esclusione di tutti gli altri gruppi. E il cerchio logico si chiude con la considerazione che se gli altri sono diversi da noi, allora noi siamo veramente noi!
E’ allora dimostrato che l’abito di un determinato stilista o il certo taglio di capelli o il particolare profumo a cui si accennava sopra costituiscono elementi di uguaglianza e di disuguaglianza in simultanea, con l’una che presuppone l’altra e viceversa.
Simmel compie un ulteriore passo in avanti intuendo che, una volta raggiunta l’uguaglianza e l’identità nel gruppo, l’individuo “si libera dal tormento della scelta”, dal momento che molte delle sue decisioni sono assunte a priori nella reciproca imitazione. Dunque il singolo, forte dell’appartenenza al gruppo e sollevato di molte responsabilità, può “crearsi una sfumatura personale” ed una propria differenza individuale, sia intensificando alcuni aspetti della moda sia rigettandoli in toto.
Ne consegue che questo meccanismo volto all’imitazione ed all’uguaglianza finisce per generare tanto differenze collettive fra gruppi quanto differenze individuali all’interno del singolo gruppo. In questo modo torniamo all’assunto simmeliano di partenza, il quale può essere applicato in realtà a “tante altre forme di vita”, acquistando una portata più vasta e più alta specialmente se riferito all’idea di appartenenza politica. In fondo, così nella società come nella moda, siamo tutti uguali perché siamo tutti diversi. Il senso ultimo di ogni discorso filosofico, pure del più complesso, risulta sempre di una semplicità disarmante una volta raggiunto: W la moda di pensare!