Creare a vent’anni
“I lavori manuali rappresentano la vera opportunità per noi giovani. Abbiamo voglia di sporcarci le mani, di toccare la materia, di essere accanto agli artigiani”.
È quasi emozionante ascoltare la “freschezza” di un’affermazione come questa!
Sono due giovani ragazzi bolognesi a pronunciarla. Due menti pronte a sfidare l’omologazione imperante per mirare all’eccellenza.
Un marchio di calzature -nato nel 2016- dal nome particolare, apparentemente “strano”: FANGA.
Un nome che attinge dal dialetto della loro regione -l’Emilia Romagna- e che significa “Scarpa”. Un prodotto che Lorenzo Fusina e Bruno Riffeser Monti -così si chiamano i due sveglissimi imprenditori- desiderano possa esprimere in toto l’essenza di quel saper fare che il Made in Italy conosce così bene.
Nelle loro “creature” -sia maschili che femminili- interamente “costruite” a mano che all’ultima edizione di Pitti Uomo per la P/E 2018 hanno fatto bella mostra di sé, trapela, oltre al piacere estetico di cui si gode nell’ammirarle, il valore sotteso che ne deriva pensando a “quel che sta dietro” a questa ventata di bellezza -Stendhal così chiamava il nostro “Bel Paese”-.
Di certo, per puntare al futuro -e al senso del proprio lavoro (e forse anche della propria vita!)- partendo dalla tradizione, serve che -per dirla come il filosofo Carlo Sini– “ci siano condizioni che, quanto meno, invitino alla scelta e promuovano e premino certe scelte rispetto alle altre”. Sì, perché “…..prima di scegliere, in certo modo, si è scelti e nessuno può scegliere ciò che è del tutto assente o lontano dalle sue esperienze….”. E ancora…..“Occorre il coraggio di scegliere e di lasciarsi scegliere da ciò che una volta ci ha toccato, che ha suscitato una luce e una speranza, il senso di una possibilità…”.
Dunque, padroni del proprio gusto, delle proprie conoscenze, del proprio attaccamento al “bello e ben fatto”, ecco la voglia di mettere al mondo e toccar con mano il frutto di questo impeto creativo.
Nella progettualità dei due giovani stilisti c’è il meglio delle basi fondamentali per spiccare salti inusuali: l’amore per le origini -lo dimostra tantissimo quel voler ripescare etimologie antiche per definire il brand!-, la passione per i dettagli -creati e personalizzati in maniera esclusiva con positiva “pignoleria” (spesso le scarpe vengono accessoriate con particolari unici e preziosi per renderli ancora più distintivi)-, la tenacia e la forza dell’attesa -perché solo così, con la pazienza, i ritmi lenti, i riti artigianali ripetuti, si arriva a risultati che sfiorano l’opera d’arte (“la vera arte è un lavoro di amore e gioia”, sostiene con enfasi lo scrittore Roger Scruton nel suo ultimo testo “On Human Nature” -ma non bisogna avere fretta, aggiungiamo noi-)-.
Incredibile scoprire come ogni pezzo venga realizzato in modo magistrale “a mani nude”, vale a dire senza l’uso di macchinari, e meraviglioso prendere atto che riportare la centralità dell’uomo nel processo produttivo dà risultati inimitabili.
Alle spalle di ogni modello, di ogni foggia, di ogni materiale, di ogni cucitura, di ogni ricamo….si intuisce qualcosa che riporta al concetto di relazione, di condivisione, di progetto comune, di cultura trasversale, di legame diffuso, di scambio di saperi…..
Fibbie discrete su pellami “di carattere” come i vitelli in crust rifiniti a mano e i vitelli rovesciati; piccoli monili preziosi riconoscibili come propri da committenti raffinatissimi su pellami pregiati come la razza e l’alligatore; sfumature di colore ricercate e ottenute con minuziosa maestria.
Tutto insomma studiato e promesso per rispondere a una tensione, a un’esigenza, a una necessità profondamente umana. Quella di essere partecipi della bellezza, in qualunque forma essa si sveli.
C’è un bellissimo romanzo, scritto da poco, di un giovane narratore/poeta, Alessandro Barbaglia, che racconta la meraviglia di recarsi in un luogo (“La locanda dell’ultima solitudine”, il titolo del libro) prenotato dieci anni prima.
Un vero e proprio atto di fiducia verso il futuro, proprio come solo i giovani, vera linfa energetica a volte purtroppo poco considerata, riescono a tradurre in realtà.
“È tutta in legno, la Locanda, alterna le pareti scure alle finestre piene di luce da cui entra sempre un po’ di vento. È fatta di poche stanze e una sola certezza: se sai arrivarci, facendo tutto quel sentiero buio che ci vuol poco a perdersi, quello è il posto più bello del mondo”……
Metafore “calzanti”….. per stare in tema…..