Curiosando qua e là
E’ molto nota in tutta l’America Latina (ma lo è diventata anche in Italia in ambito fashion)la Cali ExpoShow, fiera dedicata a “salute, bellezza e moda” che ha luogo ogni anno a Cali, città rinomata per le sue bellissime donne (molte Miss provengono da qui), ma anche, purtroppo, per l’alto tasso di criminalità. Da qualche anno protagonisti di questo evento spettacolare sono gli stilisti italiani: se nel 2010 era stata la volta di Roberto Cavalli, nel 2011 gli ospiti d’onore sono stati i due marchi Alberta Ferretti e Moschino.
I nostri designer, in effetti, si stanno rendendo conto che i Paesi sudamericani, grazie ai loro alti tassi di crescita, la loro voglia di emergere, la notevole cultura e il culto dell’estetica, possono diventare una relativamente facile terra di conquista, prima di spingersi a tutti i costi su un mercato ostico come quello cinese. Sulle passerelle di Cali per 4 giorni hanno sfilato decine di modelle locali – perfette, in carne al punto giusto, come ai defilé di Parigi, Milano, New York è molto raro vederne – indossando capi della prossima Primavera/Estate di Ferretti e Moschino (per lo più ispirati al mondo latino) e una serie di pezzi d’archivio degli anni passati.
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Stupire o persuadere? Strategie di lancio di un nuovo stile nel settore della moda”: è questo il tema di recenti studi condotti dai docenti bocconiani Irene Scopelliti, Paola Cillo, David Mazursky, i quali hanno preso in considerazione le modalità per accelerare l’accettazione del nuovo da parte del mercato e per introdurre innovazioni più efficaci di altre. Mediante due ricerche sperimentali, i tre professori hanno cercato di fornire risposte oggettive (benché circoscritte al campo della percezione visiva), evidenziando in particolare l’importanza strategica delle decisioni in contesti dove il successo è strettamente legato alla rapidità d’azione ed alla prontezza dei clienti nel recepire le novità di stile. Lo studio accademico ha mostrato, inoltre, che è possibile migliorare la valutazione di un nuovo design nel settore moda esponendo il consumatore ad una versione “esagerata” del medesimo. Gli esiti delle ricerche di Scopelliti-Cillo-Mazursky sono pubblicati sulla rivista “Economia & Management” del 17/11/2011.
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Battezzata la “enfant prodige” della moda, la 26enne Francesca Liberatore ha recentemente aperto il suo primo show-room a Roma nei pressi di Piazza del Popolo. La giovane stilista, che ha alle spalle solidi studi alla Central Saint Martins di Londra ed ha già conseguito numerosi premi (tra cui il Next Generation 2009), ha iniziato l’avventura internazionale nel fashion system lavorando per brand come Viktor&Rolf, Jean Paul Gaultier, Brioni, ed ora non solo insegna in varie scuole di moda a Milano (all’Accademia di Belle Arti di Brera, allo IED, alla NABA), ma è pure impegnata nel Fashion Project al Moulin Rouge (per cui ha lanciato una linea di foulard e magliette) e sta preparandosi a sbarcare in Russia, decisa ad espandere sempre più l’attività all’estero. Benché così giovane,la Liberatoreè alla sua quarta stagione sulle passerelle di Milano Moda Donna e ormai è decisamente molto più di una ” brillante promessa”: la sua è una moda fresca, pratica, di grande impatto e fascino per le immagini e le sensazioni che evoca, ispirate a mondi lontani.
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Coniugare la moda con la disabilità si può, e l’ha dimostrato egregiamente l’evento “Moda e disabilità” svoltosi alla Cascina Bellaria di Milano il 3 Dicembre scorso, Giornata Mondiale della Disabilità, promosso da Atlha onlus. In particolare Atlha – l’Associazione Tempo Libero Handicappati che opera per favorire la più ampia integrazione sociale delle persone disabili (Presidente Onorario è la top-model Naomi Campell) – con Laura Boerci ha organizzato la tavola rotonda “La normalità della bellezza nella moda, tra canoni e diversità”, in cui si è ragionato su come la moda possa usare la sua energia creativa ed il suo spirito provocatorio per valorizzare ogni diversità. Non è mancata una sfilata con modelli e modelle disabili che hanno indossato abiti “senza barriere”, casual, comodi e belli, oltre che di alta qualità, realizzati tenendo conto delle personali esigenze delle singole persone. Così, è stata lanciata una vera sfida etica al mondo fashion, sensibilizzandolo all’istanza di avvicinarsi ai bisogni di tutti, aprendo nuove opportunità su mercati finora inesplorati e quindi stimolando interessanti sviluppi economici. Come ha dichiarato il Presidente di Atlha Lino Brundu, “La moda abbia il coraggio di rispecchiare una società che comprende anche le persone con diversità, le quali vogliono viaggiare e divertirsi e vestire alla moda”. L’iniziativa ha consentito pure di visitare la mostra fotografica “La Femminilità è donna” di Cinzia Rossetti (in collaborazione con l’Associazione “Cinzia per Botticino”).
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“Coats!”, la mostra itinerante che ripercorre i 60 anni di storia di Max Mara, prestigioso gruppo industriale del fashion system italiano, fa tappa al Museo Lenin di Mosca, dopo essere sbarcata nei mesi scorsi a Berlino, Pechino e Tokyo. Curata da Adelheid Rasche, direttrice della Sammlung Modebild di Berlino, la rassegna ora si propone di raggiungere i mercati più emergenti e dinamici per raccontare i valori di uno tra i più importanti marchi del made in Italy attraverso le idee creative, i capi d’abbigliamento, le immagini che ne costituiscono il patrimonio ideale e materiale. L’esibizione ruota attorno al capospalla per eccellenza, quel cappotto che concentra in sé molteplici significati: la Rasche lo definisce “la prosecuzione più intima della nostra casa, la nostra più morbida corazza”, ricordando che Flaubert lo descriveva come “una carezza che non solo ci protegge per strada, ma ci illumina come una vetrina ambulante agli occhi dei passanti”. In effetti, il cappotto di Max Mara è un indumento iconico che concentra in sé tutta l’artigianalità, la passione per i tessuti, l’amore per il dettaglio, di persone dalle forti radici, a cominciare dal fondatore Achille Maramotti, che negli anni ’50 da Reggio Emilia lanciò al mondo la sua “visione”, fondata sull’idea di applicare i metodi di produzione americana al buon gusto ed alle stoffe made in Italy. Nell’ambito della mostra grande rilievo è dato al “mitico” modello 101801 (disegnato nel 1981 da Anne Marie Beretta), perfetto perché rappresenta il trionfo della neutralità e, in quanto tale, è diventato un classico dell’eleganza italiana.