Curiosità di moda (parte prima)
Da stilista dei personaggi dei videogiochi a vera designer di moda, pronta a lanciare un propria collezione di abiti, da vendere online. Lei è la bella Fiona Cribben, irlandese trapiantata per amore a Reykjavik in Islanda, che svolge una professione forse sconosciuta ai più: disegna l’abbigliamento di Eve online, uno dei videogames fantascientifici più diffusi al mondo, dopo essere stata assunta dalla società CCPGames, colosso del settore giochi fondato nel1997, a cui Fiona aveva proposto il suo post-moderno mestiere.
La cyber-designer crea i costumi di Eve con una specie di pennarello elettronico, e per le sue idee sembra trarre frequente spunto dai suoi stilisti preferiti: Ann Demeuleneester, Gareth Pugh, Rick Owens.
Fiona, che legge “Vogue” quasi fosse la Bibbia, ha iniziato giovanissima la sua attività come stilista vera, in un vero atelier di New York, creando abiti veri.
E adesso per i fans del videogame Eve online, ambientato nell’anno 23341 dopo Cristo in un mondo popolato da cinque razze post-umane in costante conflitto fra loro, è tornata e realizzare abiti e accessori tangibili ispirati a quelli virtuali, ovvero cose molto dark, con abbondanza di pelle nera, cerniere, fibbie.
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Secondo gli esperti, nel 2015 la Cina sarà il secondo mercato di consumo al mondo e le sue donne cambieranno status, conquistando potere e capacità economica, tanto che già oggi la metà delle più ricche del pianeta è cinese! Tutto ciò avrà conseguenze sostanziali per le aziende della moda che vogliono intercettare la passione dei Mandarini per lo shopping. Alcuni brand occidentali in realtà si stanno preparando da tempo, come ad esempio Prada che negli ultimi anni ha investito parecchie risorse nel mercato del Celeste Impero (oltre a quotarsi alla Borsa di Hong Kong).
Le stime parlano di 535mila miliardari cinesi già adesso (quelli asiatici in totale sono 3,3 milioni a fine 2010, ormai più numerosi di quelli europei). L’anno scorso il business del lusso nel Paese che fu di Mao è aumentato del 23% (solo il 7% quello del Vecchio Continente) e alle ultime sfilate milanesi un giornalista su tre aveva gli occhi a mandorla.
Altri dettagli dal mondo dei media che rendono l’idea di cos’è già oggila Cina: l’unica edizione maschile della rivista “Elle” è nata a Pechino e “Figaro” sta per lanciare “Paris chic” in lingua cinese, con servizi che spaziano dalla moda alla cosmesi, dalla gastronomia al “savoir vivre”. Sarà distribuito sia nella capitale francese (per i turisti e gli uomini d’affari asiatici) sia in quella cinese.
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Tra le nuove tendenze che impazzano tra le giovani parigine vi è quella definita “Lolita”, che comunque ha poco a che vedere con la provocante teen-ager del romanzo di Nabokov. Si tratta di una sottocultura nata in Giappone alla fine degli anni ’90, la quale si ispira a band musicali in abiti femminili vittoriani (il non plus ultra del genere è considerato Mana, leader dei Malice Mizer, oggi Moi Dix Mois). Ormai non si contano nel mondo le linee di abbigliamento create appositamente per queste adolescenti inquiete, che in Europa hanno i loro negozi di riferimento a Parigi. Qui si trova, ad esempio, uno dei marchi più celebri: “Baby, the Stars Shine Bright”.
Lolita non è solo un modo di vestire, ma una sorta di filosofia di vita, che trae origine dal desiderio di vivere in un mondo onirico, lontano dalle brutture della realtà e tutto rivolto ad un passato mitico: quello dei castelli e delle principesse, delle feste in costume e dei balocchi infantili.
Le Lolite aspirano a somigliare a bambole di porcellana o, se si preferisce, ad Alice nel Paese delle Meraviglie, indossando gonne a ventaglio sbuffanti di crinolina, sottogonne voluminose, merletti, camicette con fiocchi e gale, gilet e calzettoni colorati, grembiulini e ombrellini di pizzo, capelli coi boccoli, scarpe con para che arriva ai15 centimetri. Le Lolite sono in genere di buona famiglia, non dicono parolacce e tornano a casa presto la sera. Ma ci sembrano un po’ troppo “pupattole” senz’anima.
Qualcuno consiglierebbe ai loro genitori di portarle da un buono psicologo, mentre qualcun altro attorno ad esse fa ruotare un ricco business.
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Nei sontuosi appartamenti del Grand Trianon a Versailles è stato possibile visitare fino al 9 Ottobre una mostra davvero squisita, dedicata all’influsso che gli abiti settecenteschi hanno esercitato sulla moda contemporanea. L’esposizione, a cui è stato dato il titolo “Le XVIII au goût du jour. Couturier et créateurs de mode au Grand Trianon”, documenta attraverso cinquanta modelli creati da grandi designer del XX secolo il dialogo continuo che essi hanno intrattenuto con i costumi e gli accessori della Francia pre-rivoluzionaria. Emerge chiaramente, in particolare, l’incidenza delle idee illuministiche sul lavoro di stilisti come Jean Paul Gautier, Karl Lagerfeld, le sorelle Boué, Vivienne Westwood, Pierre Balmain, Nicolas Ghesquiere per Balenciaga, Christian Dior, Alexander McQueen per Givenchy, Olivier Theyskens per Rochas.
Tra i favolosi capi proposti in rassegna al Grand Trianon, si può persino ammirare una serie di abiti in raso della regina Maria Antonietta, in taffetà e seta, nonché uno dei vestiti indossati da Kirsten Dunst nel film “Marie Antoinette” di Sofia Coppola. E’ il trionfo, quindi, di pizzi e merletti, ricami d’oro, decori fantasiosi, tessuti ricercati, volumi e colori.
Tutti i pezzi della scenografica mostra “orchestrata” da Masao Nihei, che è perfettamente riuscito nell’intento di armonizzare antico e contemporaneo, provengono dalle prestigiose collezioni del Museo Galliéra e fanno rivivere i fasti modaioli e culturali tout court di personaggi femminili quali Madame de Pompadour e Madame Du Barry, così come delle tante maliziose aristocratiche della corte di Versailles a cui tanto cinema e tanta letteratura dei secoli dopo hanno attinto.