Diamantissimi
Un omaggio all’incanto della natura, ma anche a chi da essa ha saputo trarre il meglio con la perizia del lavoro: questo intendiamo proporVi nell’articolo che state per leggere, in cui protagonisti assoluti sono i diamanti più famosi di tutti i tempi. Passeremo in rassegna, quindi, alcune autentiche “opere d’arte”, gemme da sogno per le quali gioiellieri e tagliatori hanno svolto un ruolo importante apportandovi un tocco di “magica” maestria che ne ha esaltato le pur altissime qualità naturali. E come è facilmente intuibile, quando si tratta di oggetti eccezionali, spesso la storia reale si fonde con la leggenda e la fantasia, aprendo l’orizzonte su personaggi comunque straordinari, siano essi sovrani o avventurieri.
Iniziamo il nostro originale percorso tra le preziose pietre dal misterioso quanto meraviglioso Orloff, pietra da 189.6 carati oggi conservata a Mosca nel Museo del Cremlino. Montata sullo scettro dell’Imperatrice Caterina di Russia, che lo ricevette in dono come pegno d’amore dal Conte Grigori Orloff, essa è per lo più avvolta nel mito, in quanto i dati certi sono relativi solo agli ultimi due secoli. In virtù della sua inconfondibile forma “a uovo di piccione tagliato a metà”, l’Orloff dà adito a varie congetture sulla sua origine, senza escludere l’identificazione con il Gran Mogol, il diamante indiano più celebre al mondo, del quale tuttavia oggi si sono perse le tracce. Tale ipotesi sarebbe avvalorata non solo dalla sagoma e dalla struttura simile delle sfaccettature, ma anche dal fatto che la storia del Gran Mogol sembra non avere una fine, mentre quella dell’Orloff sembra non avere un inizio. Il primo a raccontare del Gran Mogol in Europa fu il noto viaggiatore francese Jean-Baptiste Tavernier, che ne indicò l’appartenenza allo Scià Jahan. La gemma fu tagliata a Venezia da Ortensio Borgis nel 1650, ridotta da 787.5 carati a 279, con uno scarto tale che Borgis, il quale mirava con ciò ad ottenere la massima brillantezza incurante del peso, venne addirittura multato. Da allora il Gran Mogol si è come volatilizzato, mentre altrettanto enigmaticamente comparve l’Orloff ad Amsterdam pochi decenni dopo. E la leggenda continua…
Un altro dei diamanti più singolari sulla Terra è l’Hope, di colore blu intenso come uno zaffiro, rinvenuto a Golconda in India agli inizi del Seicento. Le dicerie popolari lo dipingono come portatore di cattiva sorte, ma le sue vicende sono in realtà legate solo a fasti ed a grandi personaggi. Il succitato Tavernier, che fu anche esperto collezionista di diamanti, lo vendette nel1669 a Luigi XIV per una caratura di 110.5, ma il Re Sole se ne stancò presto decidendo di sacrificarne la forma originaria. Da esso nacque una splendida pietra cuoriforme del peso di oltre 67 carati, battezzata “Grand Bleu de France”. Trafugato da un museo negli anni del Terrore dopo il crollo della monarchia, il prezioso oggetto non è più stato rivisto nella sua forma originale. Probabilmente venne tagliato e la gemma da 45 carati dipinta da Francisco Goya in un quadro raffigurantela Regina spagnola Maria Luisa potrebbe esserne parte. Inoltre, ai primi dell’Ottocento sul mercato londinese fece la sua comparsa un enorme diamante blu, poi acquistato da Henry Philip Hope, dal quale prende oggi il nome. Rivenduto nel1910 a Cartier e quindi ad un’ereditiera americana, è stato infine acquistato da Henry Winston e donato allo Smithsonian Institute di Washington.
Prediamo in considerazione adesso un’altra pietra da “mille e una notte”: Idol’s Eye, ovvero l’occhio dell’idolo, di 70.20 carati. La leggenda vuole che appartenesse al tesoro favoloso del Principe persiano Rahab, ma la sua prima apparizione documentata avvenne a Londra presso Christie’s nel 1865. Gemma dalle rare sfumature celestine e di eccezionale limpidezza, fu trovata a Golconda a fine Seicento e due secoli più tardi il Sultano Abd al-Hamid II, rapito dalla sua bellezza, volle conservarla incastonata nell’occhio di un idolo a Bengasi, fino a quando, messo all’asta e subito eclissatosi, ricomparve nel 1946 indossato dall’eccentrica mecenate americana May Stanton, che se ne adornava in solitudine ogni mattina a colazione nella sua sfarzosa villa ispirata al Trianon di Versailles. Alla sua morte poi nel 1962, tutti i beni della Stanton, Idol’s Eye compreso, furono battuti all’asta a favore di associazioni benefiche.
Regent: la storia di questa pietra da 140.50 carati che in origine ne pesava 410, è indissolubilmente legata alla Francia. Dotata di trasparenza unica e di un delicato colore blu, fu rinvenuta nel 1701 a Golconda e portata in Europa dal Governatore inglese di Madras, Thomas Pitt, che dovette affrontare rocambolesche avventure durante il viaggio di ritorno in patria, tanto da dover giustificare l’acquisto per lettera al Re. Due anni occorsero all’abilissimo tagliatore Joseph Cope per rifinire la gemma, peraltro con risultati eccezionali. Pitt, ossessionato dall’idea di un eventuale furto, non dormì mai due notti di seguito sotto il medesimo tetto, finchè logorato dalle preoccupazioni non decise di rinunciare al suo Regent, vendendolo a Luigi XV di Francia che lo elesse a simbolo della grandeur nazionale. Prediletta anche da Napoleone e dai suoi discendenti, la gemma ebbe per i Transalpini un valore “affettivo” tale che fu addirittura esclusa dalla vendita dei gioielli della corona nel 1887, anche se la sua stima era di due terzi l’ammontare dell’intera collezione. Scomparso da un Museo e fortunosamente ritrovato in una soffitta di Parigi, il Regent è oggi esposto al Louvre.
Splende some un Sole sulla Corona della Regina Madre ed è parte del tesoro britannico dal 1849, anno di annessione del Punjab: è lo straordinario Koh-I-Noor, Montagna di Luce nella traduzione, diamante da sempre considerato “al di sopra di ogni prezzo”, date anche le sue dimensioni, pari a 279 carati allo stato grezzo. Secondo una credenza ampiamente diffusa nel 1300, il possessore di tale gemma dal valore “mistico” sarebbe stato invincibile per potenza ed avrebbe addirittura governato il mondo. Anche la storia del Koh-I-Noor è ricca di fascino e di mistero e se la mitologia fa risalire la sua origine a prima di Cristo, i documenti disponibili riguardano solo gli ultimi 250 anni. Appartenente ai sovrani Moghul in India nel Trecento, nel 1547 fu inviato in dono allo Scià di Amnednagar e, per vicende belliche, nel 1739 finì nel bottino dello Scià di Persia Nadir assieme al famoso Trono del Pavone. Vedendolo, il sovrano persiano avrebbe appunto esclamato: “Koh-I-Noor!”. Nel 1850 la gemma fu poi consegnata nelle mani della Regina Vittoria, che la fece tagliare dal maestro Coster di Amsterdam per aumentarne la brillantezza. Nel 1937 il diamante venne definitivamente incastonato nella corona della Regina Madre ed è tuttora visibile nel Museo della Torre di Londra. Pochi anni fa la celebre pietra è anche salita alla ribalta della cronaca “giallo-rosa” per la curiosa rivendicazione di essa da parte di un anziano scozzese che, proclamatosi discendente della dinastia Moghul, intendeva dimostrare la legittimità della sua pretesa sottoponendosi addirittura alla prova del DNA!
In rapida sintesi, dopo aver passato in rassegna i più celebrati diamanti del mondo, concludiamo con una panoramica su altri pezzi pregiatissimi e comunque molto noti: come non ricordare, ad esempio, due “omaggi d’amore” quali il Niarchos I (128.25 carati) a goccia, acquistato dall’armatore greco Stavros Niarchos per la moglie Charlotte Ford, oppure il Taylor-Burton (69.42) donato nel 1967 da Richard Burton alla splendida moglie Liz Taylor? Potremmo poi citare lo strepitoso Cullinan II (317.40) di lucentezza senza eguali, incastonato nella corona inglese, che nel 1905 è stato ricavato con altre 8 gemme da una pietra grezza sudafricana reputata la più grande al mondo; il “colossale” Cullinan I (530.20), tagliato a goccia, montato sullo scettro del Re d’Inghilterra, tratto da una pietra di 3106 carati (quasi sei etti); lo Star of the East (100 carati) acquistato dal Re Faruk d’Egitto; lo Star of the South (128.80), la cui fama è legata alla sua casuale scoperta nel 1850 in Brasile da parte di una schiava che, grazie a questo colpo di fortuna, ottenne la libertà; il Lesotho I (71.73) estratto da una pietra di 601.25 carati rinvenuta fortuitamente nel 1967 dalla Signora Ramaboa, moglie di un cercatore, nello Stato africano del Lesotho appunto; il Great Chrysanthemum (104.15) a forma di goccia con 189 faccette, apprezzato anche per il suo fantastico color miele, che al taglio ha rivelato una pregiata tonalità marrone-dorata; lo Shah (88.70), avente sensibile valore storico ed oggi nel tesoro del Cremlino, unico sia per la bizzarra forma che per le tre iscrizioni finemente incise sui lati e recanti i nomi dei sovrani orientali che lo possedettero dalla fine del Cinquecento; il White Golgonda (102.70), così chiamato dal nome della miniera indiana di provenienza, di cui si dice essere il diamante più perfetto, luminoso e straordinariamente bianco mai visto; il Queen Frederica di due soli carati, ma di notevole interesse, poiché tagliato come portaritratti con inciso il profilo di Frederica Louise Wilhelmina, consorte di del primo Re d’Olanda Guglielmo I; il mitico “Corona della Luna”, ovvero Taj-I-Mah (146) dal particolare taglio a rosa, custodito nella collezione del tesoro dell’Iran..
E potremmo continuare nell’elenco di altre meraviglie che, piccole o grandi che siano, ricche di storia e di valenze o meno, appartenenti a personaggi noti o meno, quando sono diamanti ben rifiniti, sono comunque degni di stima e ammirazione.