“Difendendo” Settembre
“Buon anno!”
Che stranezza sentire come saluto di commiato questo augurio alla fine di agosto!
E sentirlo sulla spiaggia, con la pelle bagnata dall’acqua di un ultimo bagno e i capelli scomposti da un vento di tramontana ancora ricco di promesse.
Eppure è proprio così. La fine dell’estate chiude un ciclo. E riporta l’attenzione su quel che ci aspetta. Le giornate più corte, il sole che “muore” sempre prima, l’aria che si fa prima tiepida e poi frizzante, il colore ambrato del viso che pian piano si attenua, i pensieri che tornano ad essere turbolenti e irrequieti……
Quello stato d’animo a metà tra il malinconico e lo speranzoso, tra il nostalgico e il “desiderante”, tra il rassegnato e il reattivo.
Come se si avesse davanti una pagina bianca ancora tutta da scrivere, pronta ad accogliere pezzi di quelle sensazioni provate in modo così pieno e “vissuto”, ma ora così sfumate e quasi “difficili” da descrivere.
Si potrà dire che anche gennaio è così. Ma penso sia diverso. Credo infatti che, a gennaio, si abbia l’idea di andare verso la luce, verso una stagione che si apre, si estende, si allunga. Al contrario di ora, in cui la luce sembra invece lasciarci. Ma non è così vero.
“La sera spoglia il vento
dell’ultimo colore
e spera che il suo lento
declino sia l’amore
nostalgico del fuoco”.
Così scriveva Alfonso Gatto riguardo al mese di settembre, ricordandoci che c’è molto di buono in ciò che si annuncia dopo un periodo di euforia come quello che contraddistingue la stagione estiva.
E Guido Gozzano, forse anch’egli “preda” di quella sottile vena decadente tipica dei primi segnali d’autunno, ha mirabilmente “virato” scrivendo meraviglie come:
“Le piogge di Settembre già propizie / gonfian sul ramo fichi bianchi e neri, / susine claudie….. A chi lavori e speri / Gesù concede tutte le delizie!”
Eh sì! Nuovi frutti, nuovi gusti, nuovi sapori, nuovi colori.
Anche, più “prosaicamente”, nella moda. O nei modi di vivere il quotidiano.
Ed ecco la riscoperta dell’eleganza nell’indossare le maniche lunghe, vuoi in una t-shirt di jersey di seta crema, vuoi in una camicia di cotone bianca.
O la voglia di un piccolo cardigan avorio sopra un tubino nero -e viceversa-, nell’intramontabile gioco degli opposti. Sempre idoneo, sempre contemporaneo.
O, ancora, una botta di colore concessa ad un pullover appoggiato sulle spalle per poter trattenere su di sé il vigore dei toni accesi dell’estate, quasi a non volerla far volare via: ogni tinta con il proprio aspetto simbolico e il proprio apporto di buonumore.
E poi il conforto di una morbida scarpa chiusa, avvolgente, non solo costrittiva; in nabuk color aranciato, come certi tramonti visibili solo ora; oppure in vitello verde oliva, come certi prati non più vividi ma ancora (più) rilassanti.
E le sciarpe di mussola leggera grigio tenue accostate alla delicatezza dei beige e dei tortora di abiti e bluse, in un contrasto raffinato e decisamente femminile.
E giacche, giacchine, giacchette. Ripescate, riesumate, rivalutate. Non più percepite -come nel caldo torrido- simili a “corazze”, bensì come “rifugio” per i primi accenni di pelle d’oca….
Un bottone allacciato un po’ più su, una gonna tirata un po’ più giù.
La carezza sulle braccia ancora abbronzate di un “cashmirino” leggero lasciato finora in un cassetto ad attendere tempi favorevoli.
La ruvidezza di una lana un filo “pizzicante” che ha il compito di traghettarci nella familiarità del clima imminente.
Il piacere di ordinare un tè verde caldo al posto di una bibita ghiacciata e quasi stupirsene, come se il corpo stesso lo avesse deciso e la nostra voce avesse seguito un istinto.
La ritrovata abitudine di viaggiare con i finestrini dell’auto abbassati per sentire che l’aria è cambiata, è piacevole, e scordarsi di accendere quella condizionata.
La strana percezione di avvertire, in un fine settimana ancora al mare, la sabbia fredda sotto i piedi nonostante sia mezzogiorno, e il sorriderne.
La sorpresa di rivedere le piante sul balcone “sopravvissute” alla calura. Un po’ sciupate, d’accordo, ma pronte a ritrovare la loro freschezza e il loro splendore, dopo un nostro provvido e amorevole intervento. E i ciclamini già spuntati…….
L’improvviso desiderio di stare “a casa” -“in casa”- e invitare gli amici per ricominciare il classico rito del ritrovarsi. E raccontarsi. E condividere. Cartoline viventi, diventano le narrazioni. Micce di ilarità, gli aneddoti personali. In un reciproco “bisogno” di scambiarsi esperienze provate, immagini introiettate, emozioni vissute. E tentare così, insieme, di allontanare i fantasmi inquietanti che aleggiano sulle nostre teste e che minacciano le nostri notti.
La crisi, le preoccupazioni, la precarietà del futuro possono trovare requie in momenti come questi e possono stemperarsi un poco…..
Alle porte si affaccia una stagione nuova e aspettarla con l’idea che essa rechi sicuramente con sé anche nuove diversità, nuove modalità di reinventarsi e nuova bellezza, fa sì che la “nostra” porta si spalanchi con sereno ottimismo al suo arrivo.
“…..ti siedi e pensi e ricominci il gioco delle tue identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità….”
Così canta Guccini nella sua “Canzone dei dodici mesi”. Così egli interpreta settembre.
E “possibilità” mi sembra una gran bella parola per poter, senza troppo rimpiangere quel che già sembra mancare e che nuovamente già quasi si aspetta, guardare fiduciosamente avanti……