Digressioni sullo stile con Stefania Carrera
L’atelier da lei progettato è all’interno del cortile di un palazzo della vecchia Milano, in zona Corso Como. Vi si trovano, in un sapiente equilibrio, elementi architettonici autentici del primo “˜900 e arredi più moderni, come tavoli in metallo e strutture in acciaio satinate; sul pavimento si mescolano armonicamente anche se in contrasto, acero e parquet, pietra e cemento. Basta un’occhiata a tutto ciò per riconoscere lo stile di Stefania Carrera. Voglio dire, lo stile delle sue collezioni: sofisticato ed essenziale, moderno e lineare, la cui eleganza è giocata sulla scelta e la ricerca dei tessuti, ma il tocco fashion è ottenuto con piccoli dettagli e impercettibili raffinatezze.
Non meraviglia quindi la sua risposta alla domanda su cosa sia per lei l’eleganza.
“L’eleganza è molto difficile da descrivere, dal mio punto di vista è sobrietà ed equilibrio. Per sobrietà intendo, mettersi addosso quello che ci fa sentire bene, comodi , mai fuori luogo e tempo ed anche mai fuori età. Poi equilibrio tra il nostro fisico e l’ambiente in cui ci dobbiamo muovere: devo andare ad un ricevimento ed è il caso che io indossi questo colore piuttosto di un altro. Eleganza è adeguare l’abito alla propria personalità, senza esagerare”.
L’eleganza limpida, rigorosa, ma carica di una grande femminilità propria delle sue collezioni è completata dagli accessori che lei stessa progetta.
Quale funzione attribuisce agli accessori?
“Ho cominciato con accessori e sciarpe”.
Nel 1983 quando ebbe inizio la sua attività imprenditoriale in un piccolo studio, creava cinture e bijoux realizzati in metallo e strass; successivamente passò a disegnare e produrre borse, sciarpe e alcuni capi di abbigliamento in pelle. Ancora oggi progetta e produce alcune linee di accessori (cinture, sciarpe, cinturini per orologi e bijoux), in abbinamento alla collezione di abbigliamento.
“L’accessorio è una guarnizione di quello che noi portiamo, sicuramente è una parte importante dell’abbigliamento e di ciò che concerne l’eleganza. Esso si muove più del capo: la sciarpa si muove, il bracciale fa rumore, la collana si tocca; tutto ciò prende più vita addosso. E’ un complemento che accentua il buon gusto dell’abbinamento. E facile mettersi un bel jeans con una maglietta; è meno facile aggiungere il gioiello giusto; ma è dall’accessorio che si individua se la persona ha buon gusto, personalità e se la sa esprimere. Al contrario una maglietta e un jeans stanno bene quasi a tutti, se, però, ho una forte personalità e mi metto una fila di bracciali è un’altra cosa. Una sciarpa di lino avvolta in un certo modo e non in quello convenzionale risulta essere un dettaglio che dà, in alcuni casi, la possibilità di esprimere meglio di un capo ciò che vogliamo esprimere di noi stesse”.
Quale tipo di donna vede bene con i suoi capi?
“Non vesto le dive del cinema, vesto le donne normali, che vorrei fossero eleganti, cioè sobrie ed equilibrate. Ho anche clientela privata e da me arrivano persone normali di tutte le taglie. Mi piace che una persona esca dal mio atelier con un tocco di eleganza e di personalità in più, che stia bene e si senta bene. La cosa che mi piace sentirmi dire dalle mie dalle mie clienti è… lo metto da tanti anni ed è sempre bello! Ho tutti i suoi pezzi nell’armadio perché ne sto facendo un archivio e lei forse neppure se li ricorda”¦; i suoi abiti mi sono durati una vita, ecc. Non voglio che le cose siano buttate alla prossima stagione, perché se si fa un capo con un buon tessuto, specialmente quelli base, ti possono durare 5/6 anni, anche se la moda cambia.”
Il target di età delle sue clienti?
“Io cerco principalmente di vestire una donna intorno ai 30 anni, ma anche chi li ha superati da un po’ e mi sforzo di interpretare le problematiche di queste età; non sto parlando di conformato, ma di ricerca di piccoli accorgimenti, che non si devono vedere, ma che aiutano ad avere un aspetto giovanile e moderno. Non è facile lavorare a partire da questa prospettiva perché voglio vestire una donna con personalità, dall’aspetto non eccessivamente classico, ma neppure voglio farla sembrare una ragazzina”.
Oltre alla propria clientela e alla progettazione di collezioni da lei firmate, Stefania Carrera collabora con aziende straniere orientali e medio-orientali in qualità di consulente stilistica, per la scelta di tessuti e studi di immagine. Le chiediamo come concilia la sua formazione stilistica prettamente Made in Italy e rigorosamente milanese, con la necessità di soddisfare una clientela con altre esigenze.
“Mi comporto come se fosse un Made in Italy. Lo stilista dà l’imput alla collezione. Ci sono Paesi che fanno tessuti meravigliosi, per cui l’importante è che il taglio, l’immagine siano italiani. Questi Paesi hanno bisogno di aiuto: perché non darglielo? E molto bello unire le varie culture. Io adesso farò una consulenza per una ditta indiana e sarà bellissimo e stimolante creare una collezione di gusto italiano, ma con le loro capacità, quelle delle loro ricamatrici, con sarte che cuciono ancora a macchina. Non mi preoccupa il tema del colore che ha tanto peso nell’abbigliamento indiano: poiché vogliono produrre “cose italiane”, il tema del colore sarà di gusto italiano”.
Visto che tocchiamo il tema dei clienti, è d’accordo con l’affermazione che, nel prossimo futuro, sarà il consumatore a fare la moda?
“Non sono d’accordo. La moda è una forma di costume; non è il consumatore finale che fa la moda. La moda, come l’arredamento, il design, l’ architettura segue dei canoni propri suggeriti dal clima culturale, dettati da ciò che necessita la storia del momento o l’evoluzione della tecnologia. Il consumatore sceglie, sicuramente tra una vasta gamma di cose, ma solo tra ciò che viene proposto. Non si può trascurare che ha delle esigenze che vanno prese in considerazione: sarà premura di noi stilisti di adeguare il prodotto a queste esigenze; ma è innegabile il fatto che il consumatore è solo un fruitore di ciò che trova; da parte sua sarà necessario che si alimenti del buon gusto per scegliere bene tra ciò che ha a disposizione”.
Lei ha collaborato con vari stilisti: J.P. Galtier, Trussardi, Erreuno, Lang, Mila Schon… come vede la figura dello stilista nel prossimo futuro?
“Non è una domanda facile. Secondo me si va verso la distinzione chiara tra lo stilista artista e lo stilista prodotto. Oramai sono due figure completamente distinte. Lo stilista che lavora perché ha degli strumenti suoi o che ha delle aziende che finanziano la sua creatività, espressa come una forma d’arte, è bene che continui; ma trovo che con l’andar del tempo ne sia nata una figura poco conciliabile con le realtà del mercato. Dovrà crescere la figura dello stilista che capisce un po’ di più il prodotto, quello che si vende e quello che serve alla gente in senso stretto, quello che serve alla vita quotidiana. L’unione delle poesia con le necessità del mercato ci deve essere; va bene la ricerca, la sperimentazione, ma bisogna aggiungere un po’ più di attenzione al mercato”.
Per chiudere, un progetto, un sogno nel cassetto.
“Fermarmi un anno, girare il mondo e tornarne carica per andare avanti. Perché per fare questo lavoro ci vuole tanta passione, dedizione, un pizzico di follia, tanta tenacia e proseguire cercando di essere sempre più lucidi, specialmente oggi” .
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