Dove vai se il tabarro non ce l’hai?
Romano Sauro – nipote del celebre Nazario, storico esponente dell’irredentismo istriano giustiziato nel 1916 per mano degli austriaci – ha recentemente donato al Museo del Risorgimento di Roma tutti gli oggetti un tempo appartenuti al nonno. Tra questi manca però il suo tabarro, quell’ampio mantello a ruota, che ricorda l’antica toga romana, con il quale Nazario Sauro è raffigurato sulle rive di Trieste nel monumento a lui dedicato: chi mai l’avrà preso?
Di certo c’è chi ne ha conservata la memoria. Così, nel corso di ricerche per la pubblicazione di un libro sulla vita del patriota italiano, Romano Sauro ha trovato un luogo dove la passione per le cose dimenticate e la tecnica artigianale più sopraffina si intrecciano sapientemente: il Tabarrificio Veneto di Sandro Zara. Un “salto” nei tempi d’oro della moda veneta, sperando forse di trovare, lì nascosto, l’indumento tanto amato da Nazario.
In effetti la ricerca non è stata vana – almeno per gli appassionati del genere! – perché l’azienda artigiana di Mirano, dopo aver recuperato da un rigattiere il tabarro usato dai soldati durante la prima guerra mondiale, l’ha riprodotto in un modello ispirato a quello indossato da Nazario Sauro, denominato “’15 – ’18”.
Naturalmente anche se il modello è fedele all’originale, neppure il tabarro ritrovato dal rigattiere può essere di certo quello indossato dall’irredentista. Chissà a quale nostro soldato è stato di utile compagnia durante i freddi inverni della Grande Guerra! È noto che Sandro Zara abbia comunque voluto rendere omaggio a Romano Sauro di una copia del tabarro ispirato al celebre nonno.
Grazie allo stilista veneto questo indumento può allora rinascere anche ai giorni nostri, considerato che la moda e lo stile d’ispirazione militare sono diventati vere e proprie tendenze del momento. Il tabarro ’15 – ’18 è più corto rispetto agli altri modelli della collezione del Tabarrificio, ma senz’altro attuale e facile da indossare per la sua misura contenuta, molto adatta anche ai giovani; viene proposto in un tessuto grezzo simile all’originale, il panno Piave, in pura lana vergine. Ancora non si sa che fine abbia fatto il tabarro di Nazario Sauro; quel che è certo, per gli amanti del celebre mantello, è che oggi possono indossarne uno tale e quale!
Uomini d’oggi, avete mai indossato un tabarro? Sicuramente giornate come queste, dove la pioggia è sottile, il freddo pungente e la nebbiolina vi circonda, sono i più adatti. Niente è caldo e comodo come un drappeggio di lana calda che vi avvolge il corpo. Se non sapete come metterlo, ecco qualche suggerimento:
- Prima di tutto il tabarro si trattiene al rovescio davanti a sé tenendolo con le due mani per il colletto, quindi si ruota attorno alle spalle e si posiziona trattenendolo sul collo; ora il capo è indossato.
- Con un “colpo d’ala” lo si fa avvolgere attorno al corpo, poi si porta uno dei due lembi sopra la spalla opposta, mentre l’altro lembo scivola sotto, verso l’altra spalla.
- Se non avete mai avuto capi così importanti, dovrete fare un po’ di pratica di portamento per indossarlo con naturalezza ed eleganza, come un indumento di questo calibro richiede; tutto questo per evitare l’effetto goffo. Scegliete il tabarro solo in caso di vero freddo e in circostanze mondane adatte; è ingombrante, quindi non è consigliato a chi deve muoversi su e giù dalla moto o dall’auto per ragioni di lavoro.
- Non trascurate gli abbinamenti, portatelo con un bell’abito formale e la maestosità del capo farà tutto un altro effetto che se infilato su dei jeans.
- Esistono varie lunghezze, classificabili in corti/medi/lunghi; scegliete il tabarro giusto per la vostra statura. Se siete alti potrete spaziare su tutte le misure a seconda dell’utilizzo e dell’occasione (più elegante se arriva alla caviglia, più agreste se corto); se invece non spiccate per la vostra altezza, preferite il modello corto da 1 metro, così da evitare l’effetto gnomo o peggio: inciampare nel vostro tabarro.
- Completate il look con un bel cappello di feltro a tesa larga.
“Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento e la Vittoria sciolse l’ali al vento ! Fu sacro il patto antico e tra le schiere furon visti risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!”. Così, sulle parole della Canzone del Piave, è bello vedere che, con la” vittoria” della tradizione artigianale veneta, a tornare in vita sia il tabarro di Nazario Sauro.