Dove vola il vero lusso
In quali direzioni sta andando il consumatore di beni di lusso? E la distribuzione al dettaglio come sta evolvendo? A fotografare la situazione è stata, anche quest’anno, la ricerca “Altagamma Consumer and Retail Insight”, realizzata da Boston Consulting Group (BCG) e Bernstein, promossa da Fondazione Altagamma che dal 1992 riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, riconosciute come autentiche ambasciatrici dello stile italiano nel mondo (rappresentative dei settori moda, design, gioielleria, alimentare, ospitalità, velocità, wellness).
Sotto il profilo degli acquisti globali di beni di alta gamma, il focus True-Luxury Global Consumer Insight a cura di Nicola Pianon (BCG) ha messo in evidenza 12 trend, tra cui i più sorprendenti sono la crescita del mercato dei prodotti di seconda mano e l’aumento delle collaborazioni creative tra brand. Il successo dell’ “usato” di brand iconici va letto anche in chiave di attenzione al tema della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, mentre le collaborazioni tra marchi – persino molto distanti tra loro come posizionamento (si pensi a Valentino e Birkenstock) – implica soprattutto la creazione di “special edition” per nicchie di consumatori (in particolare delle nuove generazioni asiatiche). La metà dei consumatori True-Luxury ha acquistato prodotti realizzati in collaborazione tra marchi di lusso tradizionali e marchi di streetwear e artisti ed il 90% è a conoscenza di queste collaborazioni. Le vendite sono trainate in particolare dai consumatori cinesi e dai più giovani. Il mercato del lusso di seconda mano sta crescendo a doppia cifra, molto più velocemente del mercato del lusso personale e nel 2021 raggiungerà il 10% circa di questo. È interessante notare che il 60% dei consumatori True-Luxury ha già o vorrebbe acquistare oggetti di lusso di seconda mano, con 1 su 5 alla ricerca di prodotti sold-out, vintage o in edizione limitata.
Altre tendenze delineate dallo studio sono: consolidamento del casualwear ovvero dell’abbigliamento informale (seppur in presenza di un revival del neoclassicismo in molti giovani), persistente importanza degli influencer (specialmente per alcuni marchi), conferma del potere dei social media (l’80% dei consumatori dialoga con brand e blogger), primi segni di rallentamento del tasso di crescita del commercio online, affermazione della multi-canalità (il che significa coerenza nell’immagine, servizi integrati per la consegna, riconoscimento del proprio status di cliente privilegiato su tutti i canali), mono-brand store, made in (cresciuto come valore tra i Millenials ed i consumatori cinesi), customization ovvero la spinta alla personalizzazione degli acquisti (in cerca di esclusività, differenziazione e un legame più personale con il prodotto), mix&match che valorizza i prodotti di nicchia, sostenibilità come fattore critico e determinante nel 60% degli acquisti.
Nel mondo ci sono 18,5 milioni di consumatori di elite (il 4% del totale) che assorbono il 30% dei consumi del lusso (920 miliardi di euro nel 2018). Le opportunità di crescita sono ancora straordinarie e il made in Italy può giocare un ruolo primario, assicurando all’Italia una leadership mondiale più forte. Il suo percepito positivo aumenta in effetti rispetto a quello dei prodotti francesi, essendo preferito dalla categoria generazionale dei Millennials e da quella dei consumatori cinesi. Complessivamente, il 29% dei consumatori True-Luxury preferisce il Made in Italy, il 21% il Made in France e il 12% il Made in USA. Il Made in Italy continua a rafforzarsi in particolare nell’abbigliamento, nelle borse e nelle scarpe, mentre il Made in France resta in testa nel settore profumo e cosmetica.In sintesi, l’arrivo di nuovi consumatori – che stanno trainando la gran parte della crescita – impone ai marchi di essere più coraggiosi e più innovativi. I nuovi consumatori cercano prodotti ed esperienze diverse da quelle ambite vent’anni fa dai loro genitori. Vogliono essere sorpresi da novità, da nuovi negozi, da una nuova comunicazione.
Dal punto di vista del retail, Luca Solca, Senior Analyst di Bernstein, ha sottolineato che la competizione per le location più ambite resta molto forte per tutti: mega-brand (avvantaggiati da logiche di scala), marchi di nicchia e brand di lusso accessibile. Il risultato è una forte pressione su costi, investimenti e vendite. E poiché in un mercato in cui esplodono i costi vince l’economia di scala, questa pressione stressa soprattutto le aziende medio-piccole, che dispongono di meno capitali e sono più esposte al mercato grigio e all’wholesale.
Le chiavi del successo, in un’industria in cui le forze del digital development e i nuovi consumatori stanno incidendo in modo sensibile, risiedono nell’alta produttività al metro quadrato e in soluzioni creative e differenzianti, come riassume Luca Solca: “L’industria del lusso sta vivendo un’esplosione dei fronti su cui competere e dei costi per gestirli. Le aziende italiane – più piccole – devono inventare per prime. E devono concentrarsi in maniera maniacale ed ostinata sulla produttività dello spazio. Alte vendite al metro quadrato sono la via per rimanere in gioco”.
Le evidenze degli studi presentati al convegno di Fondazione Altagamma sono state commentate da Carlo Alberto Beretta, Direttore Generale di Tod’s, Claudio Marenzi, Presidente e CEO di Herno e Presidente di Confindustria Moda e Giovanni Tamburi, Presidente e AD di Tamburi Investment Partners, Stefano Sassi, CEO di Valentino, il quale ha aggiunto ai trend sopra citati la loyalty dei clienti, la brevità dei cicli operativi, la disintermediazione tra consumatori e aziende.
Per Andrea Illy, Presidente di Altagamma, “di fronte alle sfide poste dai nuovi consumatori, le aziende italiane continuano a mostrare la resilienza necessaria per essere protagoniste in un mercato dinamico in cui si affermano nuove tendenze, tra cui le contaminazioni con streetwear e artisti e l’attenzione crescente per la sostenibilità. Il Made in Italy si conferma attrattivo nei confronti della clientela mondiale più sofisticata e acquisisce la leadership nelle preferenze di consumatori cinesi e Millennials”.
Molto interessante è stato anche l’intervento del Direttore Generale di Altagamma Stefania Lazzaroni, la quale ha messo in evidenza che il comparto dell’alto di gamma – in crescita da 20 anni in modo stabile, con un tasso medio annuo del 5% circa – si sviluppa in un contesto complesso, dove:
· l’Italia affronta una recessione tecnica delicatissima (con l’OCSE che ha stimato per il 2019 un calo del PIL dello 0,2%).
· L’Europa vive un momento delicato con la Brexit che rischia di porre le economie di fronte a scenari complicati e l’Italia in particolare, esportatrice verso la Gran Bretagna per oltre 23 miliardi di euro.
· Infine, il mondo nel suo complesso sta vivendo una guerra dei dazi serrata che nega quel modello di mercato aperto in cui tutti abbiamo creduto fino a poco tempo fa.
In questo contesto critico, anche disorientante, l’alto di gamma resta un elemento vitale e dinamico. Ed è soprattutto un asset strategico per l’Italia e l’Europa. il nostro Continente in effetti:
· è il primo produttore di lusso – con 18 imprese europee sulle prime 25 al mondo;
· è il primo mercato del lusso – con il 34% del totale delle vendite del lusso effettuate nell’Unione Europea;
· è il primo esportatore di lusso con una quota del 75%;
· è un comparto che in Europa impiega circa 2 milioni di persone.
Il mercato del lusso può dunque diventare una leva strategica potente per il nostro posizionamento globale. Ma va protetto. Non può essere dato per scontato e le sfide sono numerose. Tra di esse (oltre a quelle organiche dei cambiamenti del consumatore e dei modelli retail) vi sono anche quelle legate al patrimonio di competenze manifatturiere indispensabili, che oggi in Italia sono a rischio perché a fronte di un’alta richiesta di figure professionali e tecniche (anche non laureati), si riscontra una certa difficoltà a trovare giovani qualificati che abbiano vocazione per i lavori del “Saper Fare” italiano.
Proprio a fine maggio Altagamma presenterà su questo tema un rapporto speciale che fotografa le migliaia di posti di lavoro di cui necessitano le filiere della moda, del design, dell’alimentare, dell’automotive, dell’ospitalità e dunque di tutti i settori che compongono il nostro alto di gamma. Posti di lavoro senza i quali non si potrà garantire la “crescita espansiva” di questo comparto.
In conclusione, dobbiamo fare i conti con il fatto che il patrimonio europeo in cui affonda le proprie radici l’alto di gamma è straordinario, ma anche fragile. Pochi giorni fa Notre Dame bruciava e, sentendo pienamente la debolezza del nostro essere Europei, ci siamo resi conto della necessità di difendere quel patrimonio artistico. Allo stesso modo, dobbiamo difendere questo patrimonio di saperi e conoscenze – savoir faire – che sono essenziali, per la nostra industria. Un’industria con un mercato di quasi 1.200 miliardi di euro, che secoli di storia ci hanno consegnato e che – in questo scenario globale – rappresenta uno dei nostri più preziosi asset competitivi.