E’ di nuovo ora di cambiare
Quest’anno la Signorina Primavera si fa alquanto desiderare. Non ci ha regalato neppure un momento, a parte qualche piccolissimo sprazzo, che annunciasse il suo avvicinarsi. La Signora Estate poi ci appare lontanissima, quasi irraggiungibile. Per noi, però, è tempo di guardare oltre e di essere lungimiranti. Ciò che si fa attendere diventa ancora più prezioso e così, voltate le spalle all’Inverno, apriamoci al desiderio di tepore e di rinnovamento.
E’ da un po’ di anni che nell’aria si respira, l’abbiamo già detto più volte, noncuranza, soprattutto verso le regole. Ma nel caos trasversale del “tutto va bene per tutto e per tutti”, vorremmo trovare un filo conduttore coerente che ci prenda per mano e ci guidi verso una fedeltà di stile.
E se si continua a ripetere che le tendenze non esistono più così come non esistono più le mezze stagioni, noi vorremmo dire che invece ci crediamo ancora e che forse è il nostro sguardo pigro e troppo accomodante che non ci fa cogliere i mutamenti e tutto ciò che ad essi è correlato. Ogni cambiamento, infatti, darwinianamente parlando, necessita di un adattamento e questo è sempre difficile, perché comporta fatica. Non accettare il fatto che esistano le mezze stagioni significa crearci degli alibi per non rispettare noi stessi, la natura e la nostra stessa essenza, omologando ogni impulso in divenire e trasformandolo in un comportamento reiterato e statico. Spesso si è ripetuto che l’eleganza non sempre va d’accordo con la comodità!! Con la naturalezza, invece, sì.
Naturalezza, naturalità, natura”¦”¦.
Ecco, partiamo da qui.
Gianni Rodari diceva che “per fare tutto ci vuole un fiore” e molti stilisti hanno espresso la loro creatività indirizzandola verso progetti definiti etici. L’attenzione, in questo caso, è stata posta nella scelta dei tessuti, della loro coloritura, delle fantasie che riportano ad immagini fresche e gradevoli, degli accessori fatti con materiali come la corda, il bambù o la carta riciclata.
E’ chiaro che, in questo modo, la femminilità se ne avvantaggia e, di conseguenza, torna in primo piano.
La purezza delle tinte chiare starà dunque alla leggerezza delle stoffe eteree (vedi il voile e le garze), come la raffinatezza dei colori naturali starà alla corposità del tricot e delle trame più sostenute (vedi i lini e la canapa).
Si è voluto vedere nel gusto militaresco che ha invaso le passerelle anticipatrici di questa incipiente stagione un segnale del desiderio di potenza e di appartenenza ma si può anche interpretare come la nostalgia di indossare qualcosa che ci immerga nella natura, nei suoi colori sottobosco (Robin Barcus ricopre di foglie le sue modelle), nei suoi kaki polverosi, nei suoi grigioverdi che simulano i mantelli di certi animali quando mutano la pelle o le piume o quando si mimetizzano con l’ambiente.
Ecco, forse allora ci siamo.
La voglia di trasformazione c’è, è qualcosa di endogeno.
E poi c’è il gusto per l’esplorazione, di terra e di mare. Per la prima, il tema della divisa ben si inserisce: bermuda, sahariane, pantaloni a vita alta multitasche, cappelli a visiera, foulard danzanti per alleggerire l’eccessivo rigore, occhiali tondi, cinture di cuoio morbido, stivali leggerissimi, zaini rivisitati. Per la seconda, via libera allo stile “cruise” che ormai è presente in quasi tutte le collezioni, dove i rossi, i bianchi e i blu si esprimono, oltre che nelle classicissime righe, nelle piccole fantasie cravatta pseudo-optical: bellissime le piccole giacchine senza bottoni, i calzoni un filo corti, le borse di vernice a tre colori, i mocassini dove, a volte, il distacco dal bicolore viene creato da una raffinata impuntura a contrasto o, qualora ci fosse il tacco, dalla sua netta differenziazione rispetto al resto della scarpa.
Soffermandoci un attimo sui colori, vorremmo sottolineare che quest’anno il blu, dopo averlo visto parecchio nelle collezioni precedenti, sarà ancor più protagonista e padroneggerà declinandosi in tutte le sfumature possibili.
Chiari chiari gli azzurri a far da sfondo a righe più marcate, sulle camicie, negli abiti a chemisier copri-costume, nei pantaloni, ora stretti alla caviglia, ora leggerissimi con due o più pinces, ora cortissimi per evidenziare gambe scattanti e rigorosamente solo giovanissime (signore, attenzione, non cadete nel giovanilismo e nel cattivo gusto).
Accesi e vivaci i blu cobalto, i blu Santorini, i blu di Prussia, i blu Lempicka che ben si adattano alla giacche destrutturate, ai piccoli trench, alle camicie in denim (felice ritorno!) alle grandi borse per creare macchie di colore.
Più pacati e dolci i polvere, i blu acciaio, i blu ceruleo, i carta da zucchero atti a interpretare gli abiti svasati in shantung, le maglie in garza di cachemire, i piccoli tailleur in tessuto cangiante, le bluse oversize cinturate o meno, i madras ton sur ton degli abiti a grembiule.
Prevedibili ma decisamente sempre bellissimi i classici blu navy, i blu tempesta, i blu zaffiro, i blu notte che trionferanno nei cardigan, nelle tute prepotentemente tornate alla ribalta, negli smoking tolti dalla loro solita veste, nella lingerie di raso, nei pizzi degli impalpabili sottogiacca, nei mocassini di nabuk, nei sandali di gros con pietre simil lapislazzuli.
Da un colore “¦”¦”¦”¦”¦. mille proposte.
Da un’idea “¦”¦”¦”¦”¦.. mille interpretazioni.
Abbiamo parlato di pantaloncini (ci saranno anche quelli da ciclista) o di hot pants ma non ancora della minigonna, altra vera nota d’accento. Comperarla è un attimo, saperla indossare un’impresa apocalittica. Ne vedremo delle belle! (di cosa ?!).
Se proprio proprio la tentazione sarà irresistibile, almeno “collochiamola” bene. Bianca, di piquet, con ballerine rasoterra più t-shirt semplicissima. A trapezio, di pelle scamosciata (quanta se ne proporrà, anche per giubbotti e affini) o di crosta, sulla falsariga degli anni ’70, portata con zeppe di sughero, naturalmente in tinta (queste altezze, ora su ora giù!!). Di plastica divertente (non sotto il solleone) in colori vivacissimi, abbinata ad una lupetto nera smanicata per smorzarne l’irruenza.
Inutile dire che minigonna più tacco dodici, più venuzze o peletti in vista, più orpelli a profusione, più andatura sfrontata o traballante (e tutto questo magari in orario d’ufficio), ci renderà “offensive” agli occhi degli altri, oltre che incapaci di autocritica e di autoconsapevolezza. Ricordate Jean Cocteau ?
Sarà sicuramente bandito, o lasciato a poche occasioni protocollari, il nero totale ma lo troveremo convincente e nuovamente fresco se accostato al bianco nei tessuti vichy di tubini birichini, nella composizione di fantasie floreali di abiti e casacche, nel bordo di giacchine Chanel, nelle infradito-gioiello, nelle minuscole e romantiche borse a mano.
Sopra tutto, soprattutto, il non-colore per eccellenza, il bianco.
Caftani, tuniche, parei che sembrano tele su cui poter dipingere, sandali alla schiava, occhiali da diva sentimentale”¦”¦
E poi tanti piccoli pezzi, diversi per foggia, colore, stile.
Ognuno con la propria caratteristica, ognuno con la propria calamita pronta ad attrarci.
Ognuno creato per ognuna di noi, disposto ad incasellarsi con disinvoltura tra i nostri pregressi, per renderci uniche ” nonostante” le tendenze.
Ameremo di più la leggerezza dei tessuti o la precisione delle linee?
La delicatezza dei colori pastello o la determinazione dei colori decisi?
La rassicurazione di ciò che già conosciamo o la trasgressione di capi mai osati?
Questa è la magia della moda e anche il suo mistero.
Charles Dickens diceva:
“la moda è come gli esseri umani. Nascono, nessuno sa quando, come e perché. E muoiono, nessuno sa quando, come e perché”.