Edith Head, la costumista delle dive.
Per le protagoniste del cinema muto fino alle star delle pellicole hollywoodiane degli anni 50, Edith Head ha creato abiti diventati simbolo di un’eleganza senza tempo. Intuito, determinazione e umiltà: così la costumista più richiesta dell’epoca, è riuscita a fare di un lavoro ottenuto quasi per caso, il successo di una vita.
La moda passa, lo stile resta, diceva Coco Chanel. Una verità che trova sempre conferma negli abiti che si ispirano alle grandi dive del passato, icone di un’eleganza senza tempo.
Il vestito nero e gli occhiali smisurati, indossati da Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, il completo giacca e calzoni, osato per la prima volta nel film L’angelo azzurro, da Marlene Dietrich, antesignana di quello che diventerà il tailleur pantalone, o l’abito bianco di Marylin in Quando la moglie è in vacanza, sono solo alcuni fra gli esempi citabili, di capi creati per il cinema, per raccontare storie, e poi divenuti un must del guardaroba odierno.
Ma chi c’è dietro alla realizzazione degli abiti da sogno lanciati dal grande schermo?
La stangata (1973),Sabrina (1954), Vacanze romane (1953), Un posto al sole (1951) Sansone e Dalila (1949), Eva contro eva (1950), L’ereditiera (1949) e Un adulterio difficile (1960), sono tutte le pellicole che hanno valso l’oscar alla più famosa costumista hollywoodiana, Edith Head (San Bernardino, 28 ottobre 1897 – 24 ottobre 1981).
Ma anche gli abiti indossati da Grace Kelly in Caccia al ladro o da Gloria Swanson in Viale del tramonto sono stati realizzati dalla costumista statunitense che ha lavorato per quasi tutte le pellicole di Hitchcock.
Divenuti immortali come le pellicole per le quali sono stati realizzati, gli abiti creati da Edith Head sono il frutto di uno studio attento e preciso, in cui nessuna scelta è casuale, ma sempre ordinata alla storia del film, come a seguirne la trama.
In Caccia al ladro, per esempio, la prima volta che Cary Grant vede Grace Kelly, l’attrice indossa un vestito bianco e nero; nelle scene successive, man mano che la vicenda va vanti, i colori dei suoi abiti si arricchiscono gradualmente: dal rosa corallo dell’abito da picnic alla gonna di lamè oro, nel finale.
Approdata quasi per caso alla Paramount Pictures, dopo aver risposto, pur non avendo esperienza nel settore, ad un annuncio pubblicitario della casa di produzione che cercava lavoratori per il settore costumi, Edith Head cominciò la sua carriera, alla fine degli anni venti, disegnando gli abiti per i protagonisti dei film muti, al seguito di Travis Banton, il costumista che ai tempi lavorava alla Paramount. Questi iniziò con l’affidarle i lavori più piccoli, per le attrici giovani e meno conosciute, con le quali la Head si mostrò sempre molto affabile e disponibile, a dispetto degli ordini della direzione che non voleva che gli attori avessero voce in capitolo sui costumi. Ma la Head sapeva trattare con la gente, sapeva come far sentire le attrici importanti, ascoltando le loro richieste, per poi incorporarle nei suoi disegni.
Così, quando quelle che allora non erano che giovani esordienti, diventavano star famose, si ricordavano di Edith e chiedevano di lei.
Gli anni cinquanta segnarono il momento di massimo successo per la costumista della Paramount (il sodalizio con la casa di produzione è durato 40 anni, fino al trasferimento agli studios della Universal, nel 1967), che si afferma definitivamente come la costumista delle dive, lavorando per le grandi produzioni di quegli anni.
Particolarmente stretto fu il sodalizio con Audrey Hepburn, dopo l’impatto che ebbe sulla moda dell’epoca, lo stile inventato per l’attrice in Vacanze romane. In Colazione da Tiffany, però, il guardaroba della Hepburn era seguito anche dallo stilista Hubert de Givenchy, che tanto piaceva alla diva. L’incontro tra l’attrice e lo stilista francese, avvenuto nel 1954, segnò, infatti, una piccola svolta: in quello stesso anno usciva nelle sale il film Sabrina, per il quale la costumista ufficiale era Edith Head, ma l’attrice chiese che Givenchy si occupasse degli abiti della seconda parte del film, quando Sabrina torna dal soggiorno parigino completamente trasformata. Nonostante questo, l’oscar per i costumi venne comunque assegnato alla Head, che, tra l’altro, ebbe la soddisfazione di vedere l’abito scollato a barchetta, disegnato per quella pellicola, riscuotere un tale successo da passare alla storia come scollatura alla “Sabrina”.
Tondi occhiali da sole sempre infilati, pure durante le riunioni di lavoro, per essere imperscrutabile, completi eleganti e seriosi, anche nei colori (solitamente bianco e nero, o beige e marrone), Edith Head, che sapeva di non essere una donna attraente, ha scelto per sé un’immagine austera e impeccabile: uno stile unico, particolare, in modo da risultare, comunque, immediatamente riconoscibile. E anche in questo caso l’intuito le ha dato ragione.