Emanuel Ungaro:un sarto a Parigi
In una giornata fredda e tendenzialmente grigia di inizio inverno con colori poco vivaci e più laconici Emanuel Ungaro si spegne a Parigi. Eppure anche i colori freddi e fumosi caratteristici di una stagione di letargo lui li aveva saputi rendere giocosi e animati. Grazie alle sue pennellate e alla sua creatività fatta di linee e forme in movimento anche il più cinereo dei bigi sembrava scintillante.
Quando si parla di Emanuel Ungaro si parla di colore. La sua tavolozza infinita di sfumature è stata l’impronta più evidente, bella e colta del’ haute couture. Evidente perché marcatamente viva, bella perché esteticamente sobria anche nell’eccesso, colta perché riusciva ad adagiarsi sugli abiti come le rime poetiche di un sognatore.
Le sue stoffe “dipinte”, il suo assemblage di composizioni e colori a contrasto, come i volumi abbondanti, le ruches e i volant, hanno enfatizzato da sempre il lavoro artigianale di un vero sarto.
Un giovanissimo sarto immigrato in Francia dall’Italia che diventa uno degli allievi prediletti di Balenciaga negli anni ’60 quando la moda futurista fatta di forme e minimalismo è al massimo della fioritura.
A Parigi apre presto il suo atelier ed impone una visione nuova di donna emancipata e sensuale. Una donna metropolitana amante degli orli increspati, dei drappeggiati, dei tulle, dei plissé gonfiati e delle fantasie cromatiche dirompenti.
Una vera rivoluzione per una Parigi ancora, all’epoca, legata alla visione di una moda più abbottonata e “borghese”.
Ma subito la sua idea di volume e colore viene indossata da Jackie Kennedy, Catherine Deneuve, Anouk Aimeè e da li a poco il nome di Ungaro entra nell’albo d’oro delle maison di alta moda come tra i più innovativi e ricercati.
Con lui si afferma un nuovo stile fatto di carattere e personalità. Negli anni ’80 il marchio è al massimo dell’affermazione. Sono gli anni delle spalline voluminose, delle camicette in voile, della vita stretta e del vedo non vedo, delle tinte accese. Caratteristiche che Ungaro con estro ed intelligenza ha saputo interpretare facendo dialogare all’infinito la trama e l’ordito con il colore in maniera davvero ineccepibile.
La sua idea capricciosa infatuata un po’ dalla teatralità operettistica che tanto amava costituiscono l’idea di una moda contemporanea, audace e libera.
Il suo rinnovamento dai tradizionali schemi e moduli stilistici tutti ad appannaggio di una lirica di fantasie e tinture travolgenti e sofisticate, sono entrati di diritto nella storia della moda.
Quando all’inizio del nuovo millennio decide di lasciare ad altri i riflettori della haute couture, le sfumature cromatiche sulle passerelle si sono indelebilmente un po’ slavate.
Manca quella ricercatezza e quella spettacolarità di abbinamenti che interagiscono con le emozioni.
Con Emanuel Ungaro i colori che si amalgamavano alla perfezione e che si attivavano a vicenda in molte gradazioni che da soli non avrebbero avuto, oggi sono più solitari.