Fame di Moda
La cucina è di moda. E allora la moda entra in cucina. Sono sempre più numerosi, infatti, gli stilisti che non solo ideano il concept d’arredo di ristoranti altrui, ma aprono anche locali col proprio brand. L’ultima frontiera della diversificazione delle maison fashion sembra essere, in effetti, proprio quella della tavola, un non-luogo (per dirla alla Marc Augé) che si frequenta sì per mangiare (possibilmente bene), epperò in esso si cerca sempre più la gratificazione di ulteriori bisogni, a cominciare dalla socializzazione, dall’assimilazione culturale, dall’esperienza polisensoriale. Se tutto questo avviene sotto l’egida di un nome famoso qual è quello di uno stilista che fa dell’estetica la sua etica, il potere d’attrazione può risultare ancora più forte.
Il business della ristorazione richiede un investimento non indifferente, ma – se l’iniziativa ha successo – ripaga in termini finanziari sia diretti sia indiretti, assicurando un ritorno di immagine potente. I couturier lo sanno perfettamente. Sebbene molto diversi tra loro per design e per menu proposti, i loro ristoranti sono accomunati dall’estrema cura dei dettagli che compongono il mosaico dell’interior pattern, da piatti originali ed estrosi anche quando si ispirano alla tradizione più classica, dalla presenza di commensali esigenti, curiosi e sensibili (spesso a loro volta “vip” desiderosi di vedere ed essere visti), dall’ambientazione milanese e da prezzi più “salati” che “dolci”.
Tra i primi a credere nelle potenzialità del rapporto cucina-moda in Italia è stato Giorgio Armani, che ha iniziato l’avventura nel mondo food con l’ormai storico ristorante Armani/Nobu, che propone ricette giapponesi (quindi, largo a sushi, sashimi, tempura, ecc.) accanto alla nostrana gastronomia mediterranea, non scevra di contaminazioni sudamericane. Si tratta di un locale minimal-chic di 250 metri quadrati (distribuiti su due piani), arredato in ossequio alla filosofia del Sol Levante con arredi raffinati ed essenziali, dove l’armonia cromatica è garantita dall’accostamento di nuance grigie e blu.
Cristallo e acciaio, giochi di specchi e luci, stoffe leopardate e smalti, bronzo e tek, tecnologia e antichità di querce secolari (nel circostante Parco Sempione) assieme a un design all’avanguardia sono, invece, gli ingredienti che contraddistinguono il Just Cavalli Hollywood nel capoluogo lombardo. Lo stile multiforme, opulento e appariscente della maison fiorentina vi è espresso totalmente e si riflette pure nei piatti alquanto sofisticati, che mirano a coniugare la natura col piacere della vita. Spiccano per eccellenza le carni argentine, succose e opulente.
Agli antipodi della sobrietà è anche il Dolce&Gabbana Gold, definito “ristorante-bar- cocktail bar-expo&store”: un trionfo di animalier e oro per la coppia più “solare” della moda italiana. Non c’è che dire: lo stile del locale rispecchia all’ennesima potenza quello dei suoi creatori, ispirandosi al lusso ostentato del re dei metalli, all’edonismo supremo di chi dalla vita vuole tutto e subito e lo dichiara al mondo. Cantina selezionata e ricette tipiche della cucina italiana con un deciso richiamo alla sicilianità dei due designer caratterizzano la filosofia culinaria del posto.
Infine se mi è consentito sbilanciarmi, giudico il Trussardi alla Scala il ristorante “di moda” più elegante e confortevole, che si presenta raffinato e senza eccessiva formalità, imperniato – più che su un design vistoso e chiassoso – sul talento culinario di uno chef come Andrea Berton (non a caso, il locale è stato insignito più volte delle due stelle Michelin). Il menu è di assoluta qualità, ricco di piatti armoniosi e puliti (in cui dominano i prodotti biologici), che “parlano” direttamente al palato del cliente rendendolo il protagonista di un’esperienza sensorial-emozionale unica. La vista su Piazza della Scala, inoltre, fa da valore aggiunto all’eccellenza dell’ambiente e della sua cucina.
Insomma, buon appetito a tutti – fashion-addict e non – e ricordate che l’uomo è tanto quello che mangia quanto quello che veste!