Fantascienza? No, Tecnocouture!
Pare che la moda sia sempre più senza fili… non nel senso che è a corto di filati, bensì che diventa wireless! In effetti si sta adeguando all’esigenza di essere costantemente connessi, per cui mette a punto soluzioni tecnologicamente avanzate che hanno indotto a coniare le espressioni wearable technology o fashionable technology. Non parliamo solo di smartwatch o fitness band, ma anche di modelli più “classici”. Lo stilista inglese Adrien Sauvage, ad esempio, ha presentato in collaborazione con la Microsoft dei nuovi pantaloni che consentono al cellulare di ricaricarsi e di non avere più problemi di batteria, grazie al dispositivo Nokia DC-50. Costo di questo innovativo capo: 340 euro. Intanto la Nike ha annunciato che quest’anno intende lanciare sul mercato le famose scarpe che si allacciano da sole indossate da Martin McFly nel secondo episodio della saga cinematografica “Ritorno al futuro”: saranno commercializzate con la futuristica funzione power laces.
Pertanto, se siete rimasti fermi alla fiction delle rocambolesche sortite di James Bond che sfoggiava un orologio-factotum o una penna-killer, sappiate che già da qualche anno è in corso una vera e propria rivoluzione, battezzata wearable revolution, le cui armi sono oggetti come Apple Watch, Google Glass, activity tracker, Oculus Rift, gadget cult che persino 007 forse si sognava soltanto. Non scordiamo che l’Apple Watch, quando è stato lanciato, è riuscito ad eclissare addirittura l’iPhone 6! Per molti, comunque, il prodotto più originale di quest’ondata di novità è costituito dai Google Glass, gli avanguardistici occhiali che si utilizzano attraverso i soli comandi vocali. Altro cardine dell’innovazione wearable è rappresentato da quei dispositivi (in primis braccialetti) che controllano e registrano dati legati allo stato fisico, come la distanza percorsa, il consumo di calorie, il battito cardiaco, la qualità del sonno. Tali tracker possono anche essere usati dalle aziende per attività commerciali e promozionali varie.
Anche i nostri big della moda si sono tuffati a capofitto nel mondo hi-tech. Ermanno Scervino, stilista prediletto da Lady Renzi, ha pensato a borse e occhiali sci-fi dotati di mini telecamere go-pro che riprendono le reazioni della gente in eventi social, mentre Ermenegildo Zegna ha proposto guanti touch-screen che consentono di affrontare ogni circostanza meteo, e intanto Renzo Rosso di Diesel ha installato nel suo nuovo flagship store romano uno strumento interattivo concepito dall’artista berlinese Andreas Nicola Fischer che riesce a comunicare gli stati d’animo di chi vi si connette tramite Twitter.
Insomma, le wearable technologies stanno già portandoci il futuro sulla pelle, modellandosi sul nostro corpo per interagire con esso migliorando le performance mediante il monitoraggio dello stile di vita e della salute in generale. In questo campo si sono distinti con i loro abiti decisamente sperimentali personaggi “alternativi” come la stilista olandese Iris Van Herpen, che emulando l’estremismo di Alexander McQueen si esprime con virtuosismi tridimensionali e forme organiche riprodotte attraverso sistemi di plexiglas, piume di triacetato e ragnatele di silicone; e la coppia Francesca Rosella e Ryan Genz, creatori del marchio londinese Cutecircuit, i quali all’ultima edizione di “Maker Faire”, salone internazionale della tecnologia digitale svoltosi a Roma, hanno presentato capi avveniristici con l’imprimatur nientemeno che di AltaRoma. Lì hanno sfilato in passerella modelli come il Galaxy Dress, intessuto di 24.000 led applicati manualmente e controllabili con una semplice app per i-phone, con 4.000 cristalli Swarovski incastonati che conservano la luminosità dell’abito anche quando i led sono spenti (autentici pezzi da museo dell’avanguardia, non a caso già esposti nel Museo della Scienza e dell’Industria di Chicago); e poi la cosiddetta Hug Shirt, una maglietta interattiva che, attraverso alcuni sensori collegati con bluetooth, permette di “abbracciare” virtualmente una persona lontana (invenzione premiata da Time Magazine nel 2006). E che dire di Open-knit, la stampante per abiti fai-da-te realizzata da uno studente?
In definitiva, la moda è sempre più fatta di clic oltre che di tessuti, idee, stile, design, tecnica sartoriale. Comunque, ben venga la tecnologia indossabile dei wearables, e non si biasimi a priori la legittima ansia dei brand di elaborare un nuovo modello di digital customer experience e di content marketing… Nondimeno, tutto ciò non può non sollevare un’inquietante interrogativo su cui dovremmo riflettere di più: quanti nostri dati possono essere raccolti e analizzati attraverso questi congegni? La risposta forse potrebbe spaventare lo stesso Big Brother.