Finalmente una camera per la moda!
Nulla si crea e nulla si distrugge. Ancora una volta è sembrato questo il refrain dominante alla Milano Fashion Week da poco conclusasi. E’ stata un’edizione in cui di nuovo in passerella si è visto davvero poco, imperando il più prosaico “copia e incolla”. Per carità, nessun brivido d’orrore ha percorso i defilé, piuttosto una fastidiosa sensazione di dejà vu allorché si intuiva che lo stilista-star non si era nemmeno sforzato di rielaborare, ma si era limitato a “riportare”. Vabbè, sarà per un’altra volta, in questa si è dormicchiato un po’ sugli allori.
Nel piattume generalizzato quindi, malgrado i soliti lustrini e la solita canea mediatico-mondana un po’ ovunque, non potevano non risaltare tre nomi per la qualità del loro apporto creativo: Bottega Veneta, Cavalli, Marni, sempre più erti a paladini del lusso artigianale, dell’esclusività, della classe. Almeno secondo la sottoscritta.
Le grandi novità hanno riguardato, invece, il mondo istituzionale legato al fashion system. Il riferimento è alla Camera della Moda, che col suo nuovo assetto si è aggiudicata il plauso non solo dell’amministrazione ambrosiana (in primis il Sindaco Giuliano Pisapia), ma anche della tanto potente quanto temuta Anna Wintour, direttore di “Vogue America”, che ha angelicamente dichiarato: “C’è stato un grande cambiamento nella Camera della Moda e dovete esserne orgogliosi, dovete agire e aiutarvi l’un l’altro”. Grazie al nuovo clima, forse per la prima volta la Fashion Week ha coinvolto tutta Milano in un comune desiderio di riscatto e rilancio. Innanzitutto le sfilate si sono aperte e chiuse in due luoghi simbolo della città che il Comune ha messo a disposizione, ovvero il Teatro alla Scala con l’esibizione del tenore Vittorio Grigolo ed il Palazzo Reale con il cocktail svoltosi nella sala delle Cariatidi in occasione dell’inaugurazione della mostra “Pollock e gli irascibili”.
E che dire della nomina dell’inglese Jane Reeve ad amministratore delegato della Camera della Moda? Una sorpresa che ha lasciato tutti senza fiato, chi per la malcelata delusione di non aver visto ascendere al vertice un nome italiano, chi per la soddisfazione della piega internazionale che sta prendendo l’istituzione. La Reeve, che risiede in Italia da quasi un ventennio, è una grande esperta di pubblicità e marketing e forse proprio per questo è stata scelta: il suo obiettivo deve essere di “svecchiare” strutturalmente la moda italiana e “venderla” meglio all’estero anche in termini di immagine e reputazione. A darle manforte nel Consiglio della Camera (che – è bene ricordarlo – include tutti i protagonisti del fashion tricolore, eccezion fatta per Armani e Dolce&Gabbana) ci saranno 4 vicepresidenti che sono pezzi da novanta, quali Patrizio Bertelli, Gildo Zegna, Diego Della Valle, Angela Missoni.
In sostanza, mentre per anni l’ente è stato un mero strumento al servizio dei singoli big, oggi si è conquistato una propria identità, imponendo un visione più sistematica e meno individualistica. Non è una rivoluzione da poco! In questo modo la Camera è diventata il cuore pulsante di un organismo finora smembrato, che adesso torna a ricomporsi per un disegno comune. Ciò significa che la sua missione non si esaurirà nelle fruste problematiche del calendario, ma assumerà una valenza più alta: quella di guida nobile della nostra moda a tutti gli effetti.
In definitiva il compito che la Camera della Moda è chiamata a svolgere è di fungere da catalizzatore di forze e idee, avendo Milano come baricentro, stimolando contatti a 360° e dialogando col mondo intero per aprire nuove strade di business a quello straordinario crogiolo di risorse e talenti che è il sistema moda italiano.