Fiori e scaglie sulla passerella di Laura Biagiotti
Lo sfondo del Piccolo Teatro che accoglie -oramai da tanti anni- la sfilata della collezione A/I 2014-15 di Laura Biagiotti è la riproduzione di Castello Marco Simone, in cui vive e lavora la stilista. Appare però come se si stesse operando una ristrutturazione: l’arco sospeso e sostenuto da argani come se dovesse essere nuovamente posato per abbellire l’ingresso al Castello; una torre viene nuovamente collocata come per assicurarsi dall’alto una visione lungimirante che superi gli ostacoli immediati…… E viene da chiedersi: è la metafora di una più profonda ricostruzione che Laura Biagiotti sta compiendo? È un ritorno all’ordine, a ciò che è solido e da sicurezza, ma con uno sguardo posto verso il futuro? Se dobbiamo dare una risposta ci sembra che la sintesi della metafora racchiuda un suggerimento per tutto il Made in Italy, non nuovo, ma si sa repetita iuvant Ritornare all’artigianalità, a quel “bello ben fatto” che è l’unico valore che può assicurare ancora alla Moda italiana la supremazia sui mercati tradizionali ed emergenti.
Così scrive la stilista per presentare personalmente la sua collezione in tensione tra ciò che è intramontabile e quindi rassicurante, e il nuovo inaspettato in movimento, cangiante. “Le lavorazioni preziose, i ricami pazienti, le fodere più pregiate dell’esterno, mi hanno insegnato nel corso della mia lunga carriera, che la bellezza è artigianale, sintesi di ingegno e di manualità. Ho ripercorso forme classicheggianti quali i pantaloni, il blazer e la camicia da uomo, rivitalizzandole con bagliori improvvisi, con tagli inaspettati…..Ho captato il valore della capitalizzazione del proprio guardaroba, costruito nel corso di varie stagioni, come un utile linguaggio capace di inventare sempre nuove storie; liberare dunque la moda da tutte le incrostazioni e sovrastrutture che nulla aggiungono all’eleganza della donna…..Ho ricercato e continuo nella mia “recherce”, una profonda consonanza con il bosco dei vestiti del mio archivio di oltre 100.000 pezzi d’autore, ancora capaci di coniugare le loro storie del passato prossimo con la visione del poi, in eterno divenire nel mio moda di fare moda classicheggiante e garbato”.
Una collezione bella con alcuni elementi chiave che balzano immediatamente alla vista.
Innanzitutto l’elemento folk nei ricami e nelle stampe a fiori; ma principalmente nel capo passpartout , la “Body Blanket” la coperta da corpo: qualcosa tra la mantella e il poncho andino confezionata con un tessuto chiamato Blanket, molto pesante e peloso, realizzato da Thomas Blanket, tessitore fiammingo vissuto a Bristol, in Inghilterra, nel quattordicesimo secolo. Un capo versatile che Laura Biagiotti utilizza, per dare un singolare tocco di eleganza, tanto su abiti da giorno che da sera declinandolo in maglia, panno stampato, cashmere double, abbinato ai bei vestiti con la gonna a ruota di pizzo laminato o ai fluidi pantaloni di velluto fiorato.
Elementi grafici, la treccia e le scaglie, sono segni che si rincorrono sui tessuti vergine. La treccia, definita dalla stilista come l’Ideogramma della maglia, appare nei capi tricotati, o stampata su tessuto; ricamata su abiti modellati sul corpo, si trasforma in una catena; come motivo trompe l’oeil la si ritrova ad esempio nell’abitino dal sapore etnico.
Le scaglie appaiono anche esse come decori, ricami e lavorazioni. Squame in versione maxi si disegnano sulla cappa di maglia jacquard. Sono ricamate nell’abito a corolla con il corpetto dai tagli futuristi, intarsiate nella giacca di panno double e traforate con il laser sulla pelle. Si ritrovano anche negli accessori, mini clutch, stivali, ma anche negli occhiali e nelle calze.
Bella naturalmente la maglieria, talvolta si tratta di armature importanti nei capospalla, talvolta trame sciolte formano maxi rete. L’accento della maglia è posto sulle lavorazioni doppie che danno luogo ad un guardaroba reversibile. La maglia tubolare infatti permette di ottenere un tessuto a due facce, portabile da entrambi i lati. Le trame dei tessuti maschili come il pied-de-poulle e lo spinato diventano punti di maglia per abiti, maxi pull e blazers jacquard. Acquista così rilievo una bella indicazione della stilista che sembra suggerire alle sue estimatrici di costruire il proprio guardaroba giocando con la convertibilità dei capi e con la molteplicità delle funzioni che ognuno può assumere.
Come tralasciare il bianco Biagiotti, tutto luce, o sfumato nel neutro o contrasto con il nero. Anche se alcune uscite total white sono risultate poco apprezzabile, sempre bella è apparsa la maglieria bianca, gli abiti in pizzo bianco ecc. La paletta dei colori si caratterizza comunque per i toni folk, bordeaux, amaranto, arancio e verde, per i lampi metallici resi da fili lurex; oro, argento e rame nel pizzo e nei ricami;
Ultima annotazione riguarda la silhouette, accanto al tubino e agli abiti che seguono e segnano le curve del corpo, ci sono i volumi: materiali vaporosi producono masse lussuriose ma iper-leggere: capi di angora e di mohair, all’insegna di una nuova morbidezza, e lo scenografico cappotto di Mongolia, realizzato anche con le maniche di maglia.