Fruscianti vestimenti e scintillanti gioie
Lei sì che era davvero “cool”, come si suol dire! Lei era Isabella d’Este, la più modaiola di tutte le dame del Rinascimento, una vera testimonial ante-litteram del “bello e ben fatto”, sempre attenta ad ogni dettaglio che riguardasse abiti, gioielli, cappelli, guanti, acconciature, calzature, cosmetici, biancheria da tavola, ecc… al punto da spedire in segreto a Milano i suoi agenti per spiare i costumi della sorella Beatrice, sposa di Ludovico il Moro, al fine di superarla poi in stile e magnificenza. O da spargere maldicenze di ogni sorta sulla cognata Lucrezia Borgia, salvo intrattenere con lei un’amichevole corrispondenza epistolare per scambiarsi consigli su vesti e ornamenti vari.
In effetti Isabella, marchesa di Mantova, era una donna vitale e volitiva, colta e decisa ad affermare se stessa attraverso il suo corpo, o meglio la rappresentazione di esso. Esperta di bellezza e consapevole del valore delle cose, attribuiva a se stessa il ruolo di “prima profumera del mondo” e continuamente inventava fragranze, realizzava abiti, si dilettava nel creare fantasiose acconciature. Non a caso il suo parere era richiesto dalle dame più eleganti d’Europa, compresa la regina di Francia.
Queste e altre notizie sono tratte dall’ultima monumentale opera dello storico mantovano Giancarlo Malacarne, presentata recentemente a Sabbioneta (MN) – la civitas padana “creatura” del visionario duca Vespasiano Gonzaga, ora patrimonio dell’Unesco – nella cornice ideale del Museo d’Arte Sacra (in cui è custodito, tra l’altro, il celebre Toson d’Oro di Vespasiano, la decorazione più ambita del Rinascimento).
L’autore, nelle oltre 600 pagine di “Fruscianti vestimenti e scintillanti gioie” (in due volumi, editi da Linea4, Verona) – non solo nei testi, ma anche nel curioso glossario di 1300 lemmi e nel suggestivo corredo iconografico di 400 immagini – delinea compiutamente la moda tra XV e XVI secolo in auge nelle splendide corti italiane, a cominciare da quella gonzaghesca: gioielli, profumi, capigliature, lussuosi abiti di seta, lana e pizzi, biancheria intima, toilettes nuziali, da festa e da funerale, colori e sapori protagonisti di una narrazione spumeggiante. “Sono entrato negli armadi, nei bauli e nelle case dei personaggi, scoprendo come Isabella fosse venerata da ambasciatori di tutta Europa, che davanti a lei flettevano le ginocchia e ammirandone lo stile moderno per l’epoca proiettavano a loro volta l’immagine di Mantova e della sua corte nel mondo” racconta l’autore, il quale dopo aver raccontato di araldica, tavole imbandite e piaceri gonzagheschi, osserva che “la storia è capricciosa, mutevole, mai del tutto definita e piena di sorprese”.
Dalle ricerche dello storico scopriamo così che anche il Rinascimento aveva la propria Coco Chanel, capace di colpire l’immaginario maschile dell’epoca e di ammaliare dame pronte ad imitarne gli slanci avanguardistici e di seguirne ogni tendenza. La “regina dello stile” alla corte dei Gonzaga tra 1400 e 1500 era appunto Isabella d’Este, che Malacarne ha scelto come suo “spirito guida” per avventurarsi in quel mondo straordinario che fu la moda a corte in quel periodo, analizzandola come fenomeno, oltre che estetico, antropologico, economico, sociale, finanche politico. Sì politico, perché allora più che mai l’abito era uno status symbol del potere, e quanto più si era riccamente abbigliati tanto più si godeva di autorità e prestigio. Basti pensare che gli ambasciatori dell’aristocrazia erano più impegnati a soddisfare le velleità edonistiche dei loro Signori che a curare le questioni governative in senso stretto!
Dal duplice volume di Malacarne, che gode del patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana, emerge chiaramente, inoltre, il ruolo femminile nel Rinascimento, allorché la donna proprio nella moda poteva trovare l’occasione di realizzarsi ed autodeterminarsi, sicché possiamo affermare che la donna era l’abito che indossava! Stesso discorso vale per i gioielli, per i guanti, per i cappelli, per le acconciature e persino per il corredo della tavola! Si tratta quindi di oggetti che acquisivano una valenza tale – in termini economici, affettivi, culturali – da essere tramandati di generazione in generazione. Infatti i vanitosi uomini e soprattutto le donne del ‘400 e ‘500 non erano ciò che erano, ma erano ciò che potevano mostrare agli altri.
Di quest’opera editoriale così affascinante e notevole dal punto di vista storico e culturale tout court, Giusi Ferré, nota giornalista di moda, sorella del compianto stilista Gianfranco, ha affermato: “Malacarne ci porta in un mondo meraviglioso che appaga tutti i sensi, ma soprattutto dà alla moda una dignità nuova, quando oggi ancora troppi la considerano oggetto di frivole attenzioni. Nulla di più sbagliato: Mantova in questo è piccola ma grande, ci insegna come non solo l’abito faccia il monaco, ma anche lo spazio, il tempo, la cultura. La moda non è solo pregio industriale di questo paese, ma è comportamento acquisito che segna nella nostra mente le epoche e i ricordi, altamente democratico perché convivenza di pensieri e stili diversi”.
Per questa sua ultima “fatica” Giancarlo Malacarne ha felicemente trovato un supporter nell’imprenditore Giambattista Tirelli, patron di “Olmar and Mirta” con i marchi Gentryportofino, Rick Owens, Gareth Pugh e Maurizio Pecoraro, il quale ha permesso che le curiose notizie raccolte dallo storico in 30 anni di ricerche diventassero realtà. “Da sempre sono un divoratore della corrispondenza dei Gonzaga all’Archivio di Stato di Mantova – ha spiegato Malacarne – e spesso mi sono imbattuto in documenti che parlavano di abbigliamento, danze, acconciature. Isabella d’Este, Margherita Paoleologo, Lucrezia Borgia, Beatrice d’Este, Laura Bentivoglio da Bologna, tra loro discutevano anche di moda e mi ha incuriosito che Isabella d’Este fosse la stilista creativa cui tutte si rivolgevano. In una lettera, la regina di Francia Caterina de’ Medici chiedeva a Margherita Paleologo di farle realizzare delle camicie a Mantova e le inviava il campione di seta che voleva e tuttora questa missiva con stoffa inclusa sta in Archivio. Nel libro ci sono le fotografie di questi tessuti”.
Ci è piaciuta la conclusione di Malacarne: “La moda è un fenomeno degno di attenzione in ogni epoca nella misura in cui si rapporta con l’umanità”. Già, una moda umana: in ogni tempo è di questa, per parafrasare il poeta barocco Marino, “il fin la meraviglia”.