Gattinoni e i suoi gioielli
Ricca, complessa e razionale. Bella, regala forti emozioni.
Ma non è di immediata comprensione senza il sussidio delle parole del direttore creativo della maison.
Fortemente studiata per esprimere un pensiero profondo. Forse una ricerca tutta interiore di Guillermo Mariotto? Arricchita da una collezione di gioielli di Alta Moda, creati appositamente da Grazia Borghese per Gattinoni.
Ricca, complessa, razionale. Bella, regala forti emozioni. Ma non è di immediata comprensione senza il sussidio delle parole del direttore creativo della maison. Fortemente studiata per esprimere un pensiero profondo. Forse, non è da escludere questa possibilità, una ricerca tutta interiore di Guillermo Mariotto?
La moda, si sa, interpreta ed esprime le necessità delle persone, capta e trasforma nel proprio linguaggio istanze culturali vive e attuali. Difficile e azzardato affrontare il tema di Dio con uno strumento tanto debole quanto è la moda.
Mariotto ci dice: “l’uomo ha bisogno di credere” e su questo siamo d’accordo, ma poi preferiamo non seguire la modalità espressiva di questa necessità così come ce la indica la cartella stampa. Risulta troppo confusa. Troppo scontato, “di moda”, il pensiero che debba scomparire la religione per attingere la divinità, e che qualsiasi espressione religiosa abbia un valore intrinseco; che vada ugualmente bene Afrodite, la divina madre del Buddismo tibetano o la dea della misericordia, la divinità greca della discordia, o Mari, la divinità primordiale.
Ogni abito ha il nome di una divinità, naturalmente femminile, anche questo è di “moda” nella cultura dei nostri giorni. Dopo aver scorso l’Orde de passage che descrive l’abito e gli assegna il nome, – ciò arricchisce sempre la cartella stampa Gattinoni oltre allo schizzo di uno o più abiti-, preferiamo pensare che Mariotto abbia voluto indicare gli infiniti percorsi che il pensiero umano ha utilizzato per accostarsi alla divinità, a quell’unica divinità che ha cercato di rappresentare nel modo più classico. Sarà comunque difficile per chiunque decidere di indossare un abito che al centro porta ricamato quell’occhio che tradizionalmente rappresenta Dio che tutto vede, anche le profondità della coscienza
Se ci distanziamo da questa costruzione, guardiamo la collezione con maggiore serenità. Nonostante il tema della ricerca di religiosità precisato nella cartella stampa, in realtà la collezione non ha un filo conduttore, qualcosa che possa unire un’uscita con la successiva. Risulta così un po’ sfilacciata o meglio ogni capo è a se stante. E per chi scrive è impossibile sintetizzare e descrivere in modo comprensibile la collezione. Bisognerebbe farlo per ogni abito, ma ciò è inutile.
E’ una collezione da vedere non da immaginare sul filo di timidi accenni. D’altra parte è una collezione di Alta Moda e ogni abito deve risultare unico. Annotazione negativa: non ci sono piaciute le acconciature dei capelli delle modelle.
Forse era voluto così per dimostrare che l’intuizione è buona. Dalla distanza di chi osservava i passaggi della collezione non era possibile capire quale abito appartenesse all’ haute couture e quale alla demi couture. Con questa espressione Mariotto, e con lui Stefano Dominella, lanciano una sfida: vogliono ripercorrere la storica sfilata della Sala Bianca fiorentina dell’anno 1952 che ha segnato la nascita del prêt-à-porter e proporre di riprodurre capi d’alta moda in serie, ma una serie assolutamente limitata, dove la macchina sostituisce il sapiente e inimitabile lavoro delle sarte e delle ricamatrici. In questo modo il prezzo di un abito, che ha l’allure dell’Alta Moda, diventa più accessibile.
Forse i colori ci aiutano a descrivere qualche abito. Le prime uscite sono con il rosso per abiti da mattino, giacche e pantaloni; il rosso è assoluto in due abiti da sera con rouches. Poi bellissimo il turchese a volte assemblato al rosso in un abito sari di chiffon o in abito con bustino trapuntato di pietre colorate.
Petrolio per il pantalone che accompagna una camicia nera cangiante. Tortora per un pantalone di seta accompagnato da un giacchino in visone albino con maniche a kimono. Il nero si sposa con completi rossi, è nella gonna o nella giacca. Da solo è uno smoking di cadì con motivi origami e un petite robe noire con gonna palloncino. E’ nero l’abito simbolo della collezione, quello con l’occhio ricamato, o il tailleur con il coprispalle fatto di aculei di tulle. Poi le fantasie, pennellate di colori molto forti o i velluti cangianti per i pigiama palazzo. Abiti ricamati con pietre, stile charleston; Thalna, come la dea del parto della mitologia estrusca, si chiama l’abito gioiello interamente ricamato con pietre dure, ma non ne troviamo la connessione.
Gli abiti da sposa sono panna. Evidente l’omaggio all’oriente nell’abito rosso, così veste la sposa in India, chiuso da voluminose rouche che al gesto della modella si trasforma in una sopragonna corta di un rosso cupo. Il Giappone ha invece ispirato il bellissimo e originale abito di chiusura.
Qualche elemento ricorrente all’interno della collezione: gli obi a sottolineare la vita, le costruzioni origami, gli abiti da sera che sembrano sari, lo smoking, i gioielli.
Sono 60 i gioielli che accompagnano i capi: 60 pezzi unici per abiti unici. Forse possiamo trovare qui il filo conduttore della collezione; un filo preziosissimo che serve ad accompagnare i già preziosi capi Gattinoni. Gioielli disegnati appositamente dalla principessa Grazia Borghese. Da ammirare il drago in ametista che poggia sulle spalle ed accompagna un bellissimo e “semplicissimo” abito da sera nero. Complessa è anche la collana con clessidra per un tailleur nero con giacca doppiata in rosso. Belli i lunghi fili di perle o pietre stile charleston.