Gli archivi sono di moda
L’esposizione di preziosi abiti Haute Couture firmati da Valentino, Roberto Capucci, Fausto Sarli, Mila Schon, Raffaella Curiel, e Emilio Schuberth, ha sottolineato con eleganza gli intenti della Giornata di Studi organizzata il 22 aprile, presso le sale del Museo per le Arti decorative, il Costume e la Moda Boncompagni Ludovisi di Roma e intitolata “Gli Archivi raccontano la Moda. Testimonianze, Immagini e Suggestioni“.
L’iniziativa è parte del progetto “Archivi della Moda del “˜900” nato nel 2009 per studiare e valorizzare l’immenso patrimonio dello stile Made in Italy e si colloca nell’ambito della “XII Settimana della Cultura” a testimonianza della profonda fusione fra le diverse anime del patrimonio culturale, come evidenziato dalla Sopraintendente alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea Maria Vittoria Marini Clarelli. La moda come sistema culturale dotato di una dimensione storica, sociologica ed economica, costituisce un grande patrimonio che l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana intende porre in evidenza con un ricco programma di iniziative.
Gli archivi possono essere una risorsa per tutte le attività del settore, dal disegno alla realizzazione di prodotti di qualità eccellente. Secondo la definizione di Donato Tamblè, Soprintendente Archivistico per il Lazio «gli archivi non conservano passivamente, gli archivi raccontano».
Nell’ottica di un racconto, condotto attraverso immagini storiche, la Giornata di Studi del 22 aprile ha illustrato il rapporto fra moda, arte e cinema, rendendo omaggio a grandi figure femminili come Palma Bucarelli o Irene Brin. Palma Bucarelli è stata direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dal 1941 al 1975. Donna colta e abile manager, diresse il più importante museo statale italiano dedicato all’arte contemporanea, senza rinunciare ad una eleganza esibita in ogni circostanza. Mariastella Margozzi, direttrice del Museo Boncompagni Ludovisi, ha proposto una galleria ricchissima di immagini con gli abiti da pomeriggio e da cocktail, i tailleur, gli abiti da sera e da gran sera, indossati dalla signora che voleva equiparare i musei italiani a quelli americani, scommettendo sulla pittura Informale ed Astrattista. Irene Brin all’anagrafe Maria Vittoria Rossi, inaugurava nel 1946 la Galleria L’Obelisco in via Sistina a Roma, punto di riferimento fondamentale per il panorama artistico e culturale internazionale. Giornalista e scrittrice, colta e ironica dispensatrice di consigli sullo stile, il portamento e la moda, ha analizzato l’effetto delle pellicole cinematografiche sulla società e la loro influenza sui trend e i costumi. E’ stata la prima italiana a scrivere per Harper’s Bazaar, portando sulle pagine della rivista la moda del bel paese quando il glamour era considerato ancora un’esclusiva francese.
Il dialogo costruttivo fra tradizione e innovazione è passato attraverso l’intervento di Adriana Berselli, una delle più importanti costumiste cinematografiche e teatrali italiane, che ha offerto la propria testimonianza, mostrando alcuni bozzetti del Fondo che porta il suo nome. Il mondo del cinema ha dato il suo contributo alla manifestazione con la proiezione del film di Giovanna Gagliardo, “L’abito di domani. Storia della moda nel tempo” prodotto dall’Istituto Luce e con il cortometraggio di Giuseppe Convertini Roman Holiday 1968. Il titolo di questo breve film-documentario fa riferimento a una Barbie rarissima del 1959, ispirata alle pellicole della sartoria cinematografica e tetrale Annamode 68 e allo stile delle Sorelle Fontana; Teresa Allegri di Annamode e Micol Fontana hanno partecipato al film come attrici, interpretando se stesse. Entrambe erano presenti all’incontro del 22.
La celebre giornalista Bianca Maria Piccinino, ha illustrato il valore comunicativo dell’abito. La logica dell’archivio come bene culturale che può essere reinterpretato in modi diversi, come risorsa viva che abbraccia l’evoluzione comunicativa e le nuove tecniche espressive, ha caratterizzato il filmato che unisce foto in pellicola a interventi di digital imaging di Sham Hinchey e Marzia Messina per Roberto Capucci “Mutazioni e interpretazioni degli abiti-scultura dall’Archivio della Fondazione Roberto Capucci”. Il progetto trae spunto dagli abiti del Maestro per dare voce a un potenziale ancora inespresso: l’universo creativo di Roberto Capucci offre spazi di esplorazione, ricerca e sperimentazione ed evoca nuove visioni.
Nello scatto intitolato “Danae” una scultura in bronzo di Arnaldo Pomodoro dialoga con l’universo del mito, nell’immagine “The Queen of Sheba” l’opera di Michele De Lucchi abbraccia le suggestioni dei palazzi di sabbia yemeniti ed una ambientazione vietnamita, in “Spazio” il tempio di Ta Prohm del XII secolo accoglie cartelloni pubblicitari, antenne paraboliche e la figura femminile come fosse una vestale contemporanea, al centro sempre e comunque, è posta l’eloquente eleganza dei magnifici abiti-scultura di Roberto Capucci. La presentazione di Stefano Dominella ha illustrato l’archivio della Maison Gattinoni come risorsa e presupposto per «reinterpretare la moda dando un impulso contemporaneo», «reinventando con i materiali della contemporaneità».
Alessandra Spalletti per Irene Galitzine, ha raccontato l’ideatrice del Pigiama Palazzo, pioniera di una rivoluzione del costume che ha fortemente influenzato i decenni successivi: la donna indossava il pantalone senza voler imitare lo stile maschile. Per la moda maschile si sono succedute le testimonianze di Luca Litrico e di Antonella De Simone per Brioni, primo marchio per uomo a sfilare nel 1952 a Palazzo Pitti e fautore di grandi innovazioni nell’uso dei colori e di materiali come la seta, nella realizzazione delle collezioni maschili.
Tutte gli interventi hanno costituito i fili e gli intrecci di una stessa trama, ricostruendo il tessuto di un grande periodo della nostra storia, con la volontà di mantenere sempre vivo l’interesse per lo stile italiano nel mondo. Per concludere con una frase di Bruno Piattelli, che riassume la nostra tradizione e la bellezza degli abiti che hanno sfilato come su una passerella virtuale, attraverso il tempo, «la moda può essere elegante, l’eleganza è sempre di moda».