Gli oggetti che parlano
Oggetti appartenuti all’infanzia nostra (di noi che abbiano varcato gli anta), oggetti affascinanti, piccoli e silenziosi che riempiono da sempre le nostre case, oggetti che assurgono a madeleine proustiane, oggetti della nostalgia ben lungi però dall’essere le “cose di pessimo gusto” di gozzaniana memoria. Sono le Amarene Fabbri nel vaso di ceramica bianco-blu, le liquerizie Amarelli nelle loro scatoline di latta, la Coccoina dall’aroma di mandorla, i quaderni Pigna, le pastiglie Leone, il gioco dei Chiodini, le bolle di sapone Crystal Ball e tanti altri, che da semplici prodotti industriali si sono trasformati in vere e proprie icone della quotidianità. Ad essi – quasi 150 articoli italiani, tutti ancora in produzione – il prestigioso MoMA di New York ha riservato un ruolo da protagonisti nel suo temporary shop aperto a Soho, all’81 di Spring Street (e online allo store.moma.org), dal 7 agosto al 29 settembre.
Selezionati da Fattobene, l’archivio di prodotti made in Italy creato nel 2015 dalla giornalista Anna Lagorio e dal fotografo Alex Carnevali, sono pezzi che esistono da generazioni e raccontano dunque la storia domestica del nostro Paese attraverso l’intero home design dall’800 ad oggi.
L’avventura newyorkese di tali oggetti fa seguito all’installazione Italy in 100 Objects a Wunderkammer of the Everyday, concepita per lo scorso Fuorisalone di Milano: caramelle, candele, carte, quaderni, colle, saponi, spazzole e via elencando, tra le cose familiari della tradizione, scelte in una serie di viaggi a Nord e a Sud del Bel Paese. Si va dal Blauer Schurz, il grembiule contadino altoatesino con cui un tempo le donne indicavano se erano impegnate o meno, alla Brasilena, la bevanda calabrese al gusto di caffè, dai quaderni con grafiche originali Pigna dagli Anni ‘50, ‘60, ‘70, ai prodotti per l’igiene personale della Marvis.
Fattobene – Italian Everyday Archetypes si definisce un “atlante della cultura materiale italiana”, il quale conserva i prodotti artigianali e aziendali capolavori di design, che continuano ad essere fabbricati e ad offrire ispirazione. A fine dello scorso anno, la casa editrice Corraini ha pubblicato l’omonimo volume, per i più nostalgici ma non solo, dove sono presenti tutti gli oggetti, narrati attraverso fotografie, cartoline, materiale inedito, prototipi, aneddoti, storie, curiosità, packaging, grafica, promozione pubblicitaria. E, sullo sfondo, la storia dell’Italia e del gusto nel corso del Novecento. Il libro, con testi in italiano e inglese, presenta un’introduzione di Stefano Salis, giornalista del Sole 24 Ore, e di Giulio Iacchetti, designer e vincitore di due Compassi d’Oro.
La piattaforma di Fattobene per la ricerca e la valorizzazione di manufatti italiani d’annata si avvale del contributo di 35 aziende che hanno attraversato indenni due guerre mondiali e che seguitano a produrre con la stessa cura di un tempo. Una passeggiata nella storia e nell’estetica, insieme alle cose con cui siamo cresciuti. Per entrare a far parte della selezione, ogni oggetto deve possedere una storia interessante, un packaging unico ed essere in produzione da almeno quarant’anni.
La maggior parte di questi articoli sono accomunati dal fatto di essere nati nel secolo scorso da imprenditori brillanti, spesso visionari. Una simile forza propulsiva, una simile energia incontenibile è alla base della maggior parte delle storie narrate, così come l’eccezionale capacità di queste aziende di essersi sapute adattare ai grandi cambiamenti, resistendo ai tempi e alle mode in virtù del loro superbo progetto originale.
Tutti gli oggetti di Fattobene hanno dato prova di avere la capacità di superare qualsiasi prova e diventare icone di design anonimo. Le persone infatti li amano come si ama qualcosa di familiare che si tramanda di generazione in generazione. E per questo li acquistano, permettendo loro di continuare a vivere nella contemporaneità. La forza dell’archetipo è proprio questa: trasformare un sapone, uno spazzolino, un quaderno in strumenti di comunicazione talmente potenti da farci venire la voglia di approfondirne la vicenda.
Un modo di vedere le cose che non si prefigge solo di parlare degli oggetti, ma fa parlare gli oggetti.