I Maestri Artigiani dei Fratelli Rossetti a Via Montenapoleone
Maestri Artigiani: il fatto a mano. Ogni scarpa è accuratamente lavorata ed è unica, c’è una lavorazione di 2 o 3 ore per ogni pezzo. Sono le frasi sentite, le descrizioni che hanno accompagnato la bella presentazione della tecnica di lavorazione Toledo e della cucitura del mocassino Brera che i Fratelli Rossetti hanno realizzato nella boutique di via Montenapoleone mercoledì 27 novembre.
Si sa che l’alta moda conta sempre sulla preziosa collaborazione di tecniche artigianali che rendono unici i capi, aumentandone il valore e quel senso di personalizzazione che ogni persona vorrebbe per i “suoi” capi. Lippmann diceva che necessariamente “ciò che l’individuo fa si fonda non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli forma o che gli vengono date”. Mercoledì però non si è solo sentito raccontare un’altra volta di quanto l’artigianato sia la forza della moda italiana, ma l’ho visto. Davanti allo scaffale con la collezione in vendita c’era il sig.Carmelo che tingeva alcune scarpe con la tecnica Toledo e al terzo piano la sig.ra Gabriella cuciva e preparava le nappine per i mocassini: vederli al lavoro, su banchi adattati, sentirli descrivere i vari passaggi e dare spiegazioni rispondendo a domande anche sciocche (“I fori della cucitura vengono poi chiusi in modo da rendere impermeabile il mocassino?”), ci ha fatto entrare nel processo di fabbricazione di scarpe che non sono lavorate solo da macchine, ma passano dalle mani esperte di veri artigiani.
La vera novità di questo evento sono state proprio le mani, e le mani di donna che cuciono non sete e tessuti delicati, ma cuoio, tirando lunghi aghi con fili che sono quasi cordoncini.
Nel nostro mondo tecnologico dove “il prodotto materiale, può arrivare ad essere il risultato di un’azione meccanica incosciente e ripetitiva, nella quale la conoscenza e l’improvvisazione non hanno rilevanza, fino al punto che, soprattutto l’improvvisazione, può tirare un brutto gioco e rovinare tutto” (M.P.Chirinos, Antropologia y trabajos, 2002), dare valore al lavoro manuale è estremamente importante. Perché si torna a valorizzare “il legame che c’è tra l’intelligenza e le mani, tra la dimensione spirituale e quella corporale dell’uomo, che crea – con una creatività propria e reale – prodotti che continuano a essere naturali, ma ricevono anche il qualificativo di culturali”(ibidem)
“Inizialmente erano per lo più gli uomini a fare questo mestiere, ma adesso la maggioranza nel laboratorio siamo donne. E’ certamente faticoso, ma quando si impara bene, poi si conoscono anche i trucchi”. Ecco un’altra prova “dell’intelligenza delle mani”: l’uomo non ripete meccanicamente i gesti che impara, ma li perfeziona. Anassagora all’inizio della storia del pensiero filosofico affermò che “l’uomo è l’essere più intelligente perché ha mani” che Aristotele, prima, e Tommaso D’Aquino poi, integrarono affermando che “l’uomo possiede per natura la ragione e le mani, che sono ‘lo strumento degli strumenti’ poiché con esse l’uomo può prepararsi strumenti di una varietà infinita, ed in ordine a effetti infiniti” (ST I, q.76, a. 5, ad. 4).
Il valore del “fatto a mano” non sta solo nell’unicità del pezzo che non potrà mai essere uguale ad un altro – anche perché può avere piccole imperfezioni che nel pezzo successivo vengono corrette -, e non sta neppure nell’originalità del tocco creativo – che può anche non essere evidente -, ma sta soprattutto nell’espressione della capacità tecnica dell’artigiano che ci ricorda il grande valore anche dei lavori manuali.