Il bottone che fa la differenza
All’inizio era una spilla decorativa che i romani appuntavano sulle toghe, poi diventa niente altro che un semplice dischetto metallico che i germani usavano per allacciare i vestiti. Versatile nelle funzioni e nell’aspetto, il bottone (dal francese arcaico bouton, che vuol dire gemma di pianta, bocciolo) aveva nel “˜700 una funzione quasi esclusivamente decorativa: veniva cucito, come una medaglia, sui baveri delle giacche dei personaggi più importanti ed era decorato ad arte dai migliori artigiani dell’epoca. E’ stata la mania di papi e re: si narra che Francesco I di Francia ne avesse appuntati su un solo abito 13.600 e che Luigi XIV arrivò a pagare una cifra esorbitante per ottenere niente altro che sei bottoni. Ancor più esigente era Papa Clemente VII (1478-1534), che, dicono, i bottoni se li faceva fabbricare uno a uno.
Dagli abiti…
Anticamente il bottone non veniva usato dalle donne perché suggeriva in modo sconveniente che da qualche parte c’era un’apertura: per questo il gentil sesso era costretto a cucirsi addosso le tuniche al mattino e a scucirle la sera. Nel 1200, quando le linee diventano attillate per dare più slancio alla figura, anche in Italia comincia a diffondersi la moda dei bottoni: i pomelli o maspilli, così venivano chiamati all’epoca, permettevano di aprire le maniche per infilarvi le braccia e chiuderle strettamente.
…alle stanze del potere
Con il passare dei secoli i bottoni si vestono d’oro, d’ambra, di perla, di corallo e d’argento (quelli fabbricati con questo materiale venivano utilizzati anche al posto della moneta). E a proposito del valore che arriva ad assumere il bottone ai tempi, il dizionario della moda cita i versi di un antica serenata siciliana, che testimonia come l’autore non trovasse migliore paragone per rivolgersi all’amata : “D’oro e d’argento, vu siti nu buttuni, buttuni di “˜na manica infatata”.
Nel 1400 l’accessorio si impreziosisce così tanto da essere colpito dalle leggi suntuarie, le norme che limitavano gli eccessi di lusso nella moda maschile e femminile. In particolare, veniva impedito alla gente dei ranghi inferiori di cucire sulle proprie giacche più di cinquanta bottoni d’argento, per chè non ci si mostrasse più ricchi o più importanti di quanto non si fosse realmente. Addirittura la donna non poteva neppure ardire o presumere di portare “più argento che una libbra d’imbottonatura”, così recitava una disposizione fiorentina del 1415. Il bottone, dunque, esprimeva anche una funzione sociale, motivo per cui oggi chiamiamo le stanze del potere, le stanze dei bottoni. E chissà se ancora oggi qualcuno mantiene l’antica tradizione (più diffusa in Liguria, Alto Adige e Sicilia), di lasciare in dote alle spose, un set di bottoni in filigrana”¦
Poi le cose cambiano: attorno alla metà del 1800, con la rivoluzione industriale, l’uso di materiali costosi diventa meno frequente e anche per i bottoni si scelgono metalli poveri, come legno, corno, conchiglia, finta tartaruga. Spopolano in quegli anni i bottoni da donna in vetro nero sfaccettato, detto jais.
Poveri nella manifattura, ma originali nella forma, il xx secolo rlancia il bottone dal punto di vista estetico: la moda e l’arte si sbizzarriscono con la versione più moderna dei maspilli. Coco chanel crea i bottoni gioiello e negli anni 30 si vedono i primi esemplari fantasia e in pelle, che risalgono al genio di Elsa Schiaparelli.
Ma la guerra impone un ritorno alla sobrietà e solo negli anni “˜60 il bottone ritrova la sua natura di accessorio fashion. E’ allora che la moda lo ripropone. In versione gioiello, tempestato di strass o semplicemente coloratissimo: comunque sia, il bottone rimane, per i più raffinati, il dettaglio che fa la differenza.